Karim Benzema in posa con la coppa dopo la vittoria della Champions League (foto LaPresse)

Caro Benzema, se non giochi gli Europei non è colpa del razzismo

Luca Gambardella
L'attaccante francese scatena un putiferio per non essere stato convocato in Nazionale per "pressioni razziali". Una storia di vittimismo razzial-manettaro, smentita dai fatti

Questi Europei di calcio in Francia sono così, tutti parlano e sparlano di chi non ci va o delle buone ragioni per cui è stato meglio non mandarcelo. Tutta una polemica su chi non gioca, chi non è convocato, chi rischia con maggiore probabilità di beccarsi il kamikaze di turno (è più a rischio lo stadio di Nizza, quello di Parigi, oppure quell'altro di Lens?). La polizia tedesca si è subito attivata per far presente che il Califfo ci sta pensando seriamente, a mettere una bombetta durante la competizione, e gli Stati Uniti ieri hanno allertato i concittadini: se andate in Francia a guardare gli Europei tenete gli occhi aperti, il rischio attentati è elevato. Insomma della competizione in queste settimane parlano più le polizie nazionali, le unità antiterrorismo e le cancellerie dei grandi paesi piuttosto che i quotidiani sportivi, che ripropongono allo sfinimento le gallerie fotografiche con "l'11 dei campioni che non vedrete giocare agli Europei".

 

Così che da giorni, in Francia, va molto forte un tema socialmente impegnativo ma legato a stretto giro agli Europei: l'attaccante francese Karim Benzema ha accusato il ct della nazionale, Didier Deschamps, di aver ceduto a pressioni razziste per non averlo convocato in nazionale alla competizione. Un dramma sportivo, quello di cui parla Karim, che ne racchiude tanti altri: la fatwa razzista contro il giocatore magrebino, il "no" secco del premier Manuel Valls alla convocazione dell'attaccante, il giustizialismo per la vicenda Valbuena. Mettiamoli in ordine. L'anno scorso il calciatore francese Mathieu Valbuena accusa Benzema di averlo ricattato con un filmato hard di cui il centrocampista del Lione era malauguratamente attore protagonista. "E' scandalo", titola la stampa di mezzo mondo, soprattutto perché entrambi sono titolari della Nazionale. E poi perché Benzema era "il-francoalgerino-che-ce-l'ha-fatta", quello che gioca al Real Madrid, insomma, e che incarna il riscatto della banlieu.

 


Didier Deschamps (foto LaPresse)


 

Ora, dopo mesi di silenzio e l'avvio del contenzioso legale con Valbuena, Benzema ha deciso di togliersi le sue soddisfazioni. Al quotidiano spagnolo Marca spara in serie che: "Deschamps non è razzista, ma penso che si sia piegato alle pressioni di una parte razzista della Francia"; “Dovete sapere che nel mio paese il partito estremista è arrivato al secondo turno nelle ultime elezioni, quindi non so se a decidere sia stato solo Didier"; "Dicono che la gente non mi vuole, ma è tutto falso e infatti ho più di 40 milioni di fans nel social network"; "Di sicuro ci sono state grandi pressioni, anche mediatiche, sono state scritte e dette tante falsità, poi c’è chi fa le indagini e onestamente non mi fido di loro". E insomma, in tre frasi c'è tutto ma forse, a ben guardare, anche poco. Perché se è vero che Benzema gioca in una delle squadre più forti del mondo, è pur vero che accusare di razzismo una Nazionale in cui la metà dei giocatori è di colore è come dire che l'Italia quest'anno può giocarsela con tutti. Manco a Raisport. E anche scomodare Marine Le Pen sembra fuori luogo. Non si capisce poi perché un attaccante del Real Madrid lamenti torti giustizialisti tali da non permettergli di giocare anche nella Nazionale francese.

 


Benzema e Valbuena in Nazionale (foto LaPresse)


 

Più probabile invece che il buon Karim stia rispolverando un bel po' di vittimismo in salsa razzial-manettara. Ascoltando il suo "j'accuse" sembra di rileggere le pagine di un saggio scritto qualche anno fa da Stéphane Beaud, un sociologo che aveva studiato la relazione tra calcio e società in Francia all'indomani delle debacle transalpina ai mondiali sudafricani (ricordate? fu la volta dell'ammutinamento dei Blues contro l'odiato ct Raymond Domenech). In Francia, i calciatori furono tutti bollati come "traditori de la patrie". Beaud scrisse, nudo e crudo: "Ma cosa vi aspettavate da loro? Sono pur sempre i figli delle banlieue e dell’immigrazione di massa". E ancora oggi è lo stesso. Basta guardare alcuni tra i convocati di Deschamps per gli Europei di quest'anno: Sagna, Mangala, Umtiti, Rami, Cabaye, Kanté, Matuidi, Pogba, Sissoko, giusto per citarne alcuni. Tutti figli dell'immigrazione di seconda o terza generazione, che rispetto a stelle del passato come Zidane, Thuram e Vieira si distinguono solo per la classe più annacquata. E insomma, gentile Karim, lascia perdere il Front National, gli Ingroia d'Oltralpe e la P2 con la baguette sottobraccio. E lascia in pace anche il povero Valls, che ultimamente ha tante altre gatte da pelare. Te lo vedi il premier francese che va dal ct e gli impone chi convocare e chi no? Mica è Berlusconi con Dino Zoff. Karim, quelle cose succedono solo in un paese, metti in Italia, dove c'è un premier, metti Renzi, che, ipotizziamo, si impunta. Ad esempio, sull'idea che Ventura è troppo vecchio e che il rinnovamento della Nazionale deve ripartire da Montella.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.