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Le armi dell'Ucraina e dell'Europa: come si può tenere il passo con la Russia
Nel corso della guerra l’industria bellica ucraina ha fatto passi in avanti inattesi, fino a diventare leader in alcuni settori strategici, come quello dei droni. Inoltre ormai il 40 per cento delle armi Kyiv se le produce in casa. Un sistema che può lavorare in sinergia con i paesi europei
Prima vennero i caschi e giubbotti antiproiettile. Poi i missili anticarro Javelin. Poi arrivarono gli obici. Successivamente fu il turno degli Himars, i sistemi lanciarazzi. Ancora qualche mese e vennero i carri armati e i Patriot. Poi le munizioni a grappolo, i missili cruise e infine i caccia F-16. Abbiamo trascorso tre anni a discutere su quali armi fornire all’Ucraina, arrivando a condividere sistemi d’arma moderni che all’inizio della guerra era impensabile donare a Kyiv.
Ma nel frattempo è emersa una grande novità: l’industria bellica ucraina ha fatto passi in avanti inattesi, fino a diventare leader europeo in alcuni settori strategici. Il dominio su cui Kyiv ha acquisito un’esperienza unica al mondo è quello dei droni. Secondo i generali ucraini oggi questi sistemi provocano ormai il 70 per cento di morti e feriti sul campo di battaglia. L’esercito di Kyiv ormai impiega molto più spesso i droni pilotati in prima persona attraverso una telecamera – guidati contro mezzi o fanti russi o sfruttati per sganciare dall’alto cariche esplosive – che l’artiglieria degli obici. Dopo aver prodotto un milione e mezzo di droni nel 2024, per quest’anno Zelensky ha detto di essere pronto a sfornarne oltre 4 milioni. Costano poche centinaia di euro, e sono uno dei pochi sistemi d’arma che l’Ucraina riesce a procurarsi in quantità simili a quelle russe. L’impiego dei droni riesce inoltre a colmare la carenza di organico, una delle vulnerabilità più critiche per Kyiv. Gli ucraini non solo producono i droni, ma hanno sviluppato efficaci strategie di impiego operativo e software di intelligenza artificiale per supportare la guida dei droni e sfuggire alle interferenze elettroniche russe.
L’Ucraina nel tempo si è resa più autonoma anche sulle munizioni da artiglieria, incrementando la produzione da 1 a 2,5 milioni in due anni. Ma probabilmente la novità più inattesa è arrivata di recente sulla missilistica. Zelensky ha infatti annunciato il successo della sperimentazione dell’impiego del missile cruise “Long Neptune” contro obiettivi terrestri russi. Probabilmente si tratta della raffineria russa di Tuapse, situata a oltre 500 chilometri dal territorio controllato dagli ucraini. Si tratta di un aggiornamento del missile Neptune, sviluppato una decina di anni fa a partire da un modello sovietico nato per colpire obiettivi navali. L’incrociatore russo Moskva fu affondato nel 2022 proprio grazie a questi missili cruise. Il recente aggiornamento rende il Neptune impiegabile anche contro obiettivi terrestri e, secondo le fonti ucraine, ne estende la gittata fino a 1.000 chilometri. Un range che i missili occidentali Storm Shadow e Atacms non riescono a raggiungere, almeno nelle versioni consegnate a Kyiv. Nemmeno il tedesco Taurus, che Merz ha promesso di fornire non appena nominato, riesce a spingersi tanto in profondità. L’Ucraina entra così nel ristrettissimo club di paesi al mondo in grado di produrre missili di tale portata. Non si conoscono tuttavia le capacità produttive di Kyiv di quest’arma: Zelensky lo scorso dicembre ha affermato che il paese l’anno scorso ha prodotto 100 missili – in tutte le varianti – e che confida nell’industria per raggiungere le 3.000 unità quest’anno. Un obiettivo che gli stessi media ucraini ritengono troppo ambizioso.
Certo, l’Ucraina non potrebbe ancora sopravvivere senza il supporto occidentale. Lo ha dimostrato la sospensione di una settimana della condivisione di informazioni di intelligence americana, che ha accelerato la parziale ritirata dal Kursk. Senza le armi americane ed europee, le forze armate ucraine terminerebbero le munizioni entro l’estate. Ma ormai il 40 per cento delle armi Kyiv se le produce in casa. Tanto che le industrie militari europee puntano a entrare direttamente nel mercato ucraino: Rheinmetall sta proseguendo il suo piano di apertura di quattro fabbriche nel Paese, Knds ne ha inaugurata una, e lo stesso ha in programma di fare la britannica Bae Systems. Non a caso il piano di riarmo europeo include anche l’Ucraina, assieme a Svizzera e Norvegia, tra gli stati che possono presentare progetti d’arma assieme ai paesi membri per ricevere finanziamenti europei. Produrre direttamente in Ucraina permette di rifornire più velocemente il fronte, ma soprattutto di sfruttare il know how e il più basso costo del lavoro. Solo così l’Europa può sperare di tenere il passo con la Russia, che produce oltre 100 carri armati, 500 mezzi di fanteria e quasi 200 droni kamikaze ogni mese.