A Valentino Rossi non serve un miracolo, serve battere Max Biaggi

Giovanni Battistuzzi
Sette sono i punti che separano il Dottore, ultimo in griglia, e Jorge Lorenzo, che parte in pole position. A Valerossi serve un rimonta incredibile, quella che riuscì al suo grande avversario nel 2004 in Qatar e che è ancora record. Chi vincerà il Mondiale lo si saprà dopo i 30 giri del circuito di Valencia. 

Quello che doveva essere un duello riservato, un uno contro uno, carena contro carena, ruota dietro ruota, sarà altro, almeno in principio. Rossi-Lorenzo si è trasformato in testa-coda, primato-retrovia. Così in griglia, uno davanti dopo un qualifica pazzesca, l’altro ultimo, caduto in prova, con ghiaia sulla tuta e sulla patente dopo la squalifica del post Sepang, dopo il duello scorretto e insensato con Marc Marquez, che ha fatto cadere il secondo e colpevolizzato oltremodo l’italiano. A Valencia sarà probabilmente un uno contro tutti, almeno per quanto riguarda Valerossi, se poi sarà duello vero si vedrà. Sarà prima rimonta, rincorsa, risalita, sicuramente, un corpo a corpo a distanza, interrotto da molte file al via e molti piloti in corsa. Sarà soprattutto una gara dove i secondi attori avranno un ruolo chiave, nella quale i danielpedrosa, i marcmarquez, i andreaiannone, i polespargaro saranno determinanti per permettere o meno il buon esito della rimonta, anzi delle rimonte: quella valenciana di Valentino, quella mondiale di Jorge.

 

 

Ed ecco quindi i quesiti: cercherà Marc Marquez la vittoria o si limiterà a fare il guardiaspalle di Lorenzo; oppure, può Pedrosa mettersi in mezzo ai due rivali e complici; come si comporteranno gli altri piloti, correranno la loro corsa oppure agevoleranno la risalita di Valerossi. Domande che sorgono, ma a cui rispondere non serve. Perché tutto è nelle mani del Dottore, tutto nel suo polso destro, quello del gas, quello che dovrà tenere aperto più e meglio degli altri. Perché il freno è solo un intervallo tra un a manetta e l’altra, e su questa pista dosare tempi veloci e tempi persi conta forse più che altrove. Valencia infatti è un inferno pilotesco, uno spettacolo in tribuna, un circuito che non piace a nessuno di chi in pista ci corre, ma che esalta gli spalti e fa divertire spesso e volentieri.

 

Sta a Rossi risalire e difendere quei sette punti di vantaggio che ha sullo spagnolo, a lui non farsi impelagare nella confusione che a ogni partenza si ripropone costantemente in gruppo. Rimontona, allora. Non resta altro da fare che recuperare subito dalla 26esima posizione in griglia, sorpasso dopo sorpasso e tentare di abbassare il gap a quell’unica ruota di distanza se Jorge dovesse vincere, oppure a salire, sino a quelle sei che basterebbero qualora il maiorchino scendesse in quinta posizione.

 

Contare però, almeno nei primi giri, non servirà. Pensare, riflettere, calcolare sono attitudini che vanno rimosse, modi di correre da rottamare per rottamare in un solo gran premio il pilota che Valentino Rossi è diventato in queste ultime due stagioni. Serve il Dottore, quello del suo periodo più vincente, quello che vedeva solo una cosa, il gradino più alto del podio, e che in corsa demoliva avversari con la certezza bislacca che solo andare pochi decimi oltre il limite umano poteva rendere sicuro il successo.

 

E nel volto il Valentino di oggi è ritornato quello di allora. Lo sguardo concentrato e un po’ incazzato, il sorriso da videocamera tutto pollici in alto per far capire agli avversari che come sempre i cavoli saranno soltanto loro. E poi le interviste dove le parole tornano a essere sfide e frecciate, perché è in questo che il pesarese è sempre stato maestro, nel addossare il peso dei duelli sulle spalle altrui, nel far “rodere” e corrodere i rivali.

 

E’ il metodo Maxbiaggi, quello del “forse gli tira il culo arrivare dietro tutte le domeniche”, quello che esaspera il secondo e lo pone in una morsa di ambizione di vittoria e ansia da prestazione, perché bisogna prima o poi far chiudere la bocca a quel ragazzone che in motocicletta è tanto sgraziato quanto efficace. E’ il metodo che ha annichilito la classe di Max Biaggi per anni, quello che ha soffocato le speranze di vittoria di Sete Gibernau, ridimensionato la bravura di Casey Stoner e Daniel Pedrosa e rallentato l’ascesa di Jorge Lorenzo. E’ l’atteggiamento del più forte che induce alla resa dei conti il rampante avversario, lo chiama a se e dimostra nei fatti “quante paghe bisogna prendere per scalzare chi davanti è arrivato e non ne vuole sapere di scendere”, almeno a dirla con le parole di Luca Cadalora, pilota che avrebbe potuto vincere moltissimo se non avesse trovato sulla sua strada un certo Mick Doohan, australiano da cinque titoli in 500 consecutivi tra il 1994 e il 1998.

 

E’ il metodo che porta al testa a testa, staccata dopo staccata, sorpasso dopo sorpasso. E’ quello che lima in continuazione i basamenti delle certezze altrui, che spinge l’avversario a dare di più del cento per cento, lo porta all’errore, a perdere cognizione di limiti e alternative. E’ l’antipasto alla cosiddetta spallata a Sete Gibernau a Jerez nel 2005: creare le condizioni di accerchiamento dell’avversario, aumentare le pressioni su di lui sino a creare un cortocircuito tale da minarne le sicurezze.

 

 

Ultima curva, lo spagnolo va leggermente largo, Vale lo affianca e furbescamente non chiude subito la traiettoria, fa in modo di occupare la posizione per più tempo possibile per far frenare di più Gibernau che però frastornato non ragiona, chiude la curva, dà una carenata alla Yamaha del pesarese e va lungo. E’ la base del sorpasso da brividi al Cavatappi di Laguna Seca ai danni di Stoner qualche anno più tardi.

 

 

E’ questo che serve al Dottore, ritornare a essere il pilota duro e onnivoro delle sfide con Gibernau e Biaggi, ritrovare quella fame antica che lo portava a guidare sempre oltre il limite della gravità. E proprio Max Biaggi può venirgli in soccorso, perché è il pilota romano a detenere il record di posizioni recuperate in pista. Era il 2004, era il Qatar, erano 18 sorpassi, quelli che separavano il ventiquattresimo dal sesto posto. Un record che è ancora imbattuto, un record che Valerossi vuole prendersi, perché ancora nulla è deciso, anche se tutto è compromesso.

 

[**Video_box_2**]Intanto Valerossi ha riprovato a rimettere in piedi il giochetto dopo qualche anno da senatore, addirittura da consigliere, da vecchio zio che sino troppe volte sembrava pronto per la pensione, salvo poi far ricredere sempre tutti. Ora ci sono 30 giri e 120 chilometri e spicci per rinverdire un palmares che già così sembra difficilmente battibile. Tra lui e Lorenzo ci sono centinaia metri e decine di uomini, ma questo è solo il principio, il resto sarà Valencia, la sua atmosfera da thriller grottesco, le bocche cucite di tanti, un’attesa che è da giorni troppo alta per far divertire davvero.