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Noi interisti, che soffriamo le torture cinesi e il loro braccino corto
Lisandro Lopez e Rafinha non salveranno di certo le sorti dei nerazzurri. Acciaccati, non vedono il campo da mesi
Don Lisander che torna a Milano è una notizia che galvanizza, l’avrete letto in giro. Solo che galvanizza, al massimo, qualche ottuagenario dell’Accademia della Crusca. All’accademia dei Fratelli Bauscia, scende il latte ai menischi. Lisandro Lopez – forse il fratello di Carneade Lopez, per restare in ambito manzoniano – è uno che vale 500 mila di prestito, e se poi non lo riscatta nessuno resterà sul nastro dell’aeroporto, pacco non reclamato. Non gioca da quattro mesi al Benfica: mica al Real. La pausa ci ripiega come salici piangenti sul mercato, e c’è da notare questo: mentre la Pocoamata di Torino si porterà a casa Ozil gratis, la Beneamata tratta, con l’ausiliare della sòla Ausilio, per farsi dare Rafinha (“il figlio di Mazinho”, sembra uno spaghetti western) dal Barça. Solo che Rafinha è rotto, non gioca da mesi e quelli vogliono lo stesso 20 testoni. Non chiedetemi dov’è il genio: scopritelo voi. Il genio è che i nostri Mandarini di Nanchino – che oggi non hanno un renminbi da spendere – buttarono, in combutta con “il maggiordomo filippino”, più di 80 milioni per due siderali bidoni come Joao Mario e Gabigol. Mentre la Lazio, per dire, con venti ha preso De Vrij, Luis Alberto, Milinkovic-Savicć e pure Immobile, che Icardi non è ma vale sei-sette Eder. Affaroni che adesso i cinesoni non riescono a vendere, manco all’outlet. Manco Epic Brozo, che pure è il meno malinconico. E insomma, noi soffriamo le torture cinesi e il loro braccino corto, che ha tra le cause la politica pechinese, ma anche una certa loro furbizia non proprio levantina. L’unica consolazione è che i cinesi dei Cacciaviti (sponda sbagliata del Naviglio) stanno messi anche peggio: loro di milioni ne hanno spesi cento, e l’unico acquisto buono finora è stato Francesco Greco.
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