That win the best
La Premier League è finita, le donne pure e io non so più dove ho lasciato il brandy
Londra. L’articolo di oggi compare in versione ridotta e senza bellezze locali poco vestite per lisciare il pelo del pensiero dominante nel verso giusto. I compatrioti dei miei antenati irlandesi hanno votato per l’uguaglianza e in omaggio a loro avevo pensato di mettere nudi maschili. Poi però qualcuno si sarebbe lamentato. Avrei dovuto mettere nudi di qualunque categoria discriminata, e allora tanto valeva non metterne nessuno e censurare a priori i doppi sensi da quarta elementare nelle didascalie delle immagini. Un gran divertimento questa faccenda dei diritti, insomma. Forse giusto il grande Vettel sarà dispiaciuto, lui che ha osato definire “brutto” il fatto che non ci sono più le ragazze che fanno ombra ai piloti sulla griglia di partenza. Dopo le incredibili accuse di sessismo per i premiati che bagnano con lo spumante le hostess sul podio, manco fosse Tavernello tiepido, ora la gran battaglia per la parità è completa, finisce l’èra delle donne mercificate da affiancare ai motori nell’ancestrale binomio. Vettel però non ci può fare niente, tutto questo gli pare “brutto”, e forse vuole intendere che le donne sono belle, affermazione che si muove sul pericoloso confine fra il complimento e lo stalking. Al loro posto un “esercito di fusti”, come ha scritto il Giornale, e sono indeciso se essere più abbacchiato per la cosa in sé o per l’ingiustificata riesumazione della parola “fusto” dal gergo degli anni Ottanta. Per fortuna c’è quel gran burlone di Dani Alves, che dopo aver dato lezioni di antirazzismo al mondo intero mangiando banane a bordo campo adesso dà lezioni di etica professionale e fa una sfuriata contro il Barcellona, la sua squadra, rea di averlo trattato con “poco rispetto” traccheggiando sul rinnovo. “Non sono venuto qui a far casino, ma chiedere rispetto”, ha detto in una conferenza stampa che in una squadra seria sarebbe da cacciata secca, viste le due finali che il Barcellona si deve ancora giocare. Alves non ha però detto quanti zeri ha il rispetto in questione.
Tornare Preston. Brindo con gusto al Preston North End, squadra che ha scritto gran parte della storia del calcio britannico degli esordi ma che con il passare dei decenni si era persa nelle periferie calcistiche dell’Isola. Il glorioso Preston da qualche anno godeva anche di una discreta sfiga, avendo perso ben nove finali di playoff per la promozione in Championship, l’equivalente – Dio mi perdoni – della vostra serie B. Al decimo tentativo ce l’ha fatta, ficcandone quattro allo Swindon in quel di Wembley e tornando finalmente tra i “grandi”. Se lo merita, ce lo meritiamo. Ed è sempre una buona scusa per bere.
[**Video_box_2**]E’ finita. Non ne poteva più, Steven Gerrard, e lo capisco. Sabato scorso ha persino fatto il gesto di dire che “il Liverpool ha grandi potenzialità”, una frase che detta tra l’1-3 in casa contro il Crystal Palce e la sconfitta per 6-1 di domenica contro lo Stoke suona più come una presa per il culo. La beffa peggiore, se possibile, è che Gerrard ha segnato la rete della bandiera, permettendo a qualche tifoso di commuoversi ancora un po’, e a qualche giornalista di avere ancora da scrivere sul tema. Ora Gerrard finalmente se ne può andare, e smettere di fare quella faccia triste ogni volta che scende in campo (dopo aver celebrato “l’ultima partita…” per una decina di volte – l’ultima in casa, l’ultima fuori casa, l’ultima a Stamford Bridge, l’ultima vittoria, eccetera – sarei triste pure io). Domenica è stato anche il giorno in cui Lampard ha giocato (per la seconda volta in dodici mesi) la sua ultima partita in Premier League, per di più segnando. Era l’ultimo turno di campionato, è vero, concedete anche a noi un po’ di patetismo: in serie A da un mese la cosa più avvincente da seguire sono i tentativi di Udinese e Verona di far segnare a tutti i costi i giovani Di Natale e Toni. Magari l’anno prossimo vi arriva Falcao, dopo che Van Gaal lo ha ufficilamente scaricato dal Manchester United non mi stupirebbe. Comunque sto girando attorno al punto: siamo a fine maggio, e la Premier League è finita (e dato che da adesso in poi nulla ha più senso, finisce anche “That win the best”). Già mi manca. Ma sarebbe un’attesa accettabile se in mezzo non ci fosse nulla. Invece pare che quest’estate ci sia la Copa America. E io già mi sento male.