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Le gare per le nuove concessioni balneari sono già partite

Lorenzo Borga

Il governo sta perdendo la sua constituency per eccellenza: gli imprenditori marittimi. In barba al decreto Milleproroghe, molti comuni italiani stanno procedendo con le gare per assegnare le nuove concessioni

Cinque anni fa chi l’avrebbe mai detto. Il centrodestra sta perdendo la sua constituency per eccellenza: i balneari. Nel 2022, commentando la scelta del governo Draghi di velocizzare le gare, li definiva “inermi cittadini”, che saranno spazzati via in favore delle “grandi multinazionali straniere”. Eppure due anni e mezzo dopo non siamo mai stati così vicini alla completa liberalizzazione delle concessioni balneari, nonostante la più solida maggioranza parlamentare di centrodestra che la Repubblica abbia mai visto. L’unica cosa che è riuscita a fare Meloni, per ora, è ritardare di 12 mesi quello che oggi appare inevitabile.
 

Buona parte dei comuni italiani con sbocco sul mare o su laghi infatti sta già procedendo con le gare per assegnare le nuove concessioni balneari. In barba al decreto Milleproroghe approvato proprio dal governo Meloni che vietava agli enti locali di far partire i concorsi senza che prima fossero pubblicati i criteri nazionali che avrebbero dovuto seguire. Criteri che, guarda caso, sono da un anno e mezzo rimasti nel cassetto. Ma nonostante la sabbia nel motore, il rinnovo delle concessioni sembra finalmente partito.
 

A Jesolo le gare non solo sono già partite, ma sono perfino già state assegnate. Il sindaco di Fratelli d’Italia ha già rinnovato 10 delle 16 concessioni del litorale: in otto casi sono rimaste ai gestori uscenti, mentre due sono state assegnate a nuovi concessionari. Sulle altre le valutazioni sono ancora in corso. È in realtà tutto il Veneto a essersi mosso. Già a gennaio il governatore Zaia aveva dato il via alle gare varando una legge regionale per indicare ai comuni quei criteri che da Roma non sono mai arrivati. Ma questa volta la resistenza sul Piave non è stata necessaria: l’assessore al Patrimonio della regione aveva chiarito fin da gennaio che di stranieri se ne vedevano ben pochi tra i candidati per le spiagge. Un peccato per la concorrenza, ma almeno al governo si possono mettere l’animo in pace.
La regione Emilia-Romagna seguirà l’esempio del Veneto e dopo l’estate presenterà le proprie linee guida per i comuni
. Ma c’è chi ha già anticipato i tempi. Il comune di Rimini era partito con i lavori preparatori per i bandi a dicembre dell’anno scorso, per rinnovare le sue 470 concessioni. Le assegnazioni arriveranno dopo la stagione turistica, per non compromettere le vacanze dei turisti.
 

Guardando al Tirreno, pure la regione Toscana ha approvato le proprie linee guida per permettere ai comuni di arrivare entro la fine dell’anno – o poco dopo – con le nuove concessioni. Ma qualcuno si è già fatto avanti. Il comune di Rio nell’Elba, sull’isola che ne dà il nome, ha chiuso la pratica sulle proprie 11 concessioni aggiudicandole ai gestori uscenti. Che hanno però promesso “progetti di forte miglioramento della qualità dei servizi” spiegano dagli uffici comunali. Niente multinazionali neanche questa volta. E la svolta è arrivata anche a sud: a Gallipoli il comune ha annullato le proroghe automatiche al 2033 decise dal governo giallo-verde e avvicinato la scadenza alla fine di quest’anno.
 

E i comuni che non si sono ancora mossi? Rischiano le sanzioni dell’Antitrust. L’Agcm sta infatti avviando procedimenti contro gli enti che hanno prorogato le concessioni seguendo la legge italiana ma contrariamente alle sentenze del Consiglio di stato e alle normative europee (che sono fonte primaria, ricordiamolo).
 

La strada sembra insomma tracciata. Commissioni europea, magistratura e organismi indipendenti stanno imponendo a suon di sentenze e procedura di infrazione la liberalizzazione delle concessioni, attuando una direttiva – la Bolkestein – approvata nel 2006, che ormai ha compiuto la maggiore età. La politica da parte sua invece non riesce a prendersi la responsabilità di una scelta, e preferisce lasciare intatto il polverone di sentenze, direttive e leggi in contrasto tra loro.

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