Il capolavoro di Ulissi nel giorno in cui il Giro annuncia che si correrà senza manubrio
Il toscano della Lampre supera Amador e Jungels, che si conferma in maglia rosa e allunga sui rivali, sul traguardo di Asolo dopo un recupero spettacolare sull'ultimo strappo a tre chilometri dall'arrivo. E' la seconda vittoria per lui in questa edizione. Abecedario: M come meccanici, M come manubrio.
Undicesima tappa, Modena-Asolo, 227 chilometri – Ancora Diego Ulissi. Dopo Praia a Mare, Asolo. Seconda prova di forza, secondo numero pregiato in questa corsa rosa, anche se questa volta è sprint, non assolo.
"Il problema è il finale", scriveva Carlo Goldoni, "bisogna trovare il modo giusto per stupire il palato del ricercato spettatore". E il Veneto è terra di ciclismo, di appassionati dal gusto non banale. Per questo al termine di 200 chilometri piatti come una tavola il Giro si è inventato la Forcella Mostaccin, un sentiero d'asfalto di poco più di due chilometri irti come una parete. Lì la corsa è diventata intrigo. Ma non bastava. E allora ecco una dozzina di chilometri di salite e discese, una roulette di strade dalle quali è uscita la ruota vincente del toscano.
Il corridore della Lampre era rimasto staccato sulla salita, aveva faticato a rientrare, sembrava tagliato fuori dalle prime posizioni. Davanti Andrei Amador, secondo nella generale, e la maglia rosa Bob Jungels si erano involati. Il gruppo si avvicinava, pochi secondi di margine, un ultimo strappo per chiudere il buco. Il buon senso avrebbe consigliato di aspettare, di far lavorare i compagni. Ulissi però se ne è fregato, è partito, ha chiuso il margine di pochi secondi, ha sfruttato la smania di rosa del lussemburghese e quella di vittoria del costaricano, si è lanciato ai 150 metri dall'arrivo, ha vinto. Un altro numero da campione. Il secondo in questa corsa rosa.
ARRIVO: 1. Ulissi; 2. Amador; 3. Jungels; 4. Nizzolo +13"; 5. Colbrelli; 6. Trentin; 7. Modolo; 8. Battaglin; 9. Wellens; 10. Valverde.
CLASSIFICA GENERALE: 1. Jungels; 2. Amador +24"; 3. Valverde +1'07"; 4. Kruijsijk; 5. Nibali +1'09"; 6. Majka +2'01"; 7. Zakarin + 2'25"; 8. Chaves +2'43"; 9. Brambilla +2'45"; 10. Ulissi +2'47".
M come MANUBRIO. Le gare di bicicletta senza manubrio ci sono sempre state. Già da bambini chi non si divertiva a fare un tratto di strada senza mani? La cosa diventò disciplina ufficiale nel 1931 in Messico. Qui infatti si svolse la prima gara: Città del Messico-Laredo, 500 chilometri. Tutti in bici senza manubrio. Oggi in queste gare il manubrio c'è ma se lo si tocca la cosa è segnalata alla giuria: dopo due volte sei squalificato. La gara più importante in Europa di questa disciplina è la Freccia vallone senza manubrio. Per non essere da meno, oggi l'organizzazione ha annunciato che il prossimo anno tre tappe del Giro si correranno senza manubrio.
M come MECCANICO. Più che uomini dalle dita coperte di grasso e ferite sono artisti del meccanismo ciclistico. In giro non c’è di meglio. Della bici conoscono tutti i pezzi, gli spessori, il montaggio, smontaggio, “lubrificaggio”, assemblaggio. Osservano, ascoltano e sanno indicare ciò che va o ciò che non va. Più che meccanici, santoni. Molto spesso acrobati. Perché la corsa è un turbine che non si arresta e se sopraggiunge un problema mentre il gruppo è lanciato ecco che il corridore si avvicina all’ammiraglia e si appoggia al tettuccio. Tocca a loro sporgersi verso la catena e il cambio e lavorare di precisione mentre l’asfalto a cinquanta centimetri dalla sua testa scorre a cinquanta chilometri all’ora. Charly Gaul, che di complimenti era parco disse ormai vecchio: “Senza i miei meccanici non avrei vinto tutto ciò che ho vinto. Anzi qualche gara l'ho strappata perché ho seguito i loro consigli. E questo non era scontato visto che ho sempre fatto di testa mia”. C’è chi meccanico è e resterà sempre, che fa andare al meglio la bici e non chiede altro alla vita, perché quella è la cosa più bella che può fare; c’è chi invece meccanico è, ma che poi si evolve in altro, perché è un turbine di idee e di sperimentazioni, perché la bici la vede come una costruzione di Lego, da smontare e rimontare, da guardare e reinventare. Nella categoria, la parte del genio l'ha interpretata Tullio Campagnolo. Vicentino com'era non poteva non avvicinarsi alla bici. Iniziò come corridore, si spostò ben presto dietro le quinte. Meccanico, un mister Wolf delle due ruote, uno che risolveva problemi, perché "pedalar xé duro e fadigar non piase a nisun. Mi so' sta' coridor, e so de cosa parlo". Nel 1933 Tullio presenta il primo cambio a leve, che prevedeva l'uso di due aste metalliche per cambiare rapporto senza dover togliere la ruota. Prima infatti per cambiare rapporto ci si doveva fermare, spostare la catena sul pignone giusto (ossia la ruota dentata che fa muovere il cerchione posteriore) e ripartire. L'idea è rivoluzionaria. Cambierà il ciclismo.