Hernanes si riprende la Juventus, Honda il Milan: quando le bocciature sono affrettate
Il calcio è fatto di bugie: “Allegri non ci ha mai chiesto un trequartista”. Il calcio è fatto di affermazioni: “Non era una prima scelta, non abbiamo mai pensato che fosse un fenomeno”. Il calcio è fatto di retromarce: “Abbiamo colto un'opportunità e ne siamo contenti, il suo apporto sarà determinante”. I virgolettati sono di Giuseppe Marotta, l'amministratore delegato che ha ridato forza e successi alla Juventus. Il riferimento va a Hernanes, brasiliano acquistato all'ultimo giorno di mercato. Occorre contestualizzare, però, abitudine poco frequentata nel pallone. Marotta dice tali parole a fine ottobre, affrontando un'assemblea dei soci tutt'altro che benevola, con la squadra in dodicesima posizione, a fianco del Chievo e ben lontana dalla capolista Roma. Logici gli affondi sulla campagna acquisti, logico prendersela con questo brasiliano dalla faccia troppo pulita da immaginare che possa replicare alle accuse. Anche perché è oggettivamente difficile difendersi (e difenderlo). I risultati negativi travolgono tutto e tutti, in prima linea c'è sempre chi è arrivato da poco e non ha ancora fatto in tempo a entrare nel cuore della gente. Hernanes ci mette molto di suo, poi. Mai decisivo, spesso titubante, decisamente inadeguato alla situazione e alla valutazione: suonano una bestemmia quegli undici milioni spesi, anche se Marotta si affretta a sottolineare come l'Inter sia andata in questo modo incontro a minusvalenza.
Pochi mesi dopo, la vita è cambiata. Hernanes non è diventato un fenomeno, ma si sta dimostrando funzionale alle strategie bianconere. Non è il trequartista invocato da Allegri, è diventato il regista in grado di dare un senso unitario alle manovre. Il primo assaggio contro il Bayern in Champions League, segnale di vita in un 2016 fatto di appena 112 minuti. Hernanes entra nell'intervallo, c'è anche il suo contributo nella rimonta che porta la Juventus al pareggio dopo le due reti incassate nel primo tempo. Pochi giorni dopo tocca ancora a lui, complice l'infortunio di Marchisio. Il destino di diverte a proporre come avversaria quell'Inter che lo aveva sedotto ai tempi della Lazio e che lo ha abbandonato senza alcun rimpianto in estate. A Hernanes bastano cinque minuti per fare capire come la serata sarà di sofferenze per i nerazzurri. La traversa respinge il suo tiro, il resto lo fanno la determinazione bianconera e l'arrendevolezza altrui. Un controsenso, quest'ultima, visto che Roberto Mancini ha voluto costruire la squadra su un centrocampo muscolare, rinunciando – con la cessione proprio di Hernanes – a quel poco di capacità di governare la manovra rimasta ad Appiano Gentile. La manifestazione di debolezza andata in scena allo Stadium ha rinfrescato ulteriormente la memoria, in presenza dell'oggetto del reato.
[**Video_box_2**]Anche Honda era rimasto vittima del “trequartista sì-trequartista no” scandito al Milan fin dal giorno del suo arrivo. Colpa del giapponese e del suo essere un cosiddetto atipico. Quei giocatori sempre inseguiti e che non si sa come utilizzare quando sono in casa. Come un costoso gadget di cui maledici il giorno in cui ti sei convincere nell'acquisto. Honda ha fatto in fretta a passare in pochissimo tempo da soluzione dei problemi a loro causa. Non sapendo che farsene, lo hanno schierato come seconda punta, mezz'ala, improbabile regista arretrato. Tutto gli è stato cucito addosso, tutto gli è stato sfilato via in fretta. E lui sempre più silenzioso e isolato, pronto a consolarsi solo con l'immancabile manipolo di giornalisti connazionali al seguito. Questo fino a quando Sinisa Mihajlovic non si risolve a piazzarlo largo sull'ala, una zona dove Honda (e non appaia blasfemia) si è reinventato regista laterale, come Bruno Conti alla Roma e Roberto Donadoni proprio al Milan. I risultati positivi dei rossoneri hanno coinciso con la crescita del giapponese, pronto a sacrificarsi in difesa come a riscoprirsi decisivo davanti. Con la dedizione tipica del suo popolo, andata a contagiare positivamente il resto della squadra. E se la posizione di Mihajlovic è più solida, il merito è anche del silenzioso Honda.