I baffi di Buffon spiegati da Giovannino Guareschi
Era dall'inizio degli anni Ottanta, da Stefano Tacconi, che un portiere della Juventus non giocava con i mustacchi. L'importanza di averli secondo il papà di Don Camillo e Peppone
Il numero 1 sulle spalle, lo stemma della Juventus sul petto e i baffi in volto. Domenica a Torino sembrava di essere ritornati indietro di trent’anni. Gianluigi Buffon come Stefano Tacconi, estremo difensore bianconero per un decennio tra il 1983 e il 1992, ricordato ancora oggi per le uscite spericolate, un carattere eccentrico e la “quasi incapacità di essere una persona normale”, almeno a detta dell’ex centravanti della Signora Ian Rush.
Gigi Buffon riporta i baffi in porta ed è un amarcord di Albertosi, Higuita, Nuciari, Malgioglio, estremi difensori che dietro ai mustacchi hanno parato una carriera. Perché i baffi sono “la miglior scelta possibile”, almeno per Giovannino Guareschi. Lo scrittore non amava il calcio, per lui “il pallone era quello dell’oratorio”, niente più. Ma apprezzava i giocatori, le loro storie.
A Nino Nutrizio, giornalista e direttore per oltre un ventennio del quotidiano milanese La Notte, che da interista tesseva le lodi del proprio portiere Giuliano Sarti, rispose in una lettera: “Sarti che tu ritieni eccellente non mi entusiasma. Bravo lo è, ineccepibile molto spesso, ma pecca di poca umiltà. Vuoi mettere Gianni Baldisseri? Lui ha nella parata un vanto e in volto il meglio. Un portiere deve avere due baffi che lo identifichino. Due baffi servono a un portiere per parare e non esaltarsi. Può sempre dare il merito a loro per aver distratto gli avversari”.
Gianni Baldisseri in serie A fu poco più che un passaggio. Ma a Reggio Emilia, nella Reggiana, e poi al Riccione parò e bene. Raccontano di lui che fosse uomo simpatico e di buone letture. Raccontano di lui che i baffi li tenne solo una stagione, dopo aver perso una scommessa con Guareschi.