Fraile a Bagno di Romagna onora Bartali con una fuga lunga un giorno
Lo spagnolo vince il tappone appenninico dedicata a Ginetaccio. Battuti Rui Costa, Rolland e Kangert allo sprint. Tom Dumoulin mantiene la Maglia Rosa
Gino che era il primo e poi gli è toccato essere il secondo, che era il solo e poi è diventato l’altro, che era il migliore e poi non più, ché gli anni passano e i migliori gli aveva passati a pedalare per sé e per altri, i reietti, quelli che andavano eliminati, una storia di Olocausto. Gino che era protagonista e mai diventò comprimario, nemmeno quando vinceva poco e l’altro, Fausto, invece conquistava tutto. Gino che era Bartali, che era l’Uomo d’acciaio, che cadeva, si rompeva, che volava, che attaccava e lo faceva sempre, che non mollava e non lo faceva mai, che “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare” e l’era sempre.
Ponte a Ema, quattro passi da Firenze, via dell’undicesima tappa, quella che porta a Bagni di Romagna, quella dell’Appennino duro, quella dedicata a Gino Bartali. E miglior modo non ci poteva essere che quello scelto dai corridori per ricordare Ginettaccio. Pronti via e scatti e controscatti, allunghi che diventano fughe, corridori che si sparpagliano per il percorso, che diventano avanguardisti e inseguitori, che si fanno avventure in testa e rincorsa in coda, quella per raggiungere gli uomini in testa, quella per scappare dal tempo massimo, il distacco che non può essere superato, altrimenti è addio alla corsa, ritorno a casa.
E' sul Passo della Consuma che il gruppo capisce che sarà una giornataccia, è nella discesa del Passo della Consuma che Tom Dumoulin capisce che difendere la sua Maglia Rosa sarà un inferno, perché i rivali sono gentaglia da attacco e per di più con squadre più forte della sua. L'olandese che martedì ha domato tutti a cronometro si ritrova solo in testa al gruppo mentre ventidue davanti se ne vanno e sono nomi importanti, gente che se lasciati andare è dura andarli a prendere. Tre luogotenenti di Quintana, Amador, Rojas e Herrada, e poi Visconti, Kangert, Cataldo, Rolland, Rui Costa, Landa, Fraile, Anton, Plaza gente da azzardo e non da governo, gente da avanscoperta e da battaglia.
E' sul Passo della Calla e sul Passo del Carnaio che Fraile e Landa tentano l'impossibile, la fuga infinita, avanguardisti davanti ad altri avanguardisti, coraggiosi tra i coraggiosi. E' sul Monte Fumaiolo che Landa molla stremato, che Fraile si sistema a ruota della fuga, che tira il fiato mentre gli altri cercano l'assolo senza riuscirci. E così ci riprova lui assieme a Pierre Rolland. Un duetto lungo una discesa, che diventa un terzetto sull'Incisa con il rientro di Rui Costa, un quartetto a due chilometri dal traguardo con quello di Tanel Kangert. L'ultimo chilometro arriva, chi è davanti spinge di meno, si osserva, chi è dietro continua a testa bassa, prova la rincorsa. I due gruppetti si avvicinano e così Rolland è costretto a lanciare lo sprint lungo, Rui Costa a chiudere il buco, Fraile a saltarli entrambi, allungare, vincere, alla grande, magari non alla Bartali, ma va bene uguale. Perché oggi è stata una tappa finalmente da ricordare, una tappa corsa al massimo, senza risparmiarsi.
CAPOLAVORO FRAILE
— Eurosport IT (@Eurosport_IT) 17 maggio 2017
Dalla fuga alla volata, il basco @TeamDiData vince l'11a tappa del Giro d'Italia#Giro100 #EurosportCICLISMO pic.twitter.com/rkuaT4ZAwX
Due minuti dietro la coppia di testa è Vincenzo Nibali a dare lo scossone giusto per testare le gambe dei rivali. Un allungo buono per guardarsi indietro e vedere chi è rimasto e a rimanere con lo Squalo sono in pochi, una dozzina, i più bravi, quelli che lì dovevano esserci a inizio Giro. Meno Steven Kruijswijk, quarto al Giro 2016, meno Geraint Thomas, ancora intento a curarsi le ferite del Blockhaus.
Giro d’Italia fisso – la rubrica di Maurizio Milani
La tappa di oggi è stata molto bella. Sono alle terme dell’arrivo. Non ho mai visto delle ragazze così belle in bicicletta in giro per il paese. Parlo di Firenze da dove sono partiti. Garzelli in questo momento sta facendo la tappa di domani. La sta facendo a piedi. Non so perché.
All’arrivo comunque ho sentito da uno storico locale che fino al 1920 il mal di balle sull’Appennino era considerato un hobby. Molti andavano per monti a cercare alcune erette che lo facevano venire. Poi scendevano in paese dal droghiere per comprare un unguento per far passare il mal di balle. Quello era la prova che lo avevano. Il droghiere metteva fuori dal negozio una lavagnetta con i nomi di cui aveva preso il prodotto. Alcuni venivano premiati, altri no.