Roberto Donadoni (foto LaPresse)

E ora che farà Donadoni, vittima silenziosa del fallimento del Parma?

Beppe Di Corrado
A Roberto Donadoni non ci pensa nessuno. Ha detto due parole, dopo l’annuncio del fallimento del Parma: “Delusione profonda”. Per la squadra, per la città, per sé. E’ la vittima più silenziosa di questa storia, lui.

A Roberto Donadoni non ci pensa nessuno. Ha detto due parole, dopo l’annuncio del fallimento del Parma: “Delusione profonda”. Per la squadra, per la città, per sé. E’ la vittima più silenziosa di questa storia, lui. Perché in questi mesi i giocatori hanno parlato, hanno anche alzato la voce, hanno protestato, sono andati in Figc, poi dall’Assocalciatori. Donadoni è rimasto tra panchina e casa. Oggi solo a casa. Prima vittima inconsapevole di un disastro finanziario che grida vendetta. Il caos Parma l’ha portato dall’Europa League conquistata ma non potuta giocare alla retrocessione in B e adesso alla cancellazione. Perché è fuori oggi, Donadoni. Ovvero uno dei migliori allenatori italiani dell’ultimo decennio. Dieci anni esatti sono il vero punto di partenza: Livorno 2005, preso in corsa per sostituire Colomba. Chiuse nono, rimase un’altra stagione mollando a marzo con la squadra al quinto posto. Dimesso e non esonerato, il che cambia molte cose, il che racconta soprattutto chi è Donadoni. Ovvero uno che sta dove può lavorare, altrimenti arrivederci. Arrivederci o addio è stato a Napoli, a Cagliari, in Nazionale. Commissario tecnico all’Europeo del 2008, eliminato ai rigori dalla Spagna che sarebbe poi diventata campione.

 

Lo lasciarono andare per riprendere Lippi, eroe del 2006 e poi Caronte di una spedizione devastante nel 2010. Il Mondiale sudafricano ha rivalutato proprio il lavoro di Donadoni che subito dopo quell’Europeo era stato impallinato. Lui zitto. Se ne andò senza problemi, senza polemiche, mantenendo l’amicizia con Albertini che l’aveva voluto, ma nient’altro. La Nazionale, avrebbe detto poi, è stata una parentesi troppo breve. Per il resto muto, appunto. Caratteristica quella del silenzio che s’è trascinato ovunque. Non si ricordano uscite mediatiche se non quella dell’ultima partita che ha fatto, a Parma contro il Napoli. A fine gara ha detto: “Una schifezza”. Si riferiva all’atteggiamento dei giocatori del Napoli che avrebbero desiderato meno impegno da quelli del Parma ormai retrocessi e sull’orlo del fallimento. Il giorno dopo di nuovo silenzio o qualcosa di simile.

 

[**Video_box_2**]Più volte in questi anni è stato avvicinato alla panchina del Milan, mai arrivato forse proprio per la caratteristica del silenzio. E’ spigoloso, ma bravissimo. Cassano, che con lui è rinato, l’ha considerato spesso il miglior allenatore con cui ha lavorato. Altri giocatori hanno lo stesso giudizio. Perché pensa al gioco, dicono. Pensa al campo, alla tecnica, alle caratteristiche di ciascuno dei suoi. A Parma, prima di quest’anno folle, ha fatto qualcosa di incredibile: ha portato una squadra costruita per salvarsi in Europa League. Gli piacciono ancora i giocatori piccoli fisicamente: ha rigenerato Giovinco, ha esaltato Cassano, ha lanciato Mauri, un ragazzo del 1996 che ora andrà a giocare altrove. Riconosce il talento, perché ne aveva. Per anni è stato un giocatore perfetto: tecnicamente e tatticamente. Da allenatore ha cercato molti giocatori come lui. Alcuni li ha trovati, altri li ha cambiati, ad altri ancora s’è adattato lui. Dicono non abbia un curriculum da grande. E’ la balla del decennio. Di questo. La verità è che Donadoni non s’è mai saputo vendere meglio di come fosse, anzi. Spesso è stato percepito peggio di com’è. Ovvero bravo, preparato, solido. Uno che gioca ancora con la palla a terra e con molte idee. Uno che pensa che con i giocatori lavora ancora sulla tecnica. Il fallimento del Parma ci toglie molto. Non sarà per tanto tempo, ma sarà comunque un tempo eccessivo.

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