Champions, mani sulle palle
Bournemouth. Quando c’è un sorteggio fanno tutti la faccia seria, compunta, preoccupata ma non troppo, senza lasciare intendere disperazione o soddisfazione. Il sorteggio nel calcio è uno dei momenti più antiveritativi a cui abbia assistito: più di un editoriale di Marco Travaglio o di una previsione politica di Aldo Cazzullo. Non c’è ruga che tradisca i pensieri di allenatori, dirigenti o presidenti, durante un sorteggio. Si è visto sabato con quelli per Euro 2016, dove improvvisamente una serie di squadre ridicole e senza tradizione sono diventate temibili, possibili sorprese, ospiti ostici e altri abomini retorico-lessicali del genere. Come l’erba del vicino è più verde, la fidanzata dell’amico più maiala, e la birra di quello seduto al bancone con noi più fresca, il sorteggio dell’altro è sempre migliore. Dopo ci sono frasi di circostanza, di solito tendenti al pessimismo cronico: puoi essere la squadra più forte del mondo e aver pescato la rappresentativa dei calzolai di Londra, ma le tue dichiarazioni saranno sempre caute, tese a esaltare l’avversario oltre i suoi limiti. Se invece sei un dirigente dei calzolai, ti metterai a dire di quanto sia stimolante giocare contro un’avversaria così blasonata ancorché nettamente favorita; il tutto per sentirti rispondere che no, la squadra più in forma è la tua, e che nel calcio non si può mai sapere. Tutto pur di non fare i ragionamenti che i tifosi hanno cominciato a fare subito, prendendo a piene mani dal manuale di conversazione del sorteggio di coppa: il Bayern è fortissimo, il Real pure ma Benitez è un cialtrone, il Tottenham così così però ha tradizione, il Villareal fa leggermente cagare epperò è pur sempre spagnola, le spagnole corrono, il Galatasaray è battibile ma giocare là è difficile (sempre che la Russia non li abbia già rasi al suolo). Scaramanzia, paraculaggine o fair play? Una noia bestiale, questo è sicuro. Poi, naturalmente, ci sono le eccezioni: quando ieri Javier Zanetti ha pescato il Bayern Monaco come avversario della Juventus, gli rideva pure il culo. Difficile che abbiano riso a casa Wenger: l’Arsenal è primo in Premier League, ma in Champions giocherà contro il Barcellona. Tempistica perfetta per entrare in crisi e non vincere niente, o quasi, a fine stagione.
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Mi devo rassegnare a registrare un dato che la dice lunga sullo stato dell’occidente: al buon calcio abbiamo preferito il calcio divertente, quello dei risultati imprevedibili e delle squadrette che puniscono sistematicamente le grandi, quel modello che fa godere giusto chi è pagato per tener alta la tensione sui giornali e in televisione. Stringi stringi, chi detta legge sui campi della Premier League è l’idea calcistica di Claudio Ranieri, in Serie A quella di una squadra che rimarrà nella storia per i selfie in stile #EpicBrozo, rituale talmente noioso che l’ha fatto perfino Gianni Riotta. Dice: ma la classifica corta è una meraviglia, che emozione avere dodici squadre in mezzo punto! Potrebbe pure essere vero, se ciò indicasse un generale aumento della qualità del gioco, mentre qui si tratta di dittatura della mediocrità. Con tutto il rispetto per Eddie Howe, allenatore identitario e perciò degno di stima, il momento in cui ci ritroviamo a prendere a esempio il Bournemouth, squadra che senza fare granché ha preso a calci sia il Chelsea in crisi mortale che il Manchester United in (quasi) ripresa, non è un momento memorabile. Van Gaal ha detto che una sconfitta del genere è inaccettabile, e ha ragione. Non si può perdere da una squadra che permette a Fellaini di segnare il gol del momentaneo pareggio. Il Bournemouth è riuscito perfino a segnare un gol direttamente da calcio d’angolo: una parabola ben disegnata, per carità, ma certe cose non dovrebbero avere cittadinanza nel calcio professionistico. Invece tutti si sdilinquiscono per questo rovesciamento delle parti, per un mondo a testa in giù in cui il Sassuolo diventa l’esempio da seguire, la stella polare del calcio di oggi. La rivincita delle provinciali è un tema narrativo buono per una Leopolda pallonara, ma è sostanzialmente un falso storico, un premio di consolazione con cui possiamo tutti quanti baloccarci nell’attesa dei pranzi con i parenti in cui si berrà troppo brandy e nostalgicamente si rievocheranno i tempi in cui il calcio non era pane e salame.