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Il futuro del calcio è nei big data. Che però non bastano per vincere

Francesco Caremani

A Trento il primo Hackathon del Calcio Italiano – Maratona di Innovazione della Figc. Due giorni che vogliono segnare l'inizio di una nuova epoca. Senza dimenticare Sacchi e il Mondiale del 1994

La rivoluzione scientifica dei big data applicati al calcio è alle porte. I prossimi 14 e 15 ottobre a Trento, infatti, si terrà il Primo Hackathon del Calcio Italiano – Maratona di Innovazione della Figc, ovvero una marathon of hackers di 48 ore per nerd, innovatori, esperti di tecnologie, scienziati dei dati, appassionati di calcio, ecc., che si cimenteranno su due temi, la match analysis e la comunità dei tesserati. I due progetti ritenuti più interessanti e, quindi, vincitori riceveranno 5.000 euro l’uno più 25.000 in servizi (30.000 per la sfida community) per processi d’incubazione e accelerazione, ma soprattutto inizieranno a collaborare con la federazione all’interno di una partnership che li porterà a sviluppare l’idea in concreto. Un evento internazionale che chiuderà le iscrizioni domenica 1 ottobre e che ha già registrato molti partecipanti, italiani, ma pure realtà interessanti da Edimburgo e Barcellona. Saranno partner dell’iniziativa, tra gli altri, Google, YouTube, Italia Startup, in rappresentanza di tutte le startup tricolori e del sistema italiano d’innovazione, EIT Digital, il MIT dell’Unione europea, Wylab, leader della match analysis con 10 milioni di fatturato del quale solo il 5 per cento in Italia, Trentino Sviluppo, tra i numeri uno dell’Itc, il Global Sports Innovation Center di Microsoft, fondato a Madrid con una donazione di 17 milioni di euro per sviluppare nuove tecnologie applicate al mondo dello sport, e l’università di Trento, territorio con la più alta densità di startup sulle società di capitali.

 

“L’idea è nata all’interno del pensatoio Figc, Kick Off, un’idea coraggiosa e all’avanguardia. Basti pensare che la Federazione Italiana Giuoco Calcio, la quale il prossimo anno celebrerà i 120 anni dalla fondazione, insieme con i 60 di Coverciano, organizza il secondo hackathon del calcio a livello mondiale, dopo quello del Manchester City (vinto dal team di un professore dell’università di Siena, ndr), ma il primo in assoluto di una federazione”, ha detto al Foglio Francesco Anesi, coordinatore istituzionale hackathon Figc. I big data applicati allo sport non sono una novità e nel calcio il match analyst è stato oramai codificato come una figura professionale (Antonio Gagliardi, guida il team della Nazionale), ma siamo ancora lontani dagli sport americani che hanno fatto delle statistiche prima (anche nel linguaggio giornalistico) e dei dati poi un verbo imprescindibile: “In generale questo approccio si applica bene a tutti gli sport con la palla” ha dichiarato Jennifer Lewis, Global Sponsorship Technology Lead di SAP, una delle piattaforme leader che sarà prestata (costa molto) a chi si cimenterà nell’hackathon di Trento, così come quelle di Wylab e OptaPro. “Mentre sport come il baseball si sviluppano per linee, il calcio lo fa per triangoli, con 22 giocatori in campo, questo ha reso molto più complesso profilarne e decodificarne i dati, ma oggi ci sono le competenze e le tecnologie per farlo”, ha sottolineato Anesi.

 

In Formula 1 la McLaren da quindici anni analizza i dati prodotti dalle sue monoposto per migliorarne le prestazioni, mentre la Nazionale di calcio tedesca si avvale della Sports One solution for soccer, collaborazione nata grazie all’università di Colonia che ha preso il nome di Team di Colonia, come antesignano dei big data al servizio di una squadra di calcio, squadra che ha vinto l’ultimo Mondiale. Si calcola che in una partita di tennis di 90 minuti si producano circa 2.160 dati “puliti” che l’allenatore può utilizzare in tempo reale per cambiare strategia o rafforzare il gioco del proprio atleta. “The beautiful game è pronto per aprirsi all’innovazione, sia dal punto di vista storico che strutturale, convinti che i big data potranno renderlo ancora più bello. C’è poi l’aspetto culturale. I dati non sono in contrapposizione con la tradizione, l’esperienza e le conoscenze degli allenatori, ma rappresentano un alleato, non esiste alcuna dicotomia”, ha aggiunto Francesco Anesi. Ci sono settori come la wearable technology (letteralmente, tecnologia indossabile, degli indumenti) o quello degli infortuni e, soprattutto, la loro prevenzione, dove i dati potranno dare contributi fondamentali. L’idea generale è che questi, nel calcio, saranno utilizzati soprattutto dai club minori, quelli che devono cercare di recuperare il gap economico e tecnico, puntando sulla tattica e lo studio approfondito dei big data propri e degli avversari.

 

Nell’attualità, invece, la Juventus ha ben 5 match analyst, il Milan 3 e Sarri a Napoli utilizza i droni per seguire l’allenamento dei propri giocatori, perché molto dipende e dipenderà dall’apertura mentale degli allenatori. Arrigo Sacchi già al Mondiale del ’94 aveva un collaboratore che dalla tribuna inseriva i dati in un computer per capire meglio cosa correggere tra il primo e il secondo tempo. Questo, però, non gli fece vincere la coppa del mondo. La stessa storia che ha ispirato il libro Moneyball, scritto da Michael Lewis (e l’omonimo film con protagonista Brad Pitt), non è una storia di successo, perché la squadra di baseball fece il record di vittorie nella regular season ma non vinse le World Series. Una cosa è certa, portare l’università e il sapere scientifico nel calcio oltre a essere interessante è auspicabile, se aiutasse, tra le altre cose, a far crescere il livello della discussione intorno a esso. Magari estendendo i big data agli arbitri e al loro operato. A Trento, guarda caso, a latere dell’hackathon, ci saranno incontri, dibattiti pubblici, e sarà presente anche l’ex arbitro Roberto Rossetti, responsabile del progetto VAR. Il programma è ancora in fieri, ma sarà una due giorni che segnerà l’inizio di una nuova epoca per il calcio italiano e internazionale, dove la bellezza del gioco si mescolerà con i big data, l’innovazione con la tradizione, l’idea nerd con la possibilità di un impiego vero, in un settore vergine che non vede ancora confini, se non i paletti della scienza.

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