Così il fantasma di McEnroe si è abbattuto su Nadal
Semifinale degli Australian Open del 2009. Lo spagnolo Fernando Verdasco è al quinto set contro il connazionale (e numero uno al mondo) Rafa Nadal. Sul quattro pari Verdasco va in vantaggio 30-0 sul servizio di Nadal, che però riesce vincere il game e a fare il break nel successivo, aggiudicandosi il match. In finale affronta e sconfigge Roger Federer vincendo così il torneo.
Sette anni dopo, primo turno sempre degli Australian Open. Nadal, sceso al quinto posto del ranking mondiale, affronta un Verdasco ormai trentaduenne e precipitato intorno alla quarantesima posizione. Al quarto set, sul 6-5 e 30-0 sul servizio di Verdasco, il maiorchino è a due punti dal match, ma Verdasco inanella una serie di colpi vincenti, si aggiudica il set al tie-break e porta l’incontro al quinto set. Nadal va in vantaggio 2-0 e di nuovo 30-0 sul servizio di Verdasco, però il copione si ripete: il suo avversario spara vincenti su vincenti (alla fine saranno una novantina), fa suoi i successivi sei game ed elimina Nadal. Una sconfitta clamorosa per il campione spagnolo, la seconda al primo turno in uno Slam dopo quella con il belga Steve Darcis a Wimbledon 2013.
Ma clamorosa, alla fin fine, solo se si guarda al palmares (quattordici major, soli tre in meno di Federer, primatista assoluto) e alla classifica, ancora buona. Dallo scorso anno Nadal è stato colpito dalla “sindrome di John McEnroe”, che era stato “SuperMac” fino al 1985, prima di cedere il primo posto del ranking a Ivan Lendl e di diventare semplicemente “Mac” sino al termine della carriera, nel 1992, con alcuni acuti, ma senza più vincere alcuno slam.
A rete, "Mac" non aveva più i riflessi di un tempo e, soprattutto, gli avversari non avevano più paura di lui. Il tennis è uno sport mentale prima ancora che fisico: se si pensa di giocare contro un avversario più forte, si può anche arrivare al matchpoint, ma è molto difficile vincere. Nadal ha un gioco ben diverso dallo stile 'serve & volley' di Mac, ma anche per lui vale lo stesso discorso: ha perso reattività (quest’anno compie trent’anni), arriva quindi meno bene sulla palla, gioca troppo corto. E, soprattutto, non ha più l’istinto vincente del passato. Prima annullava palle break, set e match e alla prima occasione capitalizzava con i suoi colpi vincenti. Adesso è spesso il contrario. Ha perso solo sette incontri al quinto set in carriera (su diciotto), ma fra questi sette ci sono le ultime due partite disputate negli Slam (lo scorso anno è stato sconfitto dal nostro Fognini allo Us Open e adesso da Verdasco). Un tempo, i giocatori che lo sfidavano entravano in campo già sconfitti (come capita adesso a un dominatore come Novak Djokovic), anche se andavano avanti nel punteggio pensavano sempre che potesse rimontare. Ora è cambiato tutto: Nadal non è più il “tennista Alpha”, tutti credono di poterlo battere. E' anche per questo che Verdasco quest’anno ha vinto e sette anni fa ha perso.
E ora che ne sarà di Nadal? Per sette anni McEnroe è stato una presenza in campo capace di mantenere il suo affascinante stile di gioco, ma è sempre rimasto lontano dalle primissime posizioni e non è più riuscito a battere i vari Lendl, Edberg e Becker.
Oggi, Nadal ha soltanto Djokovic tra gli avversari davvero insormontabili. Dieci giorni fa, nella finale giocata contro lo spagnolo al torneo di Doha, Djokovic lo ha umiliato con un secco 6-1 6-2 ed è passato in vantaggio nei risultati degli scontri diretti (24 a 23 per il serbo, mai nessuna coppia di tennisti si è affrontata così spesso nell’era Open). Altra similitudine con la rivalità McEnroe-Lendl è l'età dei due tennisti. Il primo del 1959 e il secondo classe 1960. Esattamente un anno di differenza come nel caso di Nadal (1986) e Djokovic (1987). E in entrambi i casi, sia McEnroe sia Nadal iniziarono con una carriera vincente, prima di essere raggiunti e superati dal diretto avversario.
Dati che non lasciano ben sperare per la carriera futura dello spagnolo. Forse anche la storia recente dello scandalo scommesse può averlo condizionato, ma sarebbe assurdo pensare che abbia inciso a tal punto (anche se ci pentiamo di non aver scommesso su Verdasco).
La Bbc e il sito BuzzFeed dicono di essere entrati in possesso di alcuni documenti che dimostrano l’esistenza di una serie di partite truccate fra il 2003 e il 2008, poi insabbiate dalla Atp e dalla Wta (rispettivamente l’associazione dei tennisti e delle tenniste pro). I due giornali hanno anche presentato uno studio, relativo agli ultimi sei anni, che solleva dubbi su alcuni tennisti (troppo) spesso perdenti nei match in cui erano dati per favoriti.
[**Video_box_2**]Ma il tennis è da sempre uno sport in cui ci sono tantissimi tornei di scarsa importanza. Se nessun tennista perderebbe mai di proposito la semifinale di uno Slam (non gli converrebbe né sportivamente né economicamente), esistono molti giocatori che si impegnano poco in certi tornei o fingono improvvisi infortuni (è il caos di Kafelnikov negli anni Novanta, oppure di Agassi, che da giovane ha spesso giocato tornei alla “prendi i soldi dell’ingaggio e scappa" perdendo al primo turno).
La settimana scorsa, l’australiano Bernard Tomic si è ritirato ai quarti di finale del torneo di Sidney lamentando problemi di stomaco ma prima, durante un colloquio con il giudice di sedia Mohamed Lahyani, aveva candidamente detto di volersi concentrare sui prossimi Australian Open visto che era appena stato diffuso il tabellone del torneo.
Speriamo tanto che anche 'Rafa' abbia fatto così stavolta, e che abbia perso apposta. In tal caso avremmo ancora un campione, non un’anima in pena che spesso vaga per il campo alla ricerca dei colpi perduti.