La rivincita di Giovanni Valetti: meno 74 al Giro100
L'edizione del 1939 la vinse il corridore piemontese che già l'anno prima aveva conquistato la maglia rosa. Quest'anno battè anche Bartali, che dodici mesi prima era stato fermato dal fascismo
Un Giro d’Italia l’aveva già conquistato l’anno prima. Non bastava però. Perché c’erano i se, e tanti. D’altra parte i migliori erano a casa a preparare l’assalto al Tour de France, soprattutto quel Gino Bartali che non stava simpatico ai gerarchi, che di lui si doveva parlare solo per le corse, perché fuori da esse era troppo cattolico per piacere a Mussolini. Quello che l’anno prima il Tour lo aveva vinto e se avesse corso il Giro sarebbe stata tutta un’altra storia.
Giovanni Valetti convisse un’estate, un autunno, un inverno e poi ancora una primavera con questi se. Quasi non bastasse la vittoria. Quasi non bastasse aver superato tutti gli altri, dominando quell’edizione del Giro. Se ci fosse stato Bartali però…
Fu un sollievo l’arrivo del 28 aprile, il via allo scoccare delle undici da piazza del Duomo. La conclusione di un sospeso, la possibilità di fugare il dubbio su quei se. La Milano-Sanremo l’aveva saltata per una caduta e Ginettaccio l’aveva vinta. Al Giro di Toscana era andato in crisi sul Passo del Sugame e Ginettaccio aveva vinto, precedendolo di nove minuti.
Bartali era il grande favorito e tutti erano già pronti a tessergli lodi e ricoprirlo di applausi. Tutti a dimostrare che se l’anno prima ci fosse stato Bartali… E quando prese la maglia rosa alla seconda tappa tutto sembrava già scritto. I due minuti che gli recuperò Valetti l’indomani furono un incidente di percorso, una foratura lo aveva fermato, la fortuna sarebbe presto svanita. I 28 secondi che perse a cronometro dal torinese salendo sul Terminillo la dimostrazione della sua forza. E così quando a Gorizia il tempo si fermò solo 2 minuti dopo a Valletti, che era cronoman eccellente, tutto sembrò pronto per il tripudio sulle Dolomiti. Sul Passo Rolle Bartali si involò, uno scatto dopo l’altro, i rivali staccati lungo la quindicesima tappa, Cortina d’Ampezzo-Trento, 256 chilometri. Arrivare a Trento però era lunga e qualcuno rientrò, senza però riuscirgli a tener testa nella volata sotto il traguardo. Otto minuti dopo arrivò Valetti e per tutti sembrò la resa.
Giùanin però era tipo tosto, coriaceo, che non mollava mai. E amava il freddo, preferiva il fango alla polvere. E così quando i primi fiocchi di neve iniziarono a scendere sul Passo del Tonale decise che quello era il momento per salutare tutti. Alla sua ruota rimasero appesi Ginettaccio e il compagno di squadra Olimpio Bizzi. Non ci fosse stato lui, Bizzi ad aiutarlo quando forò in salita, il toscano avrebbe preso il largo tra i venti centimetri di neve che coprivano il passo. Gli diede la ruota e lo raggiunse. Sull’Aprica riprovò lo scatto. Mise dieci, cento, mille metri tra lui e Bartali che ibernato e malconcio per una caduta provava a non perdergli la ruota. Valetti tagliò il traguardo primo e solitario e ci vollero oltre sei minuti per vedere arrivare Bartali. Quando si vestì di rosa capì che quel sospeso si era concluso. I se no. Se Bartali non si fosse congelato sull’Aprica… Lo scrissero il giorno dopo.
Vincitore: Giovanni Valetti in 88 ore, 2min;
secondo classificato: Gino Bartali a 2 minuti e 59 secondi; terzo classificato: Mario Vicini a 5 minuti e 7 secondi;
chilometri percorsi: 3.066.