Alan Van Heerden

Il vento d'Africa al Giro d'Italia spinge Alan Van Heerden: meno 39 al Giro100

Giovanni Battistuzzi

Il corridore della Peugeot è stato il primo africano a vincere una tappa nella corsa rosa. Era il 1979, l'anno del primo successo di Beppe Saronni

I velocisti si erano dati appuntamento a Pesaro. Doveva essere il loro giorno, il giorno di una sagra della velocità, quello buono per giocarsi la vittoria allo sprint. Era il 24 maggio 1979, era la settima tappa e sino ad allora per loro c’era stata una sola occasione di ribalta. Vincenzo Torriani aveva disegnato un percorso facile, senza grandi montagne, ma pieno di salite corte e rognose per permettere ai tifosi di godersi lo spettacolo tra i due grandi campioni italiani di allora e a Francesco Moser e Beppe Saronni di duellare sui percorsi più adatti alle loro caratteristiche. E così per tutti gli altri, per scalatori e velocisti, le occasioni erano quelle che erano.

I velocisti si erano dati appuntamento a Pesaro. La tappa era una risalita adriatica da Chieti alle Marche, con qualche salitella in mattinata e qualche strappetto nel finale. In mezzo una pedalata costiera, mare a destra, testa bassa e velocità elevata. 

 

Il sole era alto in cielo, la temperatura perfetta per correre. Poi arrivò il vento. Da sud, caldo, direttamente sulla schiena dei quindici avanguardisti che avevano lasciato il gruppo a godersi l’attesa di quello che sapevano tutti sarebbe stato: volata. La brezza aumentò, la velocità dei primi con essa, i dubbi del gruppo di conseguenza. Perché i primi continuavano a pedalare di forza e i secondi che li separavano dagli altri non tendevano a diminuire.

 

Il vento spirava e non s’arrestava un metro. Era un vento lontano, africano, di diecimila chilometri di distanza. Era un vento veloce, potente, che si materializzò in basette e capellino, in maglia bianca e bici argento, in un nome, Alan, e in un cognome Van Heerden.  

Alan Van Heerden veniva da Johannesburg, Sud Africa, e nessuno al Giro era mai venuto da così tanto lontano. Era sbarcato in Francia pochi mesi prima e Rober Naeye, il direttore sportivo della Peugeot, non l’avrebbe nemmeno voluto in squadra, ma Maurice De Muer, il manager, aveva insistito, l’aveva convinto del suo valore e soprattutto della volontà dello sponsor di espandere il proprio mercato in Africa. E così Naeye si era convinto a prenderlo, con la promessa di non schierarlo nei grandi giri, che il capitano era Bernard Thévenet e aveva bisogno di gente valida attorno. Il caso volle che però due corridori si ammalassero alla vigilia e il ragazzo di Johannesburg fosse l’unico abbastanza in forma per partecipare al Giro. Il caso volle che Thévenet in quel 1979 non avesse gamba e serviva inventarsi qualcosa giorno per giorno. Il caso volle che quel giorno verso Pesaro, il vento d’Africa si alzò e sospinse le ali di Alan Van Heerden sino a sotto al traguardo. Il caso volle che Alan Van Heerden fosse “The Idol” e che in Sud Africa avesse vinto tutto quello che c’era da vincere, che la bicicletta la sapesse guidare e bene e che su ogni terreno fosse a suo agio, compreso lo sprint.  

 

Vincitore: Giuseppe Saronni in  89 ore 29 minuti e 18 secondi; 
secondo classificato: Francesco Moser a 2 minuti e 9 secondi; terzo classificato: Bernt Johansson a 3 minuti e 13 secondi; 
chilometri percorsi: 3.301.