Conferenza Stampa di Donnarumma e Di Biagio (foto LaPresse)

Io, mammeta e Raiola

Salvatore Merlo

Donnarumma e famiglia. La telenovela calcistica dell’estate è pura commedia all’Italiana

E già sarebbe bastato quell’incontro a Castellammare di Stabia tra il papà di Montella, cioè il padre dell’allenatore del Milan, e nonna Nunzia, la nonna materna del giovanissimo portiere Gigio Donnarumma, la pasta col sugo e quant’è bello ’o cafè, il dolce della domenica e i baci sulle guance – “ma diteglielo che è meglio restare al Milan” – per inquadrare la telenovela calcistica dell’estate nel cosmo al quale evidentemente appartiene, cioè quello della commedia all’italiana. Perché in questa vicenda di milioni di euro e di misteri, trattative oscure e depistaggi intorno al destino dorato del talentuoso portiere diciottenne del Milan, tra tweet che spariscono, smentite via Instagram, presunti hackeraggi e conflitti, tra i nomi altisonanti dei grandi club del calcio internazionale e i nuovi padroni cinesi della squadra che fu di Berlusconi, c’è un unico costante elemento che ci riporta quietamente a casa, a quel sud familistico e mostrificato dalla sociologia (e dal cinema): la famiglia.

  

E dunque il papà di Montella e nonna Nunzia, ma pure il cugino Vincenzo Donnarumma che fa da autista e accompagnatore, il cognato Carmine che scrive sui social (“Milan società di pagliacci”) ma poi cancella, il fratello maggiore Antonio che invece rilascia interviste ammiccanti, un colpo di qua e uno di là, il papà Alfonso e la mamma Maria che chiedono conforto e consiglio, piangono e si lamentano. E poi ancora il manager calabrese emigrato in Olanda, Mino Raiola, grosso grosso e tombolotto, uno che sembra uscito da una puntata dei Soprano’s, che tratta con il Milan e il Real, la Juve e il Paris Saint-Germain, gioca alle tre carte come Totò truffa, e ovviamente lavora pure lui con un suo cugino Vincenzo, detto Enzo, che non a caso è anche il titolo di un famoso film con Joe Pesci: “Mi risulta che tu e Lisa avete fatto una partita per 200 dollari che lei ha vinto… vorrei riscuotere…”.“E se io ti rompessi il culo?”. “Ah, una controfferta!”.

 

Gigio Donnarumma, che è portiere titolare da quando aveva sedici anni e da allora è considerato un fenomeno, non è ancora miliardario, ma sta per diventarlo. Così, in questo intreccio familiare e famelico, sperimenta la maledizione del talento, la disgrazia di essere troppo bravo e troppo giovane, cioè uno su cui tutti vogliono mangiare, di cui tutti vogliono nutrirsi, fosse anche soltanto delle briciole. L’unico infatti per il quale non cambierebbe nulla – che resti al Milan per cinque milioni di euro l’anno, che vada al Real Madrid per poco di più, o che si trasferisca al Manchester United tra due anni – è lui. Ricchissimo lui ci diventa comunque. E’ al contrario la vita degli altri che cambia, quella dei suoi parenti e quella del suo manager che riceve una percentuale in caso di cessione, lui che alcune settimane fa li ha portati tutti quanti da Castellammare a Montecarlo, materializzando così sotto gli occhi di ciascuno – mammeta, pateto, frateto, nonneta, soreta, zieta – il tesoro del pirata Flint: ori e ville con piscina, automobili di lusso e autisti… Ed è stato Flaiano (e chi, se no) a dire che l’Italia è il solo paese moderno nel quale la parola “famiglia” si fa moneta corrente. Cantava Modugno: “Mammeta, pateto, frateto, nonneta, soreta, zieta, ’o cane… Aaaaaaahh! Jatevenne, jatevenne!”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.