Un'immagine della finale mondiale del campionato di League of Legends 2

Soldi e tv, ecco come i videogiochi sono diventati uno “sport” che fa gola a molti

Massimo Solani

L'idea di inserirli tra le discipline olimpiche fa sorridere molti, ma nel 2016 sono state 213 milioni le persone che hanno assistito ad un evento Esports per un giro d’affari da oltre 890 milioni di dollari

Se non sapete chi sono Kuro Takhasomi o Brendon Leigh, non avete mai sentito parlare di Dota2 o pensate che i videogiochi siano roba da nerd buona al massimo per il divano e una birra con gli amici quando fidanzate e mogli sono fuori, allora avrete creduto ad uno scherzo quando un mese fa il Comitato Olimpico Internazionale ha riconosciuto come attività sportiva gli Esports aprendo di fatto alla possibilità di vederli alle Olimpiadi. Fantascienza o peggio ancora “una barzelletta” come ha commentato il presidente del Coni Giovanni Malagò? Forse no, se è vero che già dai prossimi Giochi Asiatici che si svolgeranno in agosto in Indonesia gli Esports saranno presenti come disciplina dimostrativa mentre quattro anni più tardi, ad Hangzhou in Cina, saranno disciplina ufficiale da medaglia. A febbraio, invece, una tappa del circuito competitivo dell’Intel Extreme Masters farà tappa a Pyeongchang nel cartellone degli eventi di contorno alle Olimpiadi Invernali della Corea del Sud. Potenza di un movimento che cresce a ritmi impressionanti e in pochi anni è diventato una miniera d’oro attirando sponsor come poche altre discipline al mondo sono riuscite a fare.

 

Ma di cosa parliamo quando parliamo di Esports? Molto banalmente: di videogiochi giocati a livello competitivo fra persone fisiche presenti nello stesso luogo o collegate in rete. A farla da padrone sono i giochi di battaglia strategici, detti Moba, come “League of Legends” e “Dota 2” oppure “sparatutto” come “Counter Strike” o “Call of Duty” e simulazioni sportive come Fifa o Pes. Che non si tratti soltanto di gioco lo dicono i numeri: secondo quanto rivelato da SuperData Research nel 2016 sono state 213 milioni le persone che hanno assistito ad un evento Esports (nel 2015 erano 188 milioni, +13% in un solo anno, mentre nel 2020 potrebbero essere addirittura 500 milioni) per un giro d’affari da oltre 890 milioni di dollari che, si stima, raggiungerà il miliardo nel 2017. Sempre secondo SuperData Research l’85% dei giocatori sono uomini, e quasi la metà (46%) hanno una età compresa fra i 18 e i 25 anni. Sempre più numerosi, importanti e ricchi i tornei organizzati in giro per il mondo (l’Asia la fa da padrona), basti sapere che nell’agosto scorso solo il torneo International 7 di Dota 2 disputato a Seattle ha messo in palio un montepremi da 24,87 milioni di dollari, distribuiti tra 16 squadre e 80 giocatori. Ai cinque vincitori del team “Liquid”, fra loro la star Kuro Takhasomi, è andato il primo premio da 10,8 milioni. Per fare qualche raffronto, il Tour de France mette in palio 2 milioni di montepremi mentre gli Internazionali di tennis di Roma si fermano a 3,8 milioni. Tornei un tempo semiclandestini e seguiti per lo più on line, che invece egli ultimi anni stanno diventando veri e propri eventi: nel 2015 Riot Games ha organizzato le finali del campionato Nord Americano di “League of Legends” al Madison Square Garden, mentre l’anno prima le finali dei Worlds si erano disputate in Corea del Sud, a Seoul, nello stadio che aveva ospitato la finale dei Mondiali di calcio del 2002 vinti dal Brasile di Ronaldo. Nel 2015, invece, alcune fasi dei mondiali si sono disputate addirittura a Wembley, tempio del calcio e casa della nazionale inglese.

 

Messa così, forse, è arrivato il momento anche di mandare in soffitta lo stereotipo dell’appassionato di videogiochi nerd e un po’ sfigato. Chiedere conferma a Kuro Takhasomi, venticinquenne tedesco che secondo EsportsEarning.com nel 2017 ha vinto 2,39 milioni di dollari, quasi 3,5 milioni in soli cinque anni di attività. Venticinque, invece, i giocatori che in carriera hanno superato il milione di dollari di prize pool, senza contare i ricchi contratti di sponsorizzazione in un mondo in cui hanno già investito colossi del calibro di Telecom, Samsung, Red Bull, Coca Cola, Adidas, Nike, Under Armour e addirittura Youporn. Di certo, fra le star degli Esports avrà presto un posto importante Brendon Leigh, neomaggiorenne inglese che la scorsa settimana ad Abu Dhabi, in uno degli eventi di contorno dell’ultimo Gp stagionale di Formula 1, si è laureato campione del mondo del circus virtuale in una gara che è stata mandata in diretta in diversi paesi del mondo, compresa l’Italia dove le Esports Series Finals sono state trasmesse sul canale Sky dedicato alla F1. Oltre 63mila i concorrenti di tutto il mondo che avevano partecipato alle selezioni per guadagnarsi il gran finale di Abu Dhabi, 195 mila i tempi di gara postati sulla classifica ufficiale di f1esports.com; 2,3 milioni di minuti sull’account di Facebook, con oltre 1,3 milioni viste-video; 3,1 milioni su Instagram Stories, 1,5 milioni su Instagram impressions, 3,25 milioni di Twitter impressions. I finalisti arrivavano da 11 Paesi, con Germania, Gran Bretagna e Italia a farla da padrone con quattro rappresentanti. Il concorrente turco, invece, proveniva dalla scuola di Fernando Alonso che di recente ha ufficializzato l’intenzione di aprire un proprio team di F1 virtuale, mentre la Renault ha annunciato di voler selezionare i nuovi sviluppatori del simulatore con cui si allenano i piloti ufficiali proprio fra i finalisti delle Esport Series. La Mercedes, invece, è già pronta a creare un proprio team ufficiale. Una settimana prima dell’evento di Abu Dhabi il canale dedicato al motomondiale di Sky Italia aveva trasmesso in diretta da Valencia la prima finale di MotoGP Esport Championship vinta dall’italiano Lorenzo Daretti.

 

Del resto gli Esports fanno gola alle tv da tempo. ESL, una delle principali aziende organizzatrici di eventi sportivi elettronici, nel maggio dello scorso anno ha lanciato Esportstv il primo canale interamente dedicato mentre nelle stesse ore anche la tv di stato portoghese RPT ha inaugurato una sezione tematica dedicata alle competizioni videoludiche. Nel nostro paese è invece visibile dall’11 novembre per gli abbonati di Sky GINX Esports TV, la più grande televisione interamente dedicata al mondo degli sport elettronici che trasmette in 41 paesi e in ben 10 lingue diverse.

 

Perché gli Esports, sebbene in ritardo, iniziano ad essere un fenomeno importante anche nel nostro paese. L’Italia, infatti, è il quarto mercato per tasso di crescita sui 12 analizzati dallo studio di SuperData Reasearch e Paypal con un business che passerà dai 12 milioni di dollari del 2016, agli oltre 14 milioni. Cifre che riguardano un pubblico oggi quantificabile in 1,2 milioni di persone ma che secondo le stime in un anno dovrebbe arrivare a 1,4 milioni di utenti, sia online che dal vivo. Potenzialità che hanno iniziato a far drizzare le antenne a molti, prime fra tutte le società di calcio con Roma, Empoli, Sampdoria e Genoa che hanno già creato un proprio team ufficiale. E in un futuro prossimo, è il progetto, potrà anche partire un campionato di Serie A elettronico giocato in parallelo alle sfide sui campi di calcio, come già si fa in Francia dove la Ligue1 è affiancata dalla eLigue1. Intanto, per antipasto, lo scorso 8 settembre Sampdoria-Roma sarebbe stata giocata al Ferraris, prima della gara vera, dai rispettivi pro player a Fifa su Playstation con tanto di maxischermi e commento tecnico. Evento poi saltato a causa del maltempo che ha costretto a rinviare la partita.

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