Xi Jinping ha in programma di organizzare i Mondiali in Cina entro dieci anni. Anche per questo molti grandi gruppi industriali hanno deciso di investire nel calcio

Calcio a mandorla. Così la Cina punta a conquistare il mondo del pallone

Giovanni Battistuzzi
Perché il campionato cinese è sempre più ricco e non attrae solo calciatori bolliti o di secondo piano. Ecco il progetto di Pechino per giocare da superpotenza. Guarin, Gervinho e Ramires sono gli ultimi grandi acquisti della Chinese Super League. Altri colpi di mercato sono in arrivo.

In principio fu Dario Conca. E’ il 2011, estate, il trequartista argentino ha appena trascinato il Fluminense al suo terzo campionato brasiliano, il primo dopo sedici anni di astinenza, ed è stato eletto come miglior giocatore del torneo. Alla formazione carioca arrivano proposte di trasferimento da parte di Porto, Atletico Madrid, Arsenal e da un paio di squadre italiane. Il giocatore ha ancora un anno di contratto e non intende rinnovare: per cinque/sei milioni di euro lo si può comprare, un affare per un 27enne già maturo per il calcio europeo e che ha dimostrato di saper guidare una squadra fino al successo. Il Porto tratta, è convinto di chiudere. Da Oporto parte, in direzione Rio de Janeiro, una delegazione con il capo medico, il direttore sportivo e il capo degli osservatori per il Sud America. E’ fatta, dicono in Portogallo. Una volta in Brasile, però, il Fluminense chiede più di quanto pattuito: servono 8 milioni di euro per superare un’offerta arrivata nel frattempo dalla Cina. Da Oporto arriva il não.

 

E’ il 3 luglio 2011 e il Guangzhou Evergrande Taobao Fc stacca l’assegno giusto al club brasiliano, garantisce 10,4 milioni di dollari all’anno al calciatore e sale sul palcoscenico del calcio che conta. E’ la prima volta che un giocatore di  livello internazionale arriva in un campionato asiatico, è soprattutto la prima volta che un calciatore ricercato da diversi grandi club europei preferisce l’Asia all’Europa. L’estremo oriente non è più solo dimora dei José Geraldo Silva Filho Duarte, dei Georgi Petrov, dei Marko Tuomela, ossia carneadi pallonari richiamati da un maglia da titolare; oppure dei Paul Gascoigne e dei Samuel Caballero, ossia giocatori dal passato più o meno glorioso in cerca di un ultimo contratto e di un’ultima esperienza calcistica.

 

Prima di allora la storia cinese dei calciatori euro-sudamericani nel paese del Dragone era tanto lunga quanto ininfluente. Da Conca in poi sarà tutta un’altra cosa.

 



 

In principio fu Jell Tedeenhoff. E’ il 1959, in quell’anno Jell sbarca in Cina. E’ olandese, ha 21 anni, lavora per una società navale e in oriente c’è finito per caso, perché solitamente è verso l’America che naviga. Sempre per caso è costretto a rimanere a Shanghai: la società deve rinnovare i sistemi di stoccaggio della merce e lui è l’unico europeo ad avere nozioni di idraulica. Deve rimanere sei mesi, ci rimarrà vent’anni. Dietro ai magazzini infatti trova un campo da calcio dove gioca con alcuni colleghi. Durante una partita con una squadra dilettantistica locale viene notato dall’ex allenatore della principale squadra della città. All’epoca i Shanghai Greenland giocano nella divisione regionale, il campionato nazionale è saltato per mancanza di soldi dopo 6 anni (la prima edizione è stata disputata nel 1951, poi continua senza interruzioni dal 1953 al 1958), il dilettantismo impera, ma i premi sono sostanziosi e Jell decide far coincidere il lavoro con gli yuan cinesi offerti dalla squadra. Il campionato riprende nel 1960, Tedeenhoff lo passa in infermeria a causa di un’infiammazione agli occhi. Una volta guarito guida la squadra alla vittoria dei campionati del 1961 e del 1962. Non male per uno che in Olanda aveva giocato solo per qualche anno nelle giovanili del VV Stedoco.

 


Gervinho, Guarin e Ramires gli ultimi tre colpi del campionato cinese


 

Storia del secolo scorso, ormai dimenticata, perché il calcio in Cina è cambiato, si sta evolvendo rapidamente, tanto da diventare uno dei campionati più ricchi del palcoscenico mondiale (14esima economia  calcistica al mondo) e attrarre un numero crescente di giocatori di caratura internazionale. Come Fredy Guarin, centrocampista colombiano che è stato acquistato dallo Shangai Shenhua dall’Inter per 12 milioni di euro firmando un contratto di 7,5 milioni di euro netti a stagione. Come Gervinho, passato dalla Roma all’Hebei China Fortune. E non sono gli unici dato che allo Jiangsu Suning, dopo aver fallito gli acquisti dell’attaccante del Milan Luiz Adriano e dello stesso Guarin, ha acquistato il centrocampista brasiliano del Chelsea Ramires. Un colpo da 33 milioni di euro: il giocatore più caro della storia del calcio asiatico. E ora potrebbe arrivare anche l’ex romanista Seydou Doumbia, ora al CSKA Mosca.

 


Ramires è il colpo di mercato più costoso del calcio cinese


 

A Nanchino, una delle quattro grandi antiche capitali della Cina, secondo polo commerciale della zona orientale del paese, nonché sede del Jiangsu Suning, il calcio si sta imponendo all’attenzione della popolazione: allo Nanjing Olympics Stadium, 62mila posti, gli spettatori sono cresciuti del 172 per cento negli ultimi cinque anni e ora sognano il primo campionato nazionale. Obiettivo non impossibile, dati gli acquisti di questa sessione di mercato e la presenza in panchina di un tecnico di esperienza e carisma come Dan Petrescu, ex difensore di Foggia, Genoa e Chelsea, quinto giocatore per presenze della nazionale rumena, e che, una volta sedutosi in panchina, è riuscito a vincere un campionato rumeno con l’Unirea Urziceni, sino ad allora piccola squadra della Muntenia senza una storia vincente alle spalle.

 

Obiettivo raggiungibile in breve tempo considerate l’ambizione della dirigenza e  il potere economico della proprietà,  ossia lo Suning Commerce Group, uno dei più grandi rivenditori cinesi di prodotti elettronici, con oltre 1.600 negozi in franchising e il secondo sito di e-commerce del paese, con un fatturato annuo di circa 14 miliardi di euro. Un colosso capace di investire nel marzo 2015 73 milioni di euro nel Jiangsu Sainty per acquisirne la proprietà, dare il proprio nome al club e soprattutto prepararsi a sfruttare quello che sarà il grande business dei prossimi anni in Cina: il calcio.

 

[**Video_box_2**]Il Suning Commerce Group infatti non è il solo grande gruppo cinese ad aver investito nel pallone. Prima della società di Nanchino, già nel 2007 il miliardario Zhu Jun, fondatore e proprietario della compagnia di giochi online The9 Ltd, aveva deciso di staccare un assegno di 23,4 milioni di dollari per acquistare il 70 per cento della proprietà del Shanghai Shenhua, per poi rivenderlo pochi anni dopo per circa il doppio del valore iniziale. Passarono per Shangai giocatori del calibro di Nicolas Anelka e Didier Drogba, ma la loro permanenza durò giusto il tempo di guadagnare in pochi mesi lo stipendio di un anno. Come loro non rimasero molto di più Alberto Gilardino, Alessandro Diamanti ed Elkeson, ossia la seconda ondata di (più o meno) grandi acquisti che provò a conquistare la Cina sull’onda dell’entusiasmo euro-asiatico per l’avventura dell’ex tecnico dell’Italia campione del mondo 2006, Marcello Lippi. Acquisti che vennero fatti dal primo grande gruppo che investì in modo massiccio nel calcio cinese: l’Evergrande Real Estate Holding.

 

Quando nel febbraio del 2010 il gruppo leader in Cina nel settore dell’edilizia sborsò 150 milioni di dollari alla Guangzhou Pharmaceutical Holdings per rilevare la proprietà del Guangzhou GPC Football Club il nuovo proprietario del club Xu Jiayin disse: “Stiamo investendo nel futuro. Porteremo la squadra a grandi traguardi perché questi grandi traguardi saranno quelli di tutta la Cina”. In molti sorrisero pensando alla situazione del calcio cinese di allora: campionato dell’estrema periferia calcistica, dalla media spettatori esigua (nemmeno 9mila spettatori a partita), senza una base per far crescere giocatori di talento e senza nessuna storia o attrattiva per giocatori di caratura internazionale. Vinsero cinque campionati e una Champions League asiatica, primo storico successo cinese in una manifestazione internazionale.

 

 

Sei anni dopo, la situazione è completamente cambiata e i club della Chinese Super League sono ormai tutti di proprietà di grandi gruppi cinesi. Per lo più grandi società, in prevalenza legate al settore immobiliare: come il Guangzhou R&F Properties, gruppo attivo nel settore della promozione dello sviluppo immobiliare e proprietario del Guangzhou R&F Football club; l’Aerbin Group proprietrario del Dalian Aerbin Fc (che attualmente milita nella seconda divisione cinese); la Greenland Holding Group Company Limited, leader nel settore del real estate in Cina e a capo dello Shangai Greenland Shenhua Fc; la Yongchang Real Estate Development Group che controlla lo Shijiazhuang Yongchang Junhao Fc; la China Fortune Land Development Co. Ltd che possiede l’Hebei China Fortune Fc; l’Henan Jinaye Group che si occupa di edilizia nella provincia di Henan e gestisce l’Henan Jianye Fc, sponsorizzata da un altro colosso del settore real estate, la Central China Real Estate Limited.

 

[**Video_box_2**]Non solo aziende legate al comparto immobiliare hanno deciso di acquistare società calcistiche. Lo Shandong Luneng Taishan Fc è di proprietà della Shandong Luneng Group, una delle controllate della State Grind Corporation of China, la più grande società elettrica al mondo con un fatturato di oltre 330 miliardi di dollari (di proprietà del governo cinese); lo Shangai SIPG Fc è controllata dalla Shanghai International Port (Group) Co., la società che controlla il porto di Shanghai, il più grande attracco per navi commerciali dell’intero continente asiatico; per non parlare del Beijing Guoan Fc appartenente al Citic Group (China International Trust and Investment Company), gruppo la cui quota di maggioranza è della Repubblica popolare cinese e i cui interessi commerciali vanno dalla food industry, al tessile sino all’estrazione mineraria. E Alibaba, leader mondiale del commerico online che nel giugno del 2014 ha rilevato il 50 per cento della proprietà del Guangzhou Evergrande per 140 milioni di euro.

 

Il perché di un tale incremento di interesse da parte di aziende private o a proprietà partecipata con il pubblico può essere spiegata con quanto sta accadendo a livello politico.

 

Tutto inizia nel 2011, quando l’allora vicepresidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping dà mandato all’ex presidente della Federazione calcistica cinese (Cfa), Yuan Weimin, di avviare una riforma strutturale del sistema calcio per rilanciarlo dopo il drastico calo di interesse dovuto prima agli scandali legati al calcioscommesse che colpirono la massima divisione nazionale nei primi anni Duemila e in seguito alle deludenti prestazioni della Nazionale cinese alle Olimpiadi di Pechino 2008, chiuse con due sconfitte (contro Belgio e Brasile) e un pareggio (contro la Nuova Zelanda). I due eventi fecero precipitare il numero di ragazzi iscritti alle società giovanili da 300mila a meno di 18mila. Fu per questo che la Federazione decise di ingaggiare Tom Byer come consulente per la crescita dei giovani calciatori. Byer è americano, ha fatto il calciatore con pochi risultati apprezzabili tra Stati Uniti e Giappone, ma dopo aver terminato la carriera in campo si è reinventato trainer, fondando un’accademia calcistica nel paese del sol levante che in pochi anni, grazie anche alla sponsorizzazione della Nestlé, è riuscita a creare un centinaio di campus e oltre 20mila iscritti, lanciando oltre un centinaio di giocatori nel massimo campionato nipponico. Sono stati avviati poi solidi rapporti con diversi fondi d’investimento che trattano la compravendita di calciatori, primo fra tutti il Kirin soccer dell’imprenditore Joseph Lee che può vantare numerose scuole calcio in Sud America e un parco giocatori cospicuo. Uomini che vanno e vengono dalla Cina per un giro d’affari di oltre un miliardo di dollari.

 

E’ solo l’inizio. Una volta arrivato alla presidenza della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping decide di ampliare il progetto. Nell’ottobre del 2013, sette mesi dopo la sua nomina, approva la proposta di legge del ministro dello Sport di stato Liu Peng per favorire l’ingaggio di grandi campioni riducendo quasi a zero la pressione fiscale sulle società sportive. Nei primi mesi del 2014 ha dato il via al rilancio del settore giovanile, dando impulso all’apertura di centri calcistici e il via a corsi di formazione per circa seimila allenatori. Nel marzo del 2015 ha invece inserito questo sport nei programmi scolastici di elementari e medie: il calcio sarà considerata una disciplina come tutte le altre, che sarà valutata nel rendimento scolastico. Anzi una disciplina più disciplina delle altre, dato che il ministero dell’Educazione invierà ispettori per monitorare i progressi dei diversi istituti nella promozione del gioco del calcio tra gli alunni.

 

Per Xi Jinping infatti “la rinascita del calcio è qualcosa di imprescindibile per fare della Cina una nazione di vertice nel panorama sportivo internazionale”. Il suo obiettivo è quello di gettare le basi per uno sviluppo che possa portare il paese a organizzare una fase finale della Coppa del Mondo. Non solo. L’intento è quello di arrivarci con un movimento adulto, capace in pochi anni di non sfigurare a livello internazionale e che nel giro di un decennio possa vincere la massima competizione per squadre nazionali.

 

Per ottenere questo obiettivo però non bastano le politiche volte a far conoscere questo sport. Non bastano i libri di testo sulla storia e le regole del calcio, non bastano i 20mila campi sportivi che verranno costruiti entro il 2017, non basta la lettera d’intenti firmata con la Federazione calcistica inglese per una cooperazione rafforzata, occorre dell’altro. E questo altro sono esempio e quotidianità, partite e pallone, ma soprattutto campioni e spettacolo. E per avere campioni e spettacolo ci vuole un movimento finanziariamente stabile, appetibile e il più internazionale possibile. E se in Cina si sta assistendo a una rapida evoluzione del calcio, se la Chinese Super League sta iniziando ad attrarre sempre più giocatori è per la sua internazionalizzazzione. Qualcosa che non è avvenuto per caso, ma che è stato iniziato dallo stesso Xi Jinping ancora al tempo della sua vicepresidenza.

 

E’ il 2008. La Cina è uscita dalla sua prima Olimpiade, i risultati sono stati eccellenti ma Xi Jinping, che guidava il comitato di preparazione per i Giochi olimpici, nota come nonostante le cento medaglie conquistate, gli sport di squadra abbiano raccolto pochissimi risultati. La mancata qualificazione ai Mondiali del 2010, le figuracce nel Gruppo 1 del terzo turno di qualificazione, lo fanno infuriare. A dicembre, in un convegno promosso per esaltare i grandi risultati delle compagini cinesi alle Olimpiadi, inizia a tessere trattative. Il punto è questo: servono imprenditori volenterosi di investire per rilanciare il calcio, serve competenza e basi solide: lo stato farà molto per agevolare questo sport, serve il vostro intervento, uno sforzo che sarà ricompensato dato che serviranno infrastrutture per la Coppa del Mondo che abbiamo intenzione di organizzare.

 


Il peggio della Chinese Super League


 

“Quando arrivai a Shanghai nel 2010 come consulente per la creazione di una rete di osservatori che andassero a scovare i migliori giovani tra Cina e Sud America, la Federazione mi accolse dicendomi che il mio lavoro sarebbe stato essenziale per quello che il partito considerava una delle missioni più importanti: diventare una potenza calcistica”. Ian Torek, 55 anni, istriano ma di nazionalità ungherese, osservatore negli anni per oltre una decina di squadre tra Ungheria, Italia e Spagna, fu uno dei primi europei a sbarcare nella nuova Chinese Super League. “In sei anni è cambiato tutto: il presidente della Repubblica ha accelerato i cambiamenti – dice Torek al Foglio – Gli imprenditori hanno investito capitali considerevoli. Sono arrivati allenatori di calibro internazionale, giocatori di fama, con loro sponsor e attenzione mediatica. Perché? Perché è un do ut des, una forma di mecenatismo interessato. La politica sta preparando al meglio il terreno per i Mondiali e ci sarà molto da guadagnarci. E non solo in termini di prestigio. Il calcio qui apre le porte per entrare nelle grazie del partito e queste portano appalti e contratti importanti”. Un interesse anche da esportazione, continua Torek: “L’obiettivo è quello di imparare come si gestisce un club, sia a livello tecnico, che soprattutto organizzativo e strutturale. E per raggiungere questo know how la Chinese Super League non può bastare. E’ necessario trovarlo altrove. Per questo il governo ha prima richiesto e poi agevolato i grandi gruppi commerciali del paese a investire all’estero”.

 

Tra queste, ultima in ordine temporale, c’è il Wanda Group di Wang Jianling, il  secondo uomo più ricco di Cina, con un patrimonio stimato da Forbes di 49 miliardi di dollari. La società cinese ha rilevato nel gennaio dello scorso anno il 20 per cento dell’Atletico Madrid versando nelle casse del club spagnolo 52 milioni di dollari. Wang non è nuovo al mondo del pallone. Tra il 1994 e il 2000 era stato proprietario del Dalian Wanda Fc, portandola a suon di yuan investiti alla vittoria di cinque campionati. A febbraio del 2015 ha poi acquistato per 1,05 miliardi di euro Infront Sports&media, la società leader nel marketing sportivo, con sede a Zug in Svizzera di cui è presidente e ceo Philippe Blatter, nipote dell’ex numero uno della Fifa. Una società che detiene i diritti internazionali di 25 discipline sportive e che è partner della Fifa, dei campionati tedesco e italiano e di squadre come Inter, Milan e Werder Brema.

 

Non solo: a gennaio del 2015 la United Vansen International Sport Co. acquista la squadra olandese dell’Ado Den Haag. L’Espanyol, seconda squadra di Barcellona, è per il 58 per cento del Rastar Group. Il Pavia, squadra di Lega Pro, è dell’imprenditore Xiadong Zhu. E ormai sono decine le aziende cinesi a sponsorizzare i più grandi club europei. Investimenti ben accetti dalle principali squadre europee, che permettono loro di incrementare business e acquistare i migliori giocatori al mondo.

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