Tom Dumoulin è un Frecciarossa. Si prende la Rosa lì dove Bartali perse la pazienza
Nella prima cronometro del Giro d'Italia il corridore olandese lascia tutti gli altri uomini di classifica a oltre due minuti. Bene Nibali, sesto, che ora ha una ventina di secondi di ritardo da Quintana
Quando nel 1961 Gino Bartali portò la squadra che dirigeva, la San Pellegrino, a Bevagna nella tenuta di campagna donata a un suo amico sacerdote, per una settimana di allenamenti e preghiere, molti dei suoi atleti sbuffarono e lo mandarono cordialmente a quel paese. Quando però si sedettero a tavola per la cena e versarono loro il bicchiere di vino rosso pattuito quasi tutti smisero di maledire Ginettaccio. "Bono 'sto vino, pare toscano". Il fratello dell'amico prete, che quel vino lo produceva e che era umbro e fiero di esserlo non la prese bene. "Toscano un corno, l'é Sagrantino e l'é umbro come lo sono io". Borbottò qualcos'altro prima di andarsene e prima di essere raggiunto da Romeo Venturelli. Due bottiglie per una bici, fu la proposta del corridore. Le bottiglie Meo se le portò subito in camera, la bici l'oste non la vide mai. Bartali scoprì il baratto e costrinse Venturelli a lavare i piatti per una settimana.
Bevagna allora erano cinquemila anime a metà strada tra Foligno e Montefalco e così è rimasta almeno sino a ieri. Perché oggi, per il passaggio della cronometro migliaia di spettatori si sono riversati a brodo strada: chilometro 9,8, primo intermedio. Prima occasione per rendersi conto, cronometro alla mano, quanto stesse volando sull'asfalto del Giro d'Italia Tom Dumoulin.
L'olandese nei 39,8 chilometri della prima prova a cronometro di questa edizione della Corsa rosa ha menato duro sui pedali, si è bevuto distanza e avversari come fosse Sagrantino, ribaltato la classifica. Lo ha fatto nel suo modo fatto di calzini a mezzo polpaccio, body coi colori della bandiera olandese, spalle strette e mobili e testa che barcolla quasi a cercare di farsi strada tra vento e fatica. Dumoulin oggi ha seguito un copione antico, novecentesco, uno che conosceva a memoria Miguel Indurain, colui al quale la nuova Maglia Rosa assomiglia quanto meno per caratteristiche. La capacità di mantenere un ritmo che nessun altro può reggere è la stessa, la classe no, ma in fin dei conti è la sostanza che conta. Miguel non si muoveva, pedalava e basta, era un monumento lanciato alla velocità di un Frecciarossa. Non era Anquetil, che poteva tenere una coppa di champagne in perfetto equilibrio sulla schiena senza perdere una goccia, ma era abbastanza perfetto per costituire il modello per tutti i cronoman moderni.
Dumoulin non ha mai potuto vedere Anquetil, Indurain invece lo ha potuto osservare e studiare, ne ha appreso il metodo e la cadenza, ne ha imitato la superiorità contro il tempo. Primo. E dietro un baratro di vuoto: 49 secondi a Geraint Thomas, 56 a Bob Jungels; 1'40" a Luis Leon Sanchez; e poi 2'07" a Vincenzo Nibali, 2'17" a Bauke Mollema, 2'42" Thibaut Pinot e 2'53" Nairo Quintana.
Abbastanza per fare la rivoluzione, per annullare l'esito del Blockhaus, per far capire a tutti che per il podio di Milano va tenuto in considerazione e staccato il prima e il più possibile.
Dietro l'olandese questa volta volante restano oltre due minuti di vantaggio sull'ammasso di inseguitori: un minuto e mezzo tra il secondo, Nairo Quintana, e il sesto, Bob Jungels. Minuti che sembrano tanti, che probabilmente lo sono, ma che potrebbero essere una rampa di lancio per l'unica missione da seguire: ribaltare il re.
Giro d'Italia fisso - la rubrica di Maurizio Milani
La tappa del Blockhaus vinta da Quintana è stata molto bella. Mi è piaciuta e oggi ho deciso di rivederla. Per questo non ho visto la cronometro. Preferisco guardare le tappe già fatte che so già il risultato.