La commedia del calcio
Manchester. Rifugio dei cazzoni d’ogni sorta, i social network sono diventati l’ultimo appiglio della pigrizia giornalistica. Non avendo niente di interessante o nuovo da raccontare, si va a rovistare nell’immondizia dei trending topic, sicuri di trovare qualcosa di ancora commestibile, sia pure una buccia di banana, o indossabile, chessò, una scarpa usata ma in discrete condizioni. Trovato il rifiuto in forma di tweet o status lo si ingigantisce, trasformandolo in caso con toni indignati, per poi smentirlo scuotendo la testa. E’ il caso di tre quarti delle puttanate lette in questi giorni sul terremoto (stigmatizzate da giornalisti che poi intervistano gli sfollati in pigiama con domande tipo: “Ha sentito la scossa?”), ed è la regola non scritta seguita dalle redazioni sportive quando il calcio non riesce a dare emozioni più grandi della riproposizione di luoghi comuni già visti. Siamo sinceri: in questo momento non c’è un campionato europeo che ecciti un po’, chi vince lo fa giocando male, e chi viene esaltato una domenica statisticamente ne prende tre quella dopo. Solo così si spiega lo spazio che ha avuto sui media la falsa notizia circolata ieri secondo la quale il giocatore del Lione Valbuena sarebbe morto. Io me ne sono accorto quando la notizia non era più tale, e per questo tutti ne parlavano. Istruttivo vedere le attente ricostruzioni della vicenda: “qualcuno” avrebbe twittato la notizia della falsa morte, “il web” lo avrebbe ripreso, siti di informazione compresi, fino a che il Lione stesso ha dovuto smentire. Non biasimo i colleghi annoiati, capisco che qualcosa bisogna pur scrivere, e anche i grandi classici sono alla corda: detto di De Boer che mette in campo l’Inter bene come parla l’italiano, di Conte che esalta e si esalta, della Juve che gioca male ma è forte, di Mourinho che ha speso tanti soldi ma sembra un Moyes più elegante, resta poco da dire. L’alternativa è buttarsi sull’alcol. O sull’algoritmo di Fabio Caressa, che però fa molto più male alla salute.
Ana Ivanovic, moglie di Bastian Schweinsteiger, è felice: dopo mesi di tribuna, il marito è di nuovo in gruppo nel Manchester United. Ana può così smettere di protestare legandosi davanti alla sede dei Red Devils.
Non c’è da stupirsi se, in un contesto del genere, ci si butta sul registro della farsa. A Napoli ormai si tira avanti soltanto con il folclore e qualche vecchia superstizione per coprire quell’implacabile mix di grottesco e ridicolo. L’idea che si sia parlato più di dieci minuti del fatto che Higuain ha segnato al 71esimo minuto, e che il 71 nella smorfia è il numero dell’ “omm’ ‘e merda” contiene il motivo per cui, in fondo, il calcio italiano sarà sempre una barzelletta. Non dico che dobbiamo parlare sempre della diagonale difensiva, ma neanche martellarci l’anima con la sagra paesana e i risentimenti per un presunto tradimento che in realtà, prendete appunti, si chiama trasferimento. Sforzandomi posso arrivare a capire l’astensione dall’esultanza come gesto di rispetto, ma forse se Higuain avesse realizzato istantaneamente a che minuto aveva segnato, e cosa significava questo per i suoi vecchi tifosi, avrebbe esultato come un pazzo: tanto era comunque un “omm’ ‘e merda”. Quando pensavo che la vacuità avesse raggiunto l’apice, è spuntato in rete il video di Maradona. Sigaro cubano, pantofola da postribolo altolocato, vestaglia da elettore di Trump, coungiuntivi a briglia sciolta, El Pibe de Oro ha ribadito che il Pipita non è fatto di vero oro, ma è appunto di oro di Napoli, un omm’ ‘e merda ricoperto da un sottile strato dorato. Lui, Maradona, dice che non ha mai tradito la maglia, l’onore, il popolo. Ma non solo. Il suo Napoli avrebbe dato quattro gol a questa “Giuve”, e non è chiaro se stia parlando del suo Napoli contro la Juve di oggi o contro quella di allora. Forse avrebbe segnato al 23esimo minuto, quello de “‘o scemo”. Guardo tutto questo teatrino popolare e trovo ottime ragioni per rivalutare Icardi.