Il campione svizzero in semifinale a Wimbledon
Che cosa succede dopo il tennis? Federer ancora non vuole saperlo
Ha promesso a se stesso che il tennis non lo avrebbe fatto a pezzi. Ogni volta che scende in campo, sa di avere i minuti contati. Arriva spesso in ritardo sulle palline, come se una vita passata sui campi da tennis fosse servita a poco. Roger Federer in carriera, ha vinto 307 partite dello slam, tra cui 17 titoli.
"Adesso basta, Roger mio, basta, fermati”. Era il 2013 e Roger Federer, scivolato al settimo posto della classifica mondiale dei tennisti, era ormai un giocatore finito ma si ostinava a non volerlo ammettere. Quell’anno a Wimbledon perse al secondo turno contro Sergiy Stakhovsky, numero cento e qualcosa del ranking. In campo, ormai gli capitava di ridere di se stesso e dei colpi che non era più capace di fare. “Adesso basta, Roger mio, basta”, Gianni Clerici non ne poteva più di assistere a quelle umiliazioni. Quando le gambe ti si inchiodano all’erba e non riescono ad andare da nessuna parte, quando le palline degli avversari diventano macigni, sarebbe il caso di ringraziare i presenti e accomodarsi fuori dalla scena. Ma come si fa a decidere che è tutto finito, e finito per sempre? Dove lo si trova il coraggio? “Sta pensano al ritiro?”, chiesero a Federer un giorno di tre anni fa, lui rispose che ci aveva già pensato. “E cos’ha intenzione di fare?”. “Continuo a giocare”.
Tra il 1993 e il 2000 Pete Sampras ha vinto il torneo di Wimbledon per sette volte. Nel 2001 incontrò agli ottavi di finale un ragazzino svizzero che aveva dieci anni in meno di lui, Roger Federer era da poco diventato professionista. John Mc Enroe, commentando la partita, consigliò ai telespettatori di ricordarsi la data: quel 2 luglio stava per terminare un’èra, ne stava per cominciare un’altra. Sampras l’aveva intuito e ciondolava sull’erba del suo campo preferito mordendosi le labbra. Cosa stava succedendo? I suoi serve and volley all’improvviso erano diventati innocui. Lui si guardava intorno spaventato, non era ancora pronto ad abbandonare quel campo. L’anno dopo, il campione americano non ebbe nemmeno l’onore di giocare sul centrale, gli organizzatori, che si erano già dimenticati di tutti i suoi titoli, lo fecero giocare sul campo numero due, soprannominato “il cimitero dei campioni”. “Che cosa ci faccio ancora qui dentro?”, si chiese non appena entrò in campo. Perse al secondo turno contro George Bastl, il numero 145 del mondo. Sul match point del suo avversario, l’ex numero uno al mondo scaraventò un diritto sul telone di fondo campo. Non sapeva neanche più quello che stava facendo. “Devo accettare il fatto che sia finita”, disse subito dopo, in conferenza stampa. Non giocò mai più a Wimbledon, ma ci mise più di un anno a ufficializzare il suo ritiro, ad accettare il fatto di essere diventato definitivamente vecchio.
Pete Sampras, a 32 anni, era un tennista di cui parlare al passato. Roger Federer, intanto, aveva appena cominciato a vincere. Nel 2003 vinse il suo primo titolo a Wimbledon; da quel momento conquistò 65 vittorie consecutive sull’erba, tra cui sette volte a Londra, nella cattedrale del tennis. “Lei si rende conto di quello che riesce a fare dentro al campo?”, gli chiesero un giorno. “Si, a volte me ne stupisco anche io”. Tirava diritti che sembravano schiaffi eleganti, non sapeva nemmeno cosa significasse giocare in difesa. Quando veniva buttato fuori dal campo, Federer di solito rispondeva con un diritto vincente vicino alla riga, le palle break diventavano quasi sempre prime di servizio ai 200 all’ora. Sembrava che non avesse nessuna preoccupazione per il punteggio, la verità era che capace di giocare a tennis solo attaccando: Roddick, Safin, il giovane Nadal, i suoi avversari applaudivano, non potevano fare nient’altro.
E adesso? Sono passati dieci anni, Roger Federer sta per compierne 35. Superati i 30, il tennis comincia a diventare uno sport doloroso: le ginocchia, le gambe e 25 anni di servizi ai 200 all’ora sulle spalle. Andre Agassi passava notti insonni a maledire questo sport e la sua schiena che non sarebbe più guarita. Ogni anno che passa, i tennisti perdono qualcosa. A volte Federer, sui colpi angolati degli avversari, rimane immobile, non prova neanche a partire, sarebbe fatica sprecata. A maggio ha deciso di non partecipare al Roland Garros, era dal 1999 che non saltava una prova del Grande Slam. A Roma era sceso in campo giocando da fermo, aveva male alla schiena anche quando respirava. “Adesso basta, fermati, Roger mio”.
Ha promesso a se stesso che il tennis non lo avrebbe fatto a pezzi. Ogni volta che scende in campo, sa di avere i minuti contati. Arriva spesso in ritardo sulle palline, come se una vita passata sui campi da tennis fosse servita a poco. Roger Federer in carriera, ha vinto 307 partite dello slam, tra cui 17 titoli. L’ultima volta è successo nel 2012, a Wimbledon contro Andy Murray. Giocare a tennis lo diverte ancora, il risultato non gli interessa più. Deve accettare il fatto di non poter essere sempre il migliore. Durante i quarti di finale contro Marin Cilic, testa di serie numero nove del torneo, è andato sotto di due set. Avrà pensato veramente che a volte bisogna accettare di non essere il migliore, eccetera eccetera. C’è una frase sui campi nell’All England Lawn Tennis and Croquet Club di Londra, che invita i giocatori a trattare vittoria e sconfitta con lo stesso tipo di sorriso, come se si trattasse della stessa cosa. L’ha scritta un poeta e non un tennista. Federer avrà pensato anche a quello e alla sua schiena da vecchio. Per tre volte è andato a un solo punto dalla sconfitta.
Avrebbe ancora avuto la possibilità di giocare un quarto di finale a Wimbledon? E che cosa sarebbe successo dopo? Che cosa succede dopo il tennis? Come si fa a decidere che è finita, e finita per sempre? Quanto coraggio bisogna avere? Rogere Federer ci ha messo tre ore e 17 minuti per recuperare e vincere una partita già persa. A 35 anni tre ore dentro a un campo da tennis sono un’eternità. Nonostante il dolore, le lacrime dopo le sconfitte che gli impedivano di parlarne, e tutte le finali perse, nonostante Nadal e Djokovic, e la schiena che implora pietà, sul match point dell’avversario Roger Federer sperava che quella partita non finisse mai. “Vi prego, fatemi giocare ancora un po’”.
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