Meglio ultimi. L'ultimo Giro d'Italia della maglia nera: meno 67 al Giro100
Nell'edizione del 1951 Giovanni Pinarello conquista l'ultimo posto della generale. Dopo di lui non ci saranno più allori per i perdenti. Finisce l'èra dei duelli che resero celebri personaggi come Luigi Malabrocca e Sante Carollo
Ci sono stati anni al Giro d’Italia nei quali l’ultimo posto era importante quanto il primo. Anni nei quali i nomi di Luigi Malabrocca e Sante Carollo erano famosi quanto quelli di Gino Bartali e Fausto Coppi. Gli anni a cavallo tra i Quaranta e i Cinquanta sono stati non solo l’epoca delle sfide tra i nostri campioni più importanti, ma anche quelli per la maglia maglia nera. L’arrivare ultimo nello sport, in qualsiasi sport, è infamia e sberleffo; nel ciclismo divenne vanto e gloria. E’ capovolgimento carnevalesco: premiare l’ultimo come riconoscimento alla perseveranza, alla condanna di pedalare più a lungo di tutti. Divenne esaltazione e ambizione.
E dire che le sue origini furono calcistiche. La maglia era quella del Casale, nera con stella bianca sul petto, quella portata al Giro da Giuseppe Ticozzelli, che di professione faceva il mediano, ma che sui pedali ci andava spesso e volentieri, più che per mestiere per passione. Era l'edizione del 1926 e Ticozzelli di ambizioni di vittoria non ne aveva nessuna. Alla fatica ininterrotta preferiva i pasti nelle osterie lungo il percorso. E dopo essere stato investito da una moto alla terza tappa, in osteria schiacciò pure un pisolino. Divenne un mito popolare. Divenne ispirazione per un premio ambitissimo. Vestire questa maglia infatti significava applausi, soprattutto premi: in palio c’erano salami, prosciutti, formaggi, generi alimentari, soprattutto soldi. E nell’Italia del secondo dopoguerra tutto ciò rappresentava un’attrazione.
Luigi Malabrocca era corridore di talento, uno che nei dilettanti vinceva spesso e volentieri, 113 corse in pochi anni. Passato professionista, visti Coppi e Bartali, e Magni e compagnia, capì di non poter mai competere per la vittoria finale del Giro. Capì che meglio ultimo, che in mezzo gruppo. Si trasformò così in uno specialista dell’arrivare in fondo. A ogni tappa, specialmente in quelle in salita, trovava stratagemmi per perdere: partiva in fuga e poi si nascondeva, in cascine, fienili, una volta addirittura in un pozzo vuoto. Quando il contadino proprietario del terreno lo scoprì e gli chiese cosa stesse facendo laggiù rispose: “Sto correndo il Giro d’Italia”. "Ah sì? E nel mio pozzo?". Lo cacciò forcone in mano. Si arrampicò su Rolle, Pordoi, Campolongo e Gardena, tutto il meglio delle Dolomiti, e arrivò ultimo: maglia nera. Era il 1946. La rivinse nel 1947. Quando non si schierò al via del Giro del 1948 in molti ne sentirono la mancanza. Dodici mesi dopo trovò Sante Carollo. E fu beffa. Carollo faceva il muratore di professione, in bici ci andava per diletto, forte sicuramente, ma pur sempre per diletto. Venne chiamato dalla Wilier all'ultimo minuto. Non si scrollò dall'ultima posizione. Malabrocca le provò tutte per scansarlo dalla coda, ma Carollo aveva oltre 2 ore di ritardo da Luisin e mancava una sola tappa. Nell’ultima tappa, la Torino-Monza, il colpo di genio: finge una foratura, entra in un’osteria, si finge interessato agli utensili da cucina e da lavoro, va a pescare con il padrone, si rimette in bici e si dirige verso l’arrivo. “Recupera” le due ore. Peccato che i cronometristi stanchi di aspettare gli avessero attribuito il tempo del gruppo.
La beffa di Malabrocca fu la conclusione della più incredibile battaglia per l'ultimo posto. Fu il punto più alto di una corsa alla lentezza che iniziava a stridere con le trasformazioni che stavano avvenendo in Italia. In un paese che scopriva l'industria e che iniziava a muoversi in automobile, che guardava al progresso e che stava per lasciare le campagne per le città, quella gara per la coda stava perdendo di interesse. E quando nel 1951 Giovanni Pinarello fu premiato sul podio di Milano con la maglia nera davanti a nemmeno una trentina di persone, perché tutte le altre centinaia se ne erano già andate a cercare gli autografi dei campioni, fu chiaro a molti che ormai a nessuno interessava più la sorte degli ultimi. Nani Pinerello fu ultimo in corsa e ultima maglia nera. L'anno successivo venne lasciato a casa all'ultimo minuto dalla sua squadra, la Bottecchia, con un biglietto di scuse e un assegno di 100 mila lire per il disturbo. Nani non protestò, se ne tornò a Catena di Villorba, pochi chilometri fuori Treviso, e lì aprì un’officina. Le bici d’allora se le sarebbe costruite.
Vincitore: Fiorenzo Magni in 121 ore, 11 minuti e 37 secondi;
secondo classificato: Rik Van Steenbergen a 1 minuto e 46 secondi; terzo classificato: Ferdy Kübler a 2 minuti e 36 secondi;
chilometri percorsi: 4.153.
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