L'ultimo scatto di Marco Pantani: meno 14 al Giro100
Al Giro d'Italia del 2003, verso la Cascata del Toce il Pirata provò l'ultimo assolo della sua carriera. Gilberto Simoni lo riprese per vincere la terza tappa di un'edizione che già stava dominando
La Toce nasce sulle Alpi Lepontine, segna la Val Formazza in principio, poi la Val d’Ossola, prima di concedersi al Lago Maggiore. La Toce è fiume, almeno per 83 chilometri, è spettacolo almeno per 143 metri, quelle del salto lungo delle sue acque su rocce a gradoni, intermezzo acrobatico tra due scorrimenti veloci verso valle. La Toce è donna perché ninfa incastonata nel monte, rivelatrice di lamenti di amori traditi che ancora si possono sentire quando il sole tramonta e il vento soffia da nord. O così almeno narra la leggenda: la ninfa che aspetta il ritorno che mai avverrà del suo amato, che gronda lacrime giù dal costone roccioso scavato dal suo pianto, tramutatosi in cascata. La stessa che divenne contorno, palcoscenico finale, ma questo tutti lo compresero solo diversi mesi dopo, dell’ultimo scatto di Marco Pantani.
Era il Giro d’Italia del 2003, era il 30 maggio, era la diciannovesima tappa, la Canelli-Cascata del Toce, 239 chilometri. Mancavano quattro chilometri e ottocento metri alla vetta dell’ultima salita del Giro, l'unica di quel giorno. Le case di Formazza erano state superate quando il Pirata provò a gettarsi alle spalle quattro anni di troppi bui e poche luci, di pensieri che massacravano la testa, di orribili incubi e di desolazione personale, si alzò sui pedali e tentò di ritornare a essere l’arrembaggio di un tempo, lo scalatore divino che aveva fatto innamorare un paese intero. Uno scatto, la testa del gruppo ritrovata, il ritorno degli avversari. Un allungo dietro l'altro, l'idea di fare come un tempo, come in quegli anni nei quali la salita gli era alleata, creava il vuoto alle sue spalle, gli faceva da teatro. I rivali rientrarono capeggiati dalla Maglia Rosa di Simoni, da quella bianca e blu di Dario Frigo. Ancora un tentativo, questa volta secco, cattivo, sbagliato: la strada che spianava sanciva l'impossibilità di una fuga. Franco Pellizzotti fuggì, Simoni gli andò dietro, poi scattò, fece il vuoto, la sua Maglia Rosa avanti a tutti.
Simoni voleva la vittoria, nonostante gli otto minuti di vantaggio sul secondo. La voleva perché aveva fame, aveva voglia di essere primo, di far vedere a tutti la sua schiena rosa. Non gli era andata giù la squalifica del 2002, il fatto che il gruppo non avesse neppure provato a difenderlo. Non gli era andato giù che il giorno prima a Chianale lo avesse preceduto Dario Frigo e che il suo rivale, Stefano Garzelli, fosse stato rallentato da una caduta in discesa. I dubbi sul suo dominio, quel "ma se non ci fosse stata quella caduta", gli sembravano un insulto: sul Sampeyre Garzelli inseguiva, era staccato, per questo rischiò, cadde, perse cinque minuti.
Con il varesino finì sull'asfalto pure Pantani. Sullo Zoncolan la settimana prima aveva fatto vedere che la sua gamba era buona, sicuramente in miglioramento. Sul Sampeyre aveva subito il freddo, ma stava rientrando. Avrebbe voluto attaccare, ma la sorte ancora una volta si accanì contro di lui. Il diesse Amadori gli passò un asciugamano che era ancora seduto su di un masso a bordo strada. Pianse. Promise a tutti rivincita il giorno dopo. Fu Simoni a negargliela, a riprenderlo, a staccarlo. Sotto il traguardo aveva lo sguardo deluso, assente.
Quel Giro lo concluse in tredicesima posizione. Quella che portava alla Cascata del Toce fu la sua ultima salita, verso la cima il suo ultimo scatto. Pantani non corse più. Morì il 14 febbraio 2004, a Rimini, in circostanze ancora non chiarite. Come non chiaro è quel pensiero che continua a rimbalzare tra i tanti tifosi che ancora non si sono dimenticati di lui: chissà cosa sarebbe successo se sotto l’arrivo fosse arrivato primo il Pirata, se non ci fosse stato quell’inseguimento ossessivo.
Vincitore: Gilberto Simoni in 89 ore 32 minuti 9 secondi;
secondo classificato: Stefano Garzelli a 7 minuti e 6 secondi; terzo classificato: Yaroslav Popovych a 7 minuti e 11 secondi;
chilometri percorsi: 3.485.
Il Foglio sportivo - In corpore sano