Il tecnico dell'Atalanta, Gian Piero Gasperini (foto LaPresse)

Le storie maledette di Gasperini e Gabbiadini

Leo Lombardi
Il tecnico punisce regolarmente l'Inter, quasi una vendetta ciclica nei confronti di una società che non volle credere nelle sue qualità. L'attaccante del Napoli, invece, getta al vento la chance di diventare l'erede di Higuain

Ormai è un appuntamento fisso per Gian Piero Gasperini. Ogni volta che ospita l'Inter, regolarmente la manda a casa con le ossa rotte. Lui, poi, non dichiarerà mai ufficialmente quanto gli piaccia ma, nel calcio, conta di più il non detto rispetto alla posizione ufficiale. E il non detto del tecnico oggi all'Atalanta rimanda a quel (non) formidabile 2011, quando l'Inter è ancora di Massimo Moratti e il lutto per il divorzio da José Mourinho non è ancora stato elaborato. I nerazzurri si dibattono tra prestazioni poco convincenti e la ricerca di un erede degno dello Special One. Ci provano con Rafa Benitez, è un bagno di sangue. Non per i risultati, perché qualcosa pur arriva. Nulla a che vedere con il Triplete, ma una Supercoppa italiana e un Mondiale per club fanno bella figura in bacheca. A Moratti questo però non basta, ripensando a Mourinho e alla sua Inter versione macchina da guerra. La poca stima nei confronti dello spagnolo porta alla sostituzione con Leonardo, un affronto che la Milano rossonera non ha ancora metabolizzato ai nostri giorni. E in quell'estate 2011 ecco palesarsi Gasperini.

 

Un tecnico con un passato vincente nelle giovanili (alla Juventus) e con un solido curriculum in provincia (al Genoa). Molto per chi mastica calcio, non abbastanza per Moratti. Non solo, perché il presidente nerazzurro vive la scelta del nuovo tecnico come un'imposizione e non come una decisione propria. Non fa alcunché per nasconderlo, con una campagna acquisti ricca soltanto di rifiuti alle richieste giunte e con critiche continue alle scelte tattiche. Su tutte, l'insofferenza per la difesa a tre, marchio di fabbrica di Gasperini. I risultati, poi, non sono dalla parte dell'allenatore, sculacciato dal Milan in Supercoppa, umiliato a San Siro dal Trabzonspor in Champions e preso a schiaffi in campionato non solo dal Palermo, ma anche dal neopromosso Novara. E' la fine per Gasperini, sostituito da Claudio Ranieri ancor prima che finisca settembre. Un'esperienza che si conclude come nei peggiori (o migliori) divorzi: dispetti diffusi, parole offese e malcelato disprezzo reciproco. Ma è anche l'inizio per Gasperini che, dopo un anno in cui non trova di meglio che gettarsi tra le braccia di Maurizio Zamparini (dura poco a Palermo, nonostante una clausola anti-esonero nel contratto), torna nel porto sicuro del Genoa. Qui ricostruisce ogni anno una squadra che il presidente Enrico Preziosi gli disfa in estate nel momento di fare mercato, qui per tre campionati mette sotto l'Inter ogni volta che si presenta a Marassi. Un'abitudine che non perde neppure nel campionato attuale, ancora una volta con la rete decisiva arrivata negli ultimi minuti. Ci ha pensato Pinilla, realizzando un rigore provocato dall'improvvido Santon per la terza vittoria nelle ultime quattro partite di una squadra che, appena un mese fa, era già stata battezzata in crisi. Una serie che le ha messo l'Inter indietro di due punti in classifica e che permette a Gasperini di vedere (ancora una volta) un tecnico cuocere a fuoco lento in casa nerazzurra.

 


Manolo Gabbiadini (foto LaPresse)


 

E se Gasperini è puntuale nel saper cogliere le occasioni, altrettanto non si può dire per Manolo Gabbiadini. O meglio: si può dire che abbia disimparato. Perché, fino a poco tempo fa, l'attaccante era implacabile negli spazi di gioco che gli concedevano. Entrava e segnava. Decisivi o meno che fossero, erano sempre gol. Una virtù coltivata soprattutto all'ombra di Gonzalo Higuain, centravanti che cannibalizza i colleghi di reparto al punto da ritrovarsi sempre punta unica. Per questo, partito l'argentino in direzione Juventus, Gabbiadini si era convinto di avere finalmente la propria occasione a Napoli. Senonché ecco spuntare Arkadiusz Milik, un altro che ha dovuto imparare l'arte della convivenza. Nel suo caso in Nazionale, al fianco di Robert Lewandowski che, nella nazionale polacca, è il centravanti di riferimento, al punto che molti erroneamente pensavano di avere a che fare con un attaccante di complemento. Uno sbaglio commesso anche a Napoli, dove invece il nuovo arrivato si è rivelato formidabile punta centrale, con Gabbiadini nuovamente accantonato in panchina. Una panchina da cui ha potuto alzarsi quando il polacco si è rotto i legamenti in Nazionale. Un'occasione da non buttare via, come invece Gabbiadini ha regolarmente fatto. Prove deludenti fino all'atto di Crotone: un calcione di reazione a Ferrari, dopo un intervento particolarmente duro. Inevitabile il cartellino rosso, che toglie una prospettiva di campo a Gabbiadini e un problema di scelta a Maurizio Sarri.