Lo spogliatoio è sacro. Giù le mani da Capuano, il mister dell'Arezzo registrato a tradimento
Un’amichevole infrasettimanale contro una squadra di Promozione persa per 1-0, lo sfogo dell’allenatore nello spogliatoio, uno dei giocatori che registra l’audio e lo condivide su WhatsApp. I giornali lo riprendono e il caso diventa nazionale. Ma un allenatore deve poter dire quello che vuole ai suoi giocatori, fra quelle quattro mura.
Un’amichevole infrasettimanale contro una squadra di Promozione persa per 1-0, lo sfogo dell’allenatore nello spogliatoio, uno dei giocatori che registra l’audio e lo condivide su WhatsApp.
Sono questi gli ingredienti del caso Capuano-Sperotto che è deflagrato sul web con la viralità che solo certi contenuti sanno solleticare, assurgendo alla ribalta nazionale, dove sono state sezionate e stigmatizzate le parole del tecnico salernitano che da due stagioni siede sulla panchina dell’Arezzo (Lega Pro): “Ho cinquant’anni, queste figure di m. non le ho mai fatte”, “Venite a chiedere pure i premi”, “Siete delle m. umane”, “Contro una squadra di Promozione, vi dovete vergognare, voi parlate solo”, “Voi camminate in mezzo al campo”, “Il primo che chiacchiera, lo giuro sui miei figli, vi caccio”, “Voi non siete degni”, “Io vi squarto”, “Siete scandalosi”, “V’aggia scannà”. Il giorno successivo, mentre l’audio diventava di pubblico dominio, per punizione, tutti ad allenarsi alle 7.30.
Ezio Capuano non è nuovo a uscite sopra le righe, un po’ personaggio, un po’ stratega, un po’ psicologo, verso la squadra e la piazza, che ad Arezzo lo adora. L’anno scorso ha raggiunto una salvezza anticipata dopo un miracoloso ripescaggio in Lega Pro e troppi anni di serie D, ad ogni vittoria la corsa sotto la curva (una volta così forte da doversi ricoverare per accertamenti) e baci lanciati ai tifosi che lo osannavano e lo osannano. Un vero e proprio fenomeno mediatico e sportivo con frasi che hanno fatto storia: “Dobbiamo essere corti e ignoranti” o quando voleva che i suoi giocatori fossero “assatanati come maiali”, poi diventate scrofe (perché considerate ancora più assatanate), fino al “tatticamente una minchia”, rispondendo a un giornalista dopo lo 0-1 contro l’Aquila che aveva vinto con un tiro in porta. Il clou, la scorsa stagione, dopo la sconfitta esterna contro l’Alessandria e quello sfogo alla radio: “Non voglio checche in campo”, scusandosi poi pubblicamente e diventando l’argomento, e il bersaglio, di dibattiti su omofobia e dintorni.
Un po’ Mourinho, un po’ Mazzone, Capuano ama spostare la pressione su di sé, come ogni allenatore navigato che sa di dover spingere sulle motivazioni più che sul talento dei propri giocatori. Questa volta si è trovato di fronte a qualcosa di nuovo anche per lui, apostrofando il calciatore come un “Giuda”, che aveva tradito la sacralità dello spogliatoio, quel luogo immaginifico che Sky e Mediaset ci fanno credere di violare per alcuni secondi prima di ogni match. La ridicola pantomima di un luogo che, in tutti gli sport, riveste il lavabo di ogni tensione, sporcizia, cattiveria, tipica di un gruppo che, piaccia o meno, solo in quell’acqua sporca ritrova se stesso e la forza di compiere l’impresa, che sia la finale di Champions League o l’ultima partita del campionato di Terza categoria; o si perde per sempre. Come in un confessionale dove si confidano i peccati più imbarazzanti, sicuri che nessuno li verrà a conoscere e che agli occhi degli altri continueremo a essere delle persone capaci di sbagliare ma senza per questo dover consegnare al nemico la corazza che ci permette di stare in piedi ogni giorno della nostra vita. Vale pure per le famiglie, dove il tavolo da pranzo domenicale somiglia, più di un confessionale, alla panchina di uno spogliatoio, forse vero unico luogo sacro dove nascondere peccati e difetti, lontano dalla condivisione social, dove spesso cadono anche fede e famiglia. Almeno fino a qualche giorno fa.
Sabato sera l’Arezzo ha perso in casa 4-1 contro la Carrarese, facendo venire a galla tutti quei difetti svelati dall’audio rubato allo sfogo dello spogliatoio. Silenzio stampa e ultimatum al “Giuda”: o si costituisce o pagherà per tutti il capitano, Alessandro Gambadori. In quello stesso spogliatoio, violato per sempre, Nicolò Sperotto, difensore classe ’92 arrivato quest’estate dal Carpi, avrebbe ammesso di essere stato lui, una ragazzata sfuggita di mano. Più pesante quella della società che ha appoggiato il tecnico mettendo fuori rosa Sperotto e chiedendo la rescissione del contratto, sollevando anche la “condotta che lede i principi di correttezza, lealtà e probità sportiva”, per arrivare alla giusta causa senza contraccolpi economici. Contraccolpi che l’Arezzo sta già subendo visto che adesso avrà grossi problemi a sostituire il difensore e perché il giocatore l’aveva voluto Capuano, così come gli altri, costruendo una squadra a sua immagine e somiglianza, in economia, quella che pretende una serie dove tanti club falliscono per aver fatto il passo più lungo della gamba.
Potremmo disquisire all’infinito sulle frasi di Capuano, c’è chi si è indignato, i media nazionali sono saliti sulla cattedra del moralizzatore, c’è chi non può più fare a meno di ascoltarlo tanto è divertente alle sue orecchie, c’è chi gli da ragione (pure i colleghi, affermando comunque di non aver mai utilizzato simili parole). Quello che è accaduto ricorda da vicino la vicenda di Vikash Dhorasoo, che ai Mondiali del 2006, da riserva, riprese ciò che accadeva nel ritiro della Francia e poi pubblicò il video dal titolo “Substitute”. La sua carriera è terminata in quell’istante e l’ultima stagione l’ha giocata a Livorno senza mai scendere in campo. Il suo errore? Aver violato la sacralità dello spogliatoio. Suo malgrado, Sperotto rischia di fare la stessa fine, anche se non è stato lui direttamente a inviare l’audio ai media locali e farlo girare vorticosamente sui social, ma tant’è, nel momento in cui ha premuto Rec sul cellulare ha azionato una centrifuga (involontaria?) che potrebbe fare molto male all’Arezzo e sicuramente ne farà al difensore, che il Carpi si ritroverà senza volerlo. Il bambino è stato buttato via con l’acqua sporca e lo spogliatoio non sarà mai più come prima.