Meno 98 al Giro100: l'edizione del 1911 e quei maledetti duemila
Il Sestriere scalato per la prima volta nella storia e le ingiurie del Diavolo Rosso Giovanni Gerbi e di Lucien Petit-Breton. La corsa la vinse per la seconda volta Carlo Galetti
Quando alle 5,05 circa del 24 maggio del 1911 il Diavolo Rosso Giovanni Germi si avvicinò alla macchina della Giuria del Giro d'Italia aveva la faccia seria e perplessa. Chiamò Armando Cougnet, l'ideatore della corsa, che gli si parò davanti sotto un cappello di feltro e dietro una pipa Churchwarden, quelle con il bocchino lungo e sottile. Si era a Mondovì e la tappa che aspettava i corridori per portarli a Torino era lunga 303 chilometri. "Ma davvero si deve andar sino lassù?", chiese il corridore indicando le Alpi. La risposta fu nient'altro che un cenno di capo. Affermativo. "Ma si gela già, qui". Il giornalista della Gazzetta allora si tolse la pipa di bocca e trovò le parole: "Siete forse femminucce o veri uomini?", domandò. Gerbi allora girò la bici e se ne tornò in qruppo. Poi si fermò, si girò verso Cougnet e gridò: "Si gela già qui. Matti". Seguì un applauso da parte degli altri corridori.
Tra i ciclisti e l'arrivo c'era il Colle Sestriere, 2.035 metri sul livello del mare, per raggiungere i quali c'erano 39 chilometri d'ascesa continua; cosa che ai giorni nostri non spaventa nessuno, ma allora, su catafalchi in acciaio di 15 chili e senza cambio, rasentava il sadismo. E in più dai 970 metri di Villaretto, 30 chilometri dalla cima, la neve. La strada era un cumulo di fanghiglia mezza congelata per i primi, figurarsi per gli ultimi. E così Ezio Corlaita, bolognese portacolori della Senior-Polack, uomo da molti considerato inteligente, ma dal senno non sempre presente, pensò bene che il migliore dei modi per evitare la deriva fosse quella di picchiare come un ossesso sui pedali per far prima e scaldarsi un po'. Recuperò a uno a uno tutti i corridori che avevano tentato la fuga al mattino, portandosi dietro il Baslot Giovanni Rossignoli e a poca distanza l'uomo cronometro Carlo Galetti, vincitore del secondo Giro d'Italia. L'ultimo ad essere superato era il baffuto Lucien Petit-Breton, che piegato sul manubrio continuava a maledire la salita e gli organizzatori, imprecando contro gli italiani e le fatiche. "Vous êtes fou, vous êtes fou", era la litania del francese.
Ezio Corlaita scollinò primo il primo passo alpino che superava i duemila metri, ossia la soglia "tra la fatica e l'enorme fatica", almeno a dirla con Bruno Roghi. Petit-Breton arrabbiato nero con Cougnet però non si rassegnò al passaggio dei primi e si gettò giù per la discesa con "la cattiveria e l'ingordigia di una tromba d'aria". Recuperò i primi a cinquanta chilometri dall'arrivo e li battè in volata.
Gerbi arrivò al traguardo dopo un'ora e mezza. Per salutare Cougnet gli tirò una borraccia d'alluminio.
Vincitore: Carlo Galetti con 50 punti.
Secondo, Giovanni Rossignoli con 58 punti. Terzo Giovanni Gerbi con 84 punti.
Chilometri percorsi: 3.530