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Non solo Messi e Cristiano Ronaldo. Ecco chi tenere d'occhio nel 2018

Beppe Di Corrado

Per storie, incroci e appuntamenti, il 2018 sarà un anno unico per il mondo del calcio. Breve guida

Chi, che cosa, quando, perché. Prima, senza pronostici. Adesso, alla fine dell’anno precedente, per parlare del successivo. Solo per capirlo con anticipo, per prepararsi alle storie e al loro compimento. Perché il 2018 sarà un anno complesso e pieno per il pallone. Ogni anno è così, certo. Però l’età di alcuni giocatori, gli incroci con le loro storie individuali e collettive, le conseguenze delle scelte fatte da calciatori e allenatori in estate o quelle fatte molto prima e non ancora ufficialmente dichiarate, gli appuntamenti certi come il Mondiale, le cose accadute negli ultimi mesi del 2017, fanno supporre che stiamo entrando in un anno uguale e diverso.

 

In questa lista non ci sono calciatori e allenatori italiani. Il 2018 è per l'Italia un anno con un solo obiettivo: trovare un leader vero

People to watch nel 2018. Ci sono i top, sì, sempre gli stessi, conseguenza del dominio unico della storia del calcio, di due calciatori per un periodo così lungo (oltre un decennio): i critici dicono che questo stia appiattendo il gioco, qui invece si pensa che aver vissuto da coevi l’epoca di Messi e Ronaldo (e Buffon per i portieri) sia il privilegio più grande che abbia avuto questa generazione, diciamo anche a due: un’èra con due giocatori così, non ha paragoni nel passato, neanche quando giocavano Maradona, Platini e Zico. Ci sono allenatori che non sorprenderanno per nome e curriculum, e ciò si lega al discorso precedente, perché non è colpa di nessuno, se non merito suo, se siamo contemporanei di un mister unico che si chiama Pep Guardiola. Ci sono i nostri, poi. C’è il calcio attraverso le storie di personaggi che nel 2018 vedono qualcosa di unico nel loro percorso.

 

Lionel Messi – O il mondiale o la vita

Ha già (quasi) vinto il suo nono campionato. Alla sosta del Liga ha già segnato 15 gol ed è primo nella classifica marcatori. Ha vissuto il 2017 all’ombra di Cristiano Ronaldo, seguendo l’alternanza del loro dualismo che mette uno alle spalle dell’altro nei successi e nei trofei personali con una scientificità che sembra uscita da un laboratorio di ricerca. S’è tolto dalle spalle il peso di avere in squadra Neymar, che non era un peso in sé, ma lui è l’unico che per età e talento potrebbe ereditare il decennio di Leo e Cr7: avercelo nella stessa squadra significa alimentare il paragone e l’attesa, perché il barcelonismo è una fede che pervade chi indossa quella maglia. Neymar nel Barcellona sarebbe stato molto più scomodo: nel Psg è un fenomeno del calcio globale e basta. Molto prosaicamente, invece, Messi ha anche firmato il contratto più ricco della storia del calcio. Eppure non è questo, che conta nel 2018. E neanche l’ipotesi di vincere la quinta Champions League. E’ semplicemente e ovviamente la cosa più scontata: il Mondiale in Russia.

 

 

L’Argentina s’è qualificata all’ultimo momento disponibile, ma Messi gioca la Coppa del Mondo per vincerla. Perché senza quella, dannazione, gli rinfacceranno sempre di non essere all’altezza di Maradona. Perché anche se non vuoi, quel paragone esiste. Vigliacco e perfido. A Messi serve perché a 31 anni è l’ultimo Mondiale fatto nel pieno delle forze. Tra quattro anni in Qatar potrebbe non essere più ciò che è oggi. A Messi serve perché sarebbe un peccato aver visto giocare il calciatore più forte degli ultimi trent’anni, se non di sempre, e sentire o leggere in ogni sua biografia che non è mai riuscito a vincere il Mondiale. E’ la dannazione eterna di Cruyff, che fu genio unico e irripetibile di questo sport, sempre a un passo dalla gloria in Nazionale.

 

Cristiano Ronaldo – Staccare Messi

Nel 2017 ha vinto ogni premio, come conseguenza del 2016, ovvero dell’anno più incredibile della sua incredibile carriera. Ronaldo è stato l’anno scorso e quello prima il massimo che il calcio contemporaneo possa esprimere ora. Nel dualismo reale e in quello mediaticamente comodo, lui è l’altra metà esatta: Leo il genio, lui l’atleta. Indipendentemente dal giudizio personale – ciascuno ne ha uno – CR7 è un giocatore incredibile, unico, straordinario. E’ il calciatore più influente nei risultati della propria squadra e ha la capacità di mantenere un livello talmente alto di preparazione fisica e tecnica che la sua influenza è costantemente positiva. Gioca bene sempre, segna sempre, fa giocare bene la squadra sempre. Un leader, un trascinatore, un capopopolo, uno che trasmette ai compagni, ai tifosi, al pubblico il seguente messaggio: datela a me e ci penso io. La vittoria dell’Europeo con il Portogallo, sempre restando nella sfida con Messi, vale più di un eventuale vittoria del Mondiale di Messi perché l’improbabilità dell’evento, al netto della sua presenza, è altissima. Cioè: anche se di fatto non ha giocato la finale, Cristiano è stato il motivo per cui il Portogallo ha vinto l’Europeo. Messo questo trofeo nel suo personale e un po’ kitsch museo, ha avuto un 2017 pazzesco: ha vinto la Champions, ha vinto la Liga, ha vinto il Mondiale per Club. E poi il quinto Pallone d’oro. L’obiettivo del 2018 è vincere il sesto, per staccare Messi, per essere il giocatore che ne ha vinti di più nella storia. Per farlo non può che vincere ancora la Champions e sperare che Messi non vinca il Mondiale.

 

 

Josep Guardiola – Battere se stesso

Il 2018 regalerà a Josep Guardiola la vittoria in un altro campionato: ha già vinto quello spagnolo, s’è già preso quello tedesco. Ora la Premier League inglese. Chiude l’anno 2017 con un record personale: 18 vittorie consecutive nel campionato inglese, ancora imbattuto dopo 20 turni. Vittoria alla prima giornata, pareggio alla seconda contro l’Everton e poi una serie costante, incredibile, quasi assurda di successi consecutivi. Tutti con un risultato diverso dall’1-0: è la seconda volta che il City con il catalano in panchina fa questo risultato in un anno e mezzo di gestione. La miglior partenza della storia dei cinque maggiori campionati, quest’anno. Nella top 4 delle squadre con la serie di successi di fila, per ben tre volte c’è una squadra del catalano: Bayern (19), City (18) e Barça (16). Con 15 punti di vantaggio in Premier, l’obiettivo del 2018 di Guardiola è appunto giocare con se stesso: vincere campionato (fatto), Coppa d’Inghilterra e Champions League per fare ciò che neanche lui, con la sua sconfinata autostima, pensava si potesse fare. E’ vero che a lui è successo a Barcellona, ma oggettivamente non è la stessa cosa: vincere la Premier non è come vincere la Liga e il suo City non vale il suo Barça. La spiegazione l’ha data lui in una recente conferenza stampa. Gli hanno chiesto se fosse il City la squadra favorita per vincere la Champions League. Guardiola ha risposto: “Chi ha in squadra Lionel Messi? Il Barcellona. Ecco, allora il Barcellona è la favorita per la vittoria finale della Champions”.

 

Neymar – Una vittoria tutta sua

Neymar è una star, ma non una figurina. E' migliorato, ed è andato a Parigi per vincere finalmente un trofeo tutto suo

Duecentoventidue milioni sono tanti, per molti troppi, ma sono la quotazione che il Barça stesso aveva fatto di Neymar. Rappresentano l’affare più costoso della storia del calcio, il che mette Neymar di fronte a una responsabilità. Che non è né morale, né politica. E’ semplicemente calcistica. E’ andato a Parigi perché un’offerta così non si poteva rifiutare. Non poteva farlo né lui, né il Barcellona che si è bizzarramente infuriato: strano trovare qualcuno disposto a darti i soldi che tu hai indicato come valore di un giocatore e poi dire che è una vergogna. La responsabilità di Neymar non riguarda la clausola, né i soldi che il suo affare ha generato. Ma la seconda ragione per cui ha scelto Parigi: vincere in una squadra che dipende da lui. A Barcellona sarebbe stato sempre uno dei campioni, nel Psg è il fenomeno. L’ha detto lui: “Vengo qui per far vincere una città che non ha mai vinto in Europa”. Non è romanticismo, è necessità. giustizia. Perché Neymar è una star, ma non è solo una star. Chi l’ha ritratto finora come una figurina perde di vista il campo. E’ migliorato, l’hanno fatto migliorare, ha aggiunto la funzionalità all’estetica: nella stagione d’oro della Champions 2015 ha segnato 9 gol in 11 partite e 5 di questi li ha fatti tra i quarti di finale contro il Paris Saint-Germain e la semifinale contro il Bayern Monaco. Ha cominciato seriamente a segnare gol decisivi. Come quelli nel 6-1 contro il Psg nella stagione passata. S’è allargato, lì a sinistra, perché convivere con Messi significa soprattutto fargli spazio. A Parigi ha cambiato ancora, perché è lui il centro del gioco e non un altro. C’è qualcosa di male in questo? C’è qualcosa di male nel voler essere il più forte di una squadra? In Champions il Psg ha fatto 15 punti e più gol di tutti, 25. Di questi 6 li ha fatti lui, record personale nella fase a gironi della Coppa. S’è trovato di fronte il Real Madrid agli ottavi, è il primo ostacolo che il 2018 gli mette sulla strada della sua gloria.

 

Philippe Coutinho – La definizione di campione

Il 2018 ci racconterà chi è davvero Philippe Coutinho: un talento mai sbocciato fino in fondo o un campione

Ormai sono molti anni che non stiamo parlando dell’acerbo, anagraficamente e tatticamente, giocatore dell’Inter di qualche anno fa. Parliamo del calciatore che ha tenuto in vita il Liverpool fino a oggi. Lo lascerà per andare al Barcellona, dove lo aspetta il bivio più importante della sua carriera. Il 2018 ci racconterà chi è questo ragazzo: un talento mai sbocciato fino in fondo o un campione. Barcellona è il posto più duro in cui dimostrarlo. A chi l’avesse visto con regolarità soltanto nell’esperienza italiana, sembrerà strano sentire le dichiarazioni di Brendan Rodgers, l’allenatore che l’ha fatto crescere più di tutti: “Coutinho è un ragazzo che ha sempre avuto le capacità, ma adesso è diventato più forte, più consapevole dal punto di vista tattico. Penso sia evidente da come orchestra il nostro gioco”. L’estate scorsa, Jurgen Klopp non ha voluto venderlo per alcun motivo, nonostante il Barça offrisse oltre 80 milioni di euro. Nella sessione di mercato di gennaio, invece, la cessione sarà inevitabile. La prova è arrivata con l’acquisto da parte del Liverpool di Van Dijk, che di mestiere fa il difensore, quindi non sostituirà Coutinho, ma il cui costo (85 milioni) si giustifica solo con una imminente cessione. E’ quindi molto probabile che il suo trasferimento in Spagna sarà il caso di mercato del 2018, o quantomeno della prima parte dell’anno. Il tema adesso è: dove giocherà Coutinho? Come si integrerà con Messi? Può fare molti ruoli e ha molte caratteristiche che si potrebbero adattare a fare la spalla di Lionel, ma il dubbio resta. Perché tutti quelli che sono arrivati, a un certo punto hanno fatto i conti con il messismo, più che con Messi. Qui c’è la scommessa: a Liverpool Coutinho faceva la star, a Barcellona farà il comprimario. A Liverpool non aveva chance di vincere, qui qualcosa la vincerà. E’ la scelta opposta a quella di Neymar. Affascinante allo stesso modo.

 

  

Radja Nainggolan – Un pezzo d’Italia nel mondo

Con Dybala e forse Icardi è il più importante calciatore del campionato italiano che giocherà il Mondiale. Tutto se il folle allenatore del Belgio non dovesse tornare a non convocarlo per qualche misteriosa ragione disciplinare. E’ un calciatore fantastico. E’ il simbolo di questo periodo: forza, tecnica, grinta, corsa, tocco, cervello. La Roma è la sua opportunità migliore: ci è arrivato nel 2013, oggi ne è un simbolo. La strada per una grande è stata lunga da percorrere: prima, in Italia, è passato da cinque anni a Piacenza e quattro a Cagliari. Nove, attendendo una chiamata o forse no. Anzi, no: “«”Potevo andare prima in una squadra di vertice, ne ho avuto l’opportunità. Ma ho pensato che non fosse quello il percorso, che ci fosse bisogno di aspettare. Volevo maturare a Cagliari, dove stavo benissimo, e ora posso dire di aver atteso il tempo giusto. Ci ho messo molto per arrivare in una grande e ora dico che non mi dispiacerebbe chiudere qui la mia carriera. Andare in una rivale sarebbe impossibile, all’estero difficile. Ma soprattutto non vedo, nei prossimi anni, una squadra migliore della Roma. Sono felice di esserci”. Lo diceva qualche anno fa, lo ripete ancora oggi. L’arrivo di Di Francesco sembra averlo penalizzato sotto porta. Segna un po’ meno rispetto all’anno scorso, ma è proprio questo che lo rende il giocatore più interessante del 2018: se troverà la sua dimensione anche facendo qualche gol in meno, avremo trovato il centrocampista più utile al mondo.

 

Christian Pulisic – Il fenomeno dell’altrove

Pulisic è il più forte calciatore della storia americana. Senza Mondiale né Champions, al Borussia può esplodere davvero

Se volevamo, e lo volevamo, un giocatore che potesse dire all’America di avere un probabile fenomeno, l’abbiamo trovato. Christian Pulisic ha 19 anni, gioca nel Borussia Dortmund ed è il nuovo eroe del calcio americano. Il primo, anzi. E’ il più giovane esordiente in una gara di qualificazioni mondiali e il più giovane marcatore assoluto nella storia della Nazionale Usa, il paragone forse già limitante con Landon Donovan e una letteratura infinita sui siti americani che parlano di soccer sono solo una conseguenza di questa supremazia nel gioco. Come ha scritto Alfonso Fasano: “Quello di Pulisic è un primato che alimenta suggestioni narrative. Un esempio: all’inizio di un videritratto di Vice Sports, un giornalista parla guardando in camera mentre passeggia intorno al Signal Iduna Park, e definisce Pulisic come ‘The next big thing of Us soccer’. E’ un titolo enorme eppure riduttivo, non basta a descrivere compiutamente l’impatto calcistico e persino culturale del fantasista nato ad Hershey, un luogo che sembra fatto apposta per la costruzione dei miti sportivi – Wilt Chamberlain, il 2 marzo 1961, ha stabilito all’Hershey Sports Arena il primato dei 100 punti in un match Nba. E’ molto più significativa la sequenza successiva del montaggio, un’intervista a un tifoso del Borussia Dortmund che scopre di non conoscere la nazionalità di Pulisic. Quando gli viene detto che è americano la sua espressione cambia, diventa incredula, quasi sconcertata”. L’assenza degli Usa dal Mondiale rende il suo 2018 speciale. Non avrà il limite di dover dimostrare di essere il numero uno di un movimento debole. Avrà l’opportunità di affermarsi come calciatore di club: fino a oggi tra Bundesliga e Coppe ha giocato 47 partite, a dicembre ha vinto il premio per il Best Gol in campionato, è stato inserito nella classifica dei 100 giocatori più importanti al mondo dal Guardian. Entra in un anno in cui l’assenza di pressione (il Borussia è uscito dalla Champions) può consentirne la crescita serena. E l’esplosione del suo talento.

 

 

Mister X – Un nuovo leader per l’Italia

In questa lista non ci sono calciatori italiani. Né allenatori. E’ una scelta, perché il 2018 è per l’Italia un anno che avrà un solo grande obiettivo: trovare un leader vero, un presidente federale che raccolga le ceneri della più grande delusione sportiva della storia italiana, che ponga le basi per la rinascita. A Milano, il 13 novembre 2017, non ha perso il calcio italiano: è stato il fallimento di un progetto tecnico e manageriale. Hanno perso le persone, in sostanza. Serve rinnovamento, trasformazione, servono idee, coraggio. Forse è il momento di un ex calciatore alla guida della Federazione. Un Boban, come auspicato da qualcuno: un ex grande calciatore che ha sviluppato capacità manageriali, che ha studiato, che ha un’idea, che conosce quello che accade all’estero, che non abbia paura dei club e che i club rispettano. Dobbiamo prendere coscienza che dopo il trionfo del 2006 siamo crollati: due eliminazioni alla fase a gironi dei Mondiali, e al prossimo non ci saremo nemmeno. Il fallimento di una gestione tecnica e manageriale non si chiude con le dimissioni del presidente e il licenziamento del ct. Il rinnovamento deve essere profondo, partendo da ciò che non eravamo e che invece siamo: lavoravamo male con le giovanili e bene con la Nazionale A, ora abbiamo invertito i risultati. Le giovanili non hanno mai avuto risultati ottimi come negli ultimi tre anni. I ragazzi ci sono, il calcio c’è, la gente anche. Nel 2018 sarà impossibile fare peggio del 2017. Non è una consolazione, è un punto di partenza.

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