Modolo dopo le Alpi. In esclusiva ecco il Giro 2016
A Lugano il veneto della Lampre ottiene in volata il secondo successo nella corsa rosa. Alle sue spalle Nizzolo e Mezgec. Alberto Contador rimane al comando della classifica. Oggi il primo e unico sconfinamento in quella Svizzera, patria del primo vincitore non italiano del Giro: Hugo Koblet.
La tappa: Tirano–Lugano, 134 km – Sacha Modolo c'ha preso gusto. Non aveva mai vinto nei suoi primi quattro Giri, ha fatto doppietta oggi, a Lugano, davanti al lago. A Jesolo ha esultato di cattiveria, oggi di prepotenza, ancora perfettamente lanciato dai compagni di squadra, da quei Richeze e Ferrari, fionda perfetta. Alle sue spalle ancora Nizzolo, ormai eterno secondo.
L’acqua questa volta è tranquilla, sul lato sinistro dei corridori e non sulla testa. Fluviale, prima, Adda, lacustre, poi, Lago di Como. Le montagne questa volta, sfondo, fondale, contorno. Una sola salita, quella di Teglio, a tappa appena iniziata, poi solo strappi, brevi, che sembrano quasi dolci dopo il massacro di ieri. Più della salita allora la discesa. Se le pendenze a salire non permettono colpi di fantasia, è in discesa che si tenta la fortuna. Luca Paolini nei tre tornanti che precedono il rettilineo d'arrivo. Allungo, azzardo, colpo di mano che prende spazio ma si frantuma contro il vento che dal lago sale e il comasco frena. E così è sprint, Modolo lo vince, Nizzolo lo perde, ma ottiene la maglia rossa, che poco non è.
L’altro Giro di Maurizio Milani
Ieri gli organizzatori del Giro mi hanno contattato per aiutarli a disegnare il percorso del prossimo anno. Ci siamo messi subito al lavoro. E’ una missione difficile anche perché il prossimo anno il Giro se la dovrà vedere con la Scala di Milano che ha già annunciato che realizzerà una programmazione pomeridiana e aprirà la stagione con Gianni e Pinotto opera pop dei Clash.
Abbiamo deciso quindi di realizzare un percorso molto scenografico. Il Giro partirà dall’isola di Procida con una cronometro a squadre. La seconda tappa sarà sull’isola di Alicudi con un circuito interno da fare 150 volte, infatti il giro completo dell’isola è di circa mille metri. Tutto il resto del Giro, altre 21 tappe, sarà tutto sull’isola d’Elba. Nell’isola d’Elba infatti c’è tutto. Montagne altissime e tappe a livello del mare. La sede d’arrivo del Giro sarà invece Piombino. Dicono che a vincerlo dovrebbe essere un ciclista lituano che non ha ancora mai corso.
Amarcord – Con quella faccia lì, con quei capelli lì, con quello sguardo lì più che un ciclista sembrava un divo cinematografico. Era bello, certo, elegante e raffinato smessi i panni di corridore, ma elegante e raffinato lo era pure in sella, con quella pedalata composta e potente, che faceva venir voglia di guardarlo. Lo guardavano volentieri gli amanti del ciclismo e ancor più volentieri le donne, perché era il falco biondo, il James Dean del ciclismo. Hugo Koblet era svizzero, per nascita e per puntualità, per il resto un po’ meno, certamente non per tempra, più svogliato che ligio al dovere, più viveur che asceta.
Koblet era svizzero di Zurigo, quartiere Hard, al tempo periferia nord, al tempo quartiere popolare. Panettiere per stirpe, i Koblet lo erano da generazioni, lo sarebbe diventato pure lui. Un’adolescenza di alzate presto, sistemazione delle pagnotte e via a pedalare. La bici un modo per muoversi, prima, lavoro, poi. Narrano che fosse talmente preciso e puntuale che un giorno che bucò i clienti si preoccuparono a tal punto che, quando arrivò venti minuti dopo, si misero a piangere per il sollievo che non gli fosse successo nulla. Narrano che quando bucò, percorse talmente forte la strada che lo separava dai clienti che nemmeno un professionista della zona gli riuscì a stare dietro. Narrano che lo ingaggiarono subito. Più mito che verità, più suggestioni che fatti.
I fatti sono altri e portano al 1947, sempre in Svizzera, sempre a Zurigo. Giro di Svizzera, prima semitappa, Zurigo-Siebnen, 88 chilometri, due salite tra partenza e arrivo. Sull’ultima Hugo attacca, Coppi e Bartali gli stanno dietro, Hugo sbuffa, riattacca ancora, Coppi e Bartali si staccano. Vince da solo. Coppi terzo, Bartali, quinto, stupiti. Coppi chiede chi sia quel biondo, gli parla, lo vuole con sé, lui ringrazia, ma declina. Narrano che quel no fosse dipeso dalla modella che lo premiò e che di lui si innamorò. Narrano che il loro amore durò due anni. Narrano.
I fatti portano al 1950. Trentatreesima edizione del Giro d’Italia. Fausto Coppi favorito dopo la doppietta Giro-Tour nel 1949. Gino Bartali e Jean Robic, gli sfidanti, Fiorenzo Magni il terzo uomo. Sarà gara a quattro, dicono. Coppi si ricorda di quella chioma bionda e al via lo saluta. Hugo è onorato, orgoglioso e alla prima occasione fa vedere di non temere i rivali. Alla sesta tappa vince a Locarno dopo un attacco in discesa. Fortuna, dicono. Ottava tappa, Brescia-Vicenza, 214 chilometri, in mezzo molti strappi e una salita vera, il Pian delle Fugazze. Koblet legge il nome e si ispira, scatta e va in fuga. Con lui Fornara. Coppi e Bartali lasciano fare, quando si mettono a rincorrere è troppo tardi. Hugo vince la sua seconda tappa e si veste di rosa. Fuoco di paglia, dicono. Sulle Dolomiti si aspettano la sua resa. La resa però non arriva, anzi. Koblet attacca ancora, mette tutti in fila. Coppi non c’è più, dopo 50 chilometri è caduto e si è rotto il bacino, Magni arranca, Robic pure, con lui rimangono solo Bartali e Kübler. I tre superano Rolle, Pordoi e Gardena, vince Ginettaccio, Hugo è secondo. Non male, ma non regge, dicono. E invece sugli Appennini regge, non perde un metro. A Roma, sede d’arrivo di quel Giro, ci arriva in maglia rosa. Primo svizzero a farcela, primo non italiano di sempre.