soundcheck
Perché il 2025 può essere l'anno di ripresa per il settore europeo dell'auto
Gli investimenti sull’elettrico iniziano a mostrare i propri effetti. Tra il 2024 e il 2025 sono in uscita 11 modelli di auto elettriche a un prezzo di listino inferiore a 25 mila euro. Con le agevolazioni previste in molti Stati europei, si tratta di valori paragonabili ai modelli endotermici
Il settore europeo dell’auto sembra di fronte a un triangolo impossibile. L’Unione Europea si è posta tre obiettivi: ridurre le emissioni prodotte dai veicoli, garantire prezzi sostenibili per i consumatori europei in modo che possano continuare ad acquistare auto, mantenere la produzione nel continente. Ad oggi questi tre obiettivi appaiono inconciliabili. Se vuoi elettrificare le automobili puoi mantenere la produzione in Europa, ma a costi oggi troppo salati per le tasche degli automobilisti europei. Se vuoi garantire prezzi più bassi puoi importare i veicoli dall’estero, ma così rischi di perdere il più importante settore manifatturiero. Se non elettrifichi, garantisci listini accessibili e la permanenza delle fabbriche in Europa, ma non puoi aspettarti di ridurre l’impatto clima-alterante del trasporto di persone su gomma.
Anche la cassetta degli attrezzi degli interventi pubblici rischia di non risolvere fino in fondo il trilemma. I dazi, appena triplicati sulle auto elettriche cinesi, difendono i posti di lavoro in Europa – quasi 14 milioni di persone, tra fabbriche e indotto – ma alzano i prezzi pagati dagli automobilisti e quindi rischiano di rallentare la transizione all’elettrico. I sussidi all’acquisto invece abbassano i costi di acquisto, ma per la maggior parte vengono destinati alla compravendita di modelli prodotti al di fuori dell’Unione Europea.
Eppure c’è qualcosa che non torna in questa narrazione disfattista che accumuna buona parte delle case automobilistiche e dei governi, che hanno un bersaglio dichiarato: frenare la transizione elettrica. Le compagnie stanno infatti continuando a generare utili. Non devono ingannare infatti i dati estremamente negativi delle immatricolazioni degli ultimi mesi (-6,1 per cento a settembre a livello europeo) né gli annunci di fabbriche chiuse e licenziamenti. Gli utili sono minori che nel 2022 e 2023, quando i sei principali gruppi europei guadagnarono 130 miliardi grazie al rialzo dei listini seguito alla ripresa post-Covid e alla decisione di concentrarsi sulla produzione di auto ad alto margine piuttosto che sull’espansione dei volumi di vendita. Ma anche nel 2024 i margini operativi di tutte le case europee sono attesi rimanere sopra il 5 per cento. Lo stesso gruppo Volkswagen ha previsto nella sua ultima revisione al ribasso un risultato operativo di oltre 18 miliardi di euro.
E sembrano esserci tutte le condizioni perché il 2025 possa essere un anno di ripresa. La fetta di mercato dei modelli elettrici, secondo le stime dell’agenzia S&P, dovrebbero aumentare al 21 per cento dall’attuale 13-14 in Unione Europea. Le previsioni fino a qualche giorno fa erano ancora più rosee, ma sono state recentemente riviste. La ragione sta in un’ondata di modelli a prezzo più contenuto che sono attesi nel mercato europeo nei prossimi mesi. Secondo l’organizzazione ambientalista T&E, 11 modelli di auto elettriche sono in uscita tra il 2024 e il 2025 a un prezzo di listino inferiore a 25.000 euro. Con le agevolazioni previste in molti Stati europei, si tratta di valori paragonabili ai modelli endotermici. Negli ultimi due anni, nessuna elettrica al di sotto dei 25.000 euro era mai stato commercializzato in Europa.
Perché solo ora? Le ragioni sono due. La prima è intuitiva: l’innovazione ha i suoi tempi. Gli investimenti sull’elettrico programmati negli anni scorsi hanno iniziato a mostrare i propri effetti. E solo una regolamentazione a lungo termine coerente e senza ripensamenti può permettere di programmare ulteriori investimenti che portino i prezzi a scendere ancora. Ecco perché gli stessi produttori europei difendono la scadenza del 2035. La seconda sono le multe che rischiano le case automobilistiche se entro l’anno prossimo non ridurranno le emissioni medie dei veicoli venduti. Queste dovranno scendere di circa il 20 per cento, un taglio che può essere raggiunto con tutte le motorizzazioni (anche attraverso motori termici o ibridi più efficienti, per capirci). In caso contrario, le aziende che non si adegueranno rischiano di dover pagare fino a 15 miliardi di euro di multe alla Commissione europea. Un incentivo sufficiente, secondo alcuni esperti, a ridurre i prezzi dei modelli elettrici per spingere sull’acceleratore delle immatricolazioni: anche tra 2020 e 2021 l’Ue impose nuovi limiti di emissioni, e proprio in quegli anni l’elettrico passò da rappresentare meno del 5 per cento delle vendite al 15. Prima di vivere il periodo di stagnazione attuale. Anche le richieste politiche dei vari costruttori sembrano dipendere dalle multe. Volkswagen è tra i gruppi che avrà più difficoltà a raggiungere gli obiettivi europei per il 2025 – e infatti sa bene che le minacce di licenziamenti sono ben ascoltate a Berlino, soprattutto in vista delle prossime elezioni federali – mentre Stellantis è tra i pochi marchi a non chiedere una revisione del target, visto che è tra i gruppi meglio posizionati (anche grazie all’alleanza con la cinese Leapmotor).
Alla luce di questi dati, la crisi dell’auto non sembra strutturale. L’auto elettrica, come tutte le innovazioni tecnologiche, appare nella fase di stagnazione successiva all’entusiasmo degli early-adopters e precedente all’adozione di massa, che permette di scalare la produzione sfruttando costi decrescenti e margini in crescita. Anche se per qualche mese gli azionisti delle case automobilistiche dovranno accontentarsi di profitti più bassi che in passato.