Borriello punisce tutte le sue ex, Paloschi non la butta più dentro
Facile dire: ha segnato l'ex. Con Marco Borriello si fa prima a dire in quali squadre non abbia giocato, in una vita calcistica cominciata ai primi passi del terzo millennio. Nelle prime quattro giornate di campionato ha incontrato il passato sotto forma di Genoa, Roma e Atalanta: un gol per tutte, con i bergamaschi gratificati di una doppietta. All'elenco mancano Milan, Sampdoria e Juventus (attenzione, la prossima avversaria). Se scendessimo di categoria, troveremmo Carpi, Triestina e Treviso e se andassimo in Inghilterra ci sarebbe il West Ham, sempre generoso con gli italiani e, dicono, già pentito di aver ingaggiato Zaza, l'ultimo della lista. Quest'anno, poi, Borriello ha completato un personalissimo giro d'Italia, dal nord al sud, passando per il centro. Gli mancavano le isole, ha risposto al corteggiamento del Cagliari, una squadra che il presidente Giulini – ancora scottato dalla retrocessione di un paio di stagioni fa – ha voluto costruire inserendo vecchi arnesi del pallone. Vecchi, ma tutt'altro che pensionati, come il neocampione d'Europa Bruno Alves in difesa, come Isla a centrocampo e come, per l'appunto, Borriello in attacco.
Un contatto nato e cresciuto nel pieno dell'estate, mentre il centravanti si divideva tra le vacanze a Ibiza e il rinnovato feeling con Belen Rodriguez, andato a rinnovare le fortune dei periodici gossipari. Vacanze di lavoro, comunque, le sue, visto che alle Baleari si teneva in forma per riprovarci in campionato, con tanto di allenamenti filmati e postati sull'immancabile social. Perché a Borriello si potranno anche fare mille osservazioni, ma non quella di aver preso il pallone maledettamente sul serio. Lui ha sempre sudato, guadagnandosi il favore delle tifose per il fisico e quello dei tifosi per la dedizione. L'ultimo esempio? A Carpi la passata stagione, quando a gennaio si è trovato fuori dai piani tecnici. E' stato l'unico, tra i molti partiti nella rivoluzione di mercato, capace di sollevare i rimpianti dell'ambiente quando ha salutato per trasferirsi all'Atalanta. E a 34 anni stanno cominciando ad apprezzarlo anche in Sardegna, dove ha ripagato l'ingaggio con quattro gol. Il suo amico Christian Vieri gli ha promesso di pagargli la prossima vacanza, se ne segnerà quindici. Continuando di questo passo, sarà tutt'altro che improbabile.
E a Bergamo, dopo aver pensato a un ritorno di Borriello in estate, hanno deciso di investire sul rientro di Alberto Paloschi. Il centravanti aveva scelto a gennaio, abbastanza a sorpresa, di lasciare il Chievo per trasferirsi in Premier. Ma non in Inghilterra, bensì a Swansea, nell'avamposto gallese dove comanda Guidolin. Un'esperienza fatta più di aspetti oscuri che di prove convincenti: quella che doveva essere un'avventura fino al 2019 si è trasformata in un veloce divorzio, veloce come il suo primo gol in serie A, segnato nel giorno del debutto al Siena, 18 secondi dopo essere entrato in campo. Era il 2008, aveva 18 anni e giocava nel Milan. L'allenatore era Ancelotti, che lo aveva definito un “predestinato”, con Pippo Inzaghi come modello. Predestinato per il tecnico, ma non per la società, che non aveva mai creduto fino in fondo in lui. Cosa che invece ha fatto quest'estate Gasperini, finito sulla panchina dell'Atalanta, dove ha voluto a tutti i costi l'attaccante. Un amore non corrisposto, finora. Zero gol in campionato e il rigore del possibile pareggio a Cagliari tirato come neanche in scapoli contro ammogliati: una palla così molle e centrale, che lo stesso Rafael (forse) si è vergognato di parare. “Il rigorista è Paloschi”, aveva sibilato la giornata precedente Gasperini, dopo l'incazzatura per il penalty calciato – e realizzato – da Kessie contro il Torino. Così è stato a Cagliari, e mal gliene incolse.