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L'auto elettrica è qui per restare, l'Europa dovrà farci i conti

Lorenzo Borga

Dopo le aspettative esasperate e l'entusiasmo dei primi acquirenti, l'automotive elettrificato vive una fase di disillusione da cui potrà sfuggire solo producendo a costi più bassi. Ma sbaglia chi la esalta come panacea: è solo una minima parte dello sforzo necessario ad abbattere le emissioni

Le auto elettriche stanno rapidamente raggiungendo il punto più basso dell’hype cycle di ogni nuova tecnologia. Quel ciclo che prodotti e servizi tecnologici devono attraversare prima di guadagnarsi l’adozione di massa. Dalle aspettative esasperate fiorite con la prima generazione di auto elettriche e l’entusiasmo degli early-adopters, si è ormai passati alla fase della sfiducia e della disillusione per modelli ancora acerbi e prezzi tutt’altro che contenuti. Un purgatorio necessario che prelude alla terza fase del ciclo dell’entusiasmo tech: quella dell’arrivo sul mercato di nuove tecnologie più innovative e meno costose, e di modelli più economici in grado di attirare il grande pubblico. E’ il santo graal per ogni industria: la possibilità di scalare la produzione, sfruttando costi decrescenti e margini in crescita.

 

                              


Il futuro elettrico dell’Automotive appare ormai segnato. A dirlo non sono gli ambientalisti, né gli impegni dei governi. Sono le stesse società europee che oggi si lamentano della transizione troppo rapida. Gli elettroni permettono di alimentare motori oltre quattro volte più efficienti di quelli termici, abbattere i costi di utilizzo e manutenzione dei veicoli, azzerare l’inquinamento atmosferico e acustico nei centri urbani e ridurre le emissioni di CO2 che contribuiscono al cambiamento climatico. Ma la disillusione bruciante si sta rivelando particolarmente costosa per l’intera filiera dell’auto. I produttori perdono soldi per ogni veicolo elettrico venduto, i fornitori tradizionali spiazzati dalla transizione devono convertirsi a produrre batterie e sensori per non essere spazzati via, i governi si vedono costretti a sborsare miliardi in incentivi al settore e i clienti non riescono a trovare sul mercato i modelli che desiderano a un prezzo accettabile.


Le auto elettriche sono entrate nel mirino anche della politica e dei media avversi alle politiche di contrasto al cambiamento climatico che in Unione europea hanno preso il nome di Green Deal. Ogni settimana è possibile vedere sulla televisione italiana mainstream servizi e dibattiti disinformati e disinformanti sulle macchine a batteria. Che certo oggi non sono un prodotto per tutti, né ambiscono a esserlo; ma i racconti catastrofisti di una buona parte dei media italiani – non di rado finanziati attraverso la pubblicità anche da aziende interessate al mantenimento dello status quo – non fanno un buon servizio al giornalismo e al pubblico.


Tuttavia le auto elettriche non meriterebbero probabilmente tanta salienza nel dibattito pubblico. Né da parte di chi le incorona come la tecnologia del domani, né dall’altra parte per coloro che ne hanno fatto un bersaglio ideologico contro le politiche climatiche. La ragione è semplice: l’elettrificazione del trasporto persone su gomma è solo una minima parte dello sforzo per abbattere le emissioni di CO2. L’Ipcc, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, già alcuni anni fa aveva chiarito quali sono le politiche climatiche più efficaci, tenendo in considerazione sia la riduzione delle emissioni che il loro costo. L’elettrificazione dell’Automotive appare solo in ventesima posizione in termini di incisività su un totale di 42 prese in considerazione. Il suo apporto al taglio delle emissioni sarà di appena l’1,4 per cento tra il 2021 e il 2030. E per di più per gli scienziati dell’Onu non è stato possibile calcolare il costo della transizione all’elettrico, avvolto ancora da incertezza. Installare pannelli solari e turbine eoliche risulta tra le sei e le sette volte più efficace. Come evitare la deforestazione e l’antropizzazione di habitat naturali. La stessa riduzione delle emissioni delle auto termiche tradizionali ha nel medio termine – secondo l’Ipcc – lo stesso impatto, se non superiore, dell’elettrificazione.


L’hype cycle farà il suo corso. Le aziende che riusciranno a contrarre i costi più velocemente ne usciranno rafforzate. Le batterie allo stato solido, attese sul mercato nel giro di due o tre anni, permetteranno tempi di ricarica simili o quasi al pieno di benzina. Il prezzo degli anodi e dei catodi, i componenti delle batterie al litio, continua a ridursi a una velocità superiore alle aspettative. Ma nel frattempo le auto a batteria sono diventate un’icona. Da ergere ad assoluto, o da abbattere. Era forse inevitabile che fosse così. Ma politica climatica o meno, termine del 2035 o meno, sono qui per restare. E l’industria europea, se non vorrà diventare colonia degli investimenti cinesi, dovrà farci i conti
 

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