Finali secche e palle piene
Londra. Sarà il caldo, sarà che l’argomento alternativo calcistico più interessante sono le polemiche per lo slittamento del derby di Roma, ma noto con orrore che in Italia sono almeno un paio di giorni che si parla solo della finale di Champions League tra Juventus e Barcellona. Avendo molto tempo libero, gli esperti stanno già raschiando il fondo del barile dei luoghi comuni. Li ho già sentiti tutti: in una finale di Champions non sempre vince la favorita, in 90 minuti può succedere di tutto, se fosse stata andata e ritorno avrebbe sicuramente vinto il Barcellona, invece così, nella partita secca… Poi c’è tutto il corollario su “come si ferma Messi?”, che in questi giorni viene domandato a chiunque, dai passanti a tutti i calciatori che abbiano almeno un parente che una volta è stato in vacanza in Argentina. Immancabile l’aneddoto su Milan-Barcellona del 1994, con i blaugrana favoriti e i rossoneri che vinsero 4-0, sempre accompagnato dall’annotazione che però questo Barcellona è più abituato a giocare le finali. I più distratti provano a sostenere che in difesa il Barcellona è vulnerabile, i più attenti fanno notare che ha la miglior difesa della Liga; al che, immancabile, ecco quello che snocciola i dati sui gol fatti dal trio d’attacco, subito rintuzzato da chi sottolinea come in Spagna sia più facile fare gol che in Italia. Da qui si passa all’elogio di Tevez, vero fuoriclasse, passando per l’esaltazione del momento d’oro di Morata e alla insostituibile presenza di Pirlo, che sarà sì un po’ appannato ma come tira le punizioni lui, signora mia… Le varianti sono: Pogba top player decisivo ma di cui Allegri (bravo, freddo, vincente senza scomporsi) ha saputo fare a meno; Luis Enrique snobbato dalla Roma e oggi erede vincente di Guardiola; il tiqui taca come modello superato; a quel punto si ritorna a Messi imprendibile (però neanche Neymar e Suarez scherzano) e si ricomincia il giro. Ora io mi domando: mancano 20 giorni alla finale, avrete mica intenzione di romperci le palle con questi discorsi per tutto questo tempo, vero?
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Schizofrenie. Forse vi sarete accorti che sabato Steven Gerrard ha giocato la sua ultima partita ad Anfield con la maglia del Liverpool. Non aggiungerò parole a quelle già usate da giornalisti, ex giocatori (a parte Cannavaro che ha postato sui social una sua foto con Lampard) e commentatori vari. Gerrard è stato un grande del calcio inglese. Vincente ma non troppo, non poteva che salutare tutti con una squallida sconfitta in casa, ossimoro perfetto con lo spettacolo dei cuori innamorati sugli spalti dello stadio di casa. La cosa stupefacente è vedere la schizofrenia di chi di calcio scrive: gli stessi che esaltano la scelta di Gerrard di lasciare “al momento giusto” sono anche quelli che “Totti a vita”, e magari gli stessi che lo scorso anno davano del bollito a Cambiasso, salvo esaltarlo oggi che “ha salvato da solo il Leicester in Premier League”.
Il Re è nudo. Djokovic è il nuovo re di Roma e prima di lui lo è stato più o meno chiunque, da Andreotti ai protagonisti di un libro di Lirio Abbate. Ogni volta che viene scoperto un giro di corruzione e clientele romane si parla dei nuovi re di Roma, ogni sportivo che vince una qualche gara dentro il raccordo anulare è automaticamente onorato con scettro e corona, ogni cantante che riempie l’Olimpico è regale, giusto Francesco “je ne famo quattro” Totti è imperatore, per meriti conclamati. Di imperatore, per la verità, ce n’era uno pure a Milano, sponda nerazzurra, e si è visto che fine ha fatto, tanto per ricordare che il trono non fa il leader. Almeno l’imperatore, vero o immaginario che sia, si distingue da un espediente retorico che attanaglia il giornalista romano probabilmente dai tempi di Anco Marzio, quando senz’altro qualche vincitore di qualcosa sicuramente veniva accostato al re. Certo, poi uno legge che “Milano diventa Paperopoli” in testa a un articolo su Diego Lopez e Handanovic e quasi la storia del re di Roma sembra una trovata originale e frizzante. Ma non è venuto il momento di finirla?
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Più magri e più salvi. Esiste, nel calcio e nella vita, il fenomeno della squadra che una volta ottenuta la salvezza spera di capitalizzare qualcosa nelle ultime giornate contro avversari più interessati a punti preziosi. E’ fisiologico, non sempre c’è la malizia o il dolo. La difesa del Chievo, per dire, s’è fatta bruciare da Maxi Lopez, giocatore tecnicamente eccellente e fisicamente imbarazzante, pare lo vogliano usare come testimonial per una cura dimagrante, ma soltanto nella sezione “prima”, per il “dopo” troveranno uno scolpito. Per lo stesso principio anche il Milan, raggiunto l’obiettivo della stagione, si è messo con il cervello in vacanza, e concede punti a squadre più affamate con grande facilità. Per la serie “altre cose che il calcio italiano ha da offrire” si segnala un Ferrero in rotta di collisione con la Trilateral e il Bilderberg, dove pare sia stato deciso che la Grecia può pure andarsene dall’euro ma la Sampdoria non può arrivare ai “vertici del calcio internazionale”. I poteri forti non lo vogliono. La massoneria s’è opposta. La mafia è contraria. La Cia pure. La Gladio non si sa.