L'algoritmo del gol: così la scienza ha innovato il calcio
A Trento va in scena il primo Hackaton italiano, dove tecnici e analisti hanno spiegato (e dimostrato) quanto lo studio dei numeri aiuti a vincere una partita di pallone
Un campo di allenamento laboratorio, con pedane rilevatrici di dati sotto il manto erboso e dodici telecamere che riprendono i giocatori, producendo in tempo reale una dashboard che lo staff e l’atleta consultano per gestire nel modo migliore il processo. Non è fantascienza, ma quanto realizzato dalla qatariota Aspire Academy sotto la supervisione di Valter Di Salvo, direttore del dipartimento Football Performance & Science della QFA (federazione calcio del Qatar) e responsabile dell’area Performance e Ricerca Club Italia (Figc): dalla preparazione alla fisiologia, dal controllo del peso del calciatore agli alimenti per farlo correre ad alto livello, dalla neurofisiologia alla biomeccanica. È una delle tante suggestioni che sono emerse nella due giorni di Trento, a margine del Primo Hackathon del Calcio Italiano, una marathon of hackers per nerd, innovatori, esperti di tecnologie, scienziati dei dati e appassionati di calcio, che si sono cimentati su due temi, la match analysis e la comunità dei tesserati.
Sfida che sul primo tema è stata vinta dagli OGM, gruppo formato da ingegneri, informatici e sport scientist (Gianni Barlacchi, Paulo Cintia, Marco De Nadai, Luca Pappalardo e Alessio Rossi) con il progetto Action mining, verso una genetica del calcio: “Ci siamo concentrati sugli spostamenti di una squadra, dai quali estrapolare, attraverso un algoritmo, delle sequenze, come nel dna. Generalmente i match analyst guardano video per ore, per capire punti di forza e debolezze degli avversari, fragilità e qualità proprie. Con queste sequenze lo faranno in pochi minuti, risparmiando tempo e dedicandosi così al resto del lavoro”, ha spiegato al Foglio Barlacchi. Una sequenza riconoscibile per ogni club, l’imprinting dell’allenatore e del suo staff decodificati da un algoritmo. L’argomento è stato discusso con la moderazione di Daniele Manusia, direttore responsabile della rivista di sport e cultura Ultimo Uomo, insieme con Luigi Di Biagio, tecnico dell’Italia Under 21, Milena Bertolini, ct della Nazionale femminile, e Antonio Gagliardi, responsabile match analyst della Figc, portando alla luce più scuole di pensiero.
Di Biagio ha sottolineato la capacità degli scienziati dei dati nel sapersi adattare all’allenatore, che oggi, rispetto al passato (ricordando che Zeman è stato il primo a utilizzare i numeri), non può fare a meno del loro sostegno. La Bertolini ha invece ricordato quanto il calcio femminile sia indietro su questi aspetti. “Nei paesi del nord Europa i match analyst sono soprattutto informatici, in quelli latini sono tecnici con patentino di base specializzati in video analisi e analisi dei dati”, ha ricordato Antonio Gagliardi, che si è addentrato nell’evoluzione del ruolo e delle tecnologie utilizzate. Introducendo l’Ipo, Indice di pericolosità offensiva, un parametro che tiene conto di una serie di eventi assegnando loro un peso diverso, per esempio un calcio di rigore avrà un punteggio più alto rispetto a un corner: “Il gol è un elemento statistico sopravvalutato”, ha detto Gagliardi. “L’Ipo ci permette di capire se stiamo facendo bene e se, mantenuto su certi standard, alla lunga porta alla vittoria”, gli ha fatto eco Di Biagio.
L’algoritmo è stato definito ‘scala Viscidi’, perché elaborato col supporto di Maurizio Viscidi, responsabile dello scouting Club Italia giovanili e vice coordinatore delle nazionali giovanili della Figc. Con questo si può stilare (è già stato fatto) una classifica per vedere quali squadre abbiano ottenuto più punti di quelli che meritavano. Meritare significa “essere degno di avere, di ottenere” e inserisce nel gioco del calcio un concetto particolarmente caro ad Arrigo Sacchi, sin dai tempi del Milan. La scienza è entrata nel football dalla porta principale, lato allenatore, e giustamente svilupperà un’evoluzione, probabilmente non solo degli allenamenti e della preparazione delle partite, ma del gioco stesso, cosa che in parte è già avvenuta. Ma ridimensionare il gol, che resta l’elemento determinante per stabilire l’esito di una partita, e inserire il tema del merito in un futuro indefinito potrebbe, per assurdo, portare all’assegnazione della vittoria ai punti come nella boxe, trasformando profondamente quello che è ancora uno sport a vincere.
In Germania sta spopolando la cosiddetta generazione dei laptop trainer, definizione, in senso dispregiativo, coniata dall’ex calciatore Mehmet Schöll: da David Wagner a Thomas Tuchel, da Roger Schmidt ad André Schubert, da Julian Nagelsmann a Martin Schmidt, a Christian Streich. Tra questi c’è chi ha studiato economica aziendale, scienze motorie, germanistica e ingegneria automobilistica. Tecnici senza un passato importante nel calcio, a volte senza esperienza, magnificamente raccontati in un documentario su Netflix. Nipoti di Sacchi e Mourinho, per certi versi, cioè allenatori che hanno segnato la storia del calcio mondiale pur non essendo stati grandi calciatori, ma grandi innovatori con idee, nel caso specifico, molto diverse. A Trento era presente pure Achim Ittner, director business development sports di SAP, la società che collabora da anni con la federazione tedesca di calcio, rivendicando la propria percentuale nei successi sportivi. Ittner ha sottolineato come quello dei dati sia un affare decisamente in crescita (guai dimenticare il lato economico), che prende sempre più campo e che potrebbe cambiare per sempre il modo di fare calcio, anche tra chi avrà possibilità di utilizzare certe tecnologie e chi no, e di raccontarlo: dati in tempo reale su squadra e giocatore e realtà virtuale. Il direttore generale della federcalcio, Michele Uva, ha annunciato che la prossima edizione sarà sul VAR.