Calcio all'italiana e altri orrori
Swansea. Sembra ieri, come dicono gli anziani, quando dalle colonne dei vostri giornali si levavano grida di giubilo per la messe di allenatori italiani approdati sulle nostre sponde a insegnare calcio e dare un senso (per i frustrati) alla Premier League. Qualcuno addirittura si era azzardato a sostenere che fosse proprio la presenza di Conte, Guidolin, Mazzarri e naturalmente Ranieri a dare lustro al campionato inglese. Sono bastate poche giornate e molte mazzate per avere un quadro decisamente più fosco della vicenda. Guidolin ormai si aggira per i campi dello Swansea con la stessa faccia funerea che aveva dopo un esonero di Zamparini, si dice che Ryan Giggs dovrebbe sostituirlo e difficilmente qualche tifoso della squadra gallese lo rimpiangerà.
Antonio Conte è arrivato con la fama di mago, manager in grado di trasformare anche le capre in lottatori sul campo: adesso che ne ha perse due di fila – l’ultima nel derby contro l’Arsenal, 3-0 – Abramovich non l’ha presa benissimo, e Conte già si lamenta della squadra, “forte solo sulla carta”. Auguri. Certo Conte non ha il credito che a Leicester ha Claudio Ranieri, che potrebbe pisciare nel salotto di ogni tifoso delle Foxes restando idolo indiscusso per i prossimi cinquant’anni almeno. Ranieri però ha resuscitato persino il Manchester United di José Mourinho, che ultimamente perdeva anche in allenamento contro l’under 19, permettendo anche a Pogba di segnare il suo primo gol di quest’anno con i Red Devils. L’unico che non ha di che lamentarsi degli italiani è Mazzarri, ma solo perché in Inghilterra non è cominciato a piovere forte. Non sarà la pioggia invece a fermare la supponenza calcistica di Pep Guardiola, che è a punteggio pieno dopo sei giornate. Farà più rumore quando cadrà. Intanto non perda la concentrazione in Champions League, unica competizione in cui farò il tifo per lui.
Questa sera l’attaccante del Real Madrid Karim Benzema torna a casa a cena. Nella foto, la fidanzata Analica Chaves mentre pensa a cosa preparargli di buono
La notizia che il Pallone d’Oro ripassava dalle mani della Fifa a quelle di France Football, rivista che ha inventato il premio più brutto del mondo dopo il Telegatto, mi era sfuggita: perdonatemi se non noto immediatamente la differenza fra euroburocrati mangiatori a sbafo e giornalisti mangiarane. Non riesco a trovare consolazione nel fatto che al posto di Blatter e compagni rinchiusi in uno chalet dell’Engadina decideranno i vari Yousef Severgnin e Jean Riottà. Non so se questo significherà la fine dello strapotere Messi-Ronaldo, che sono i giocatori più incredibili che si siano mai visti in un campionato minore, ma di certo tutto questo è in linea con la rapida senescenza dei patinati istituti soprannazionali in favore della mai doma idea di nazione: il problema è, appunto, che si tratta della nazione sbagliata, e magari finisce che ancora un paio di doppiette contro qualche compagine della Provenza e ci troviamo con Balotelli candidato al premio, roba da superare l’immaginazione di Maurizio Milani. Il quale, sia detto per inciso, anni fa aveva candidato Pizzighettone a sede olimpionica, dimostrandosi più lungimirante di Virginia Raggi e pure di Malagò.
Noto anche che in questo universo a ruoli invertiti anche le wag si sono stancate di fare le wag, che pure come mestiere è più che degno e spesso pure ben retribuito, e quindi Ilary Blasi in Totti si lancia in giudizi polemici su Spalletti nel contesto di un’intervista alla Gazzetta che, non sarà sfuggito a nessuno, era una marchetta al Grande Fratello. Ilary, come si legge nel titolo, dice che l’allenatore della Roma è un “uomo piccolo”, che ha trattato male Francesco – nel senso di Totti, quell’altro lo trattano sempre bene – e le cose c’è modo e modo di farle, le scelte tecniche non si discutono, ci mancherebbe, epperò io l’ho fatta parlare e adesso lei fa parlare me. Non siamo ovviamente ai livelli inarrivabili di Wanda Nara, che riassume le virtù della pin-up e di Mino Raiola, ma la moglie che aggredisce a mezzo stampa chi commette ingiustizie verso il marito era da un po’ che mancava. Inarrivabile la lettura antropologica del caso: “Non l’ha saputo guidare in un percorso umano”.