Una montagna in mezzo al campo: il calcio secondo Milinkovic-Savic

Leo Lombardi

Il calciatore della Lazio è il prototipo del centrocampista moderno, una versione bianca di Paul Pogba. Domenica ha segnato la sua seconda doppietta in Italia

Noi abbiamo cacciato Gian Piero Ventura perché, dopo sessant'anni, per la seconda volta l'Italia non si è qualificata alla fase finale di un Mondiale. In Serbia, invece, hanno licenziato Slavoljub Muslin non appena ha staccato il biglietto per Russia 2018. Può apparire un controsenso, ma da quelle parti prendono sul serio i programmi. Tra le varie direttive della Federcalcio c'era anche quella di puntare sui giovani, indicazione che il ct puntualmente svicolava. E lo faceva ignorando per primo Sergej Milinkovic-Savic: “Un buon giocatore – sosteneva –, ma deve soddisfare determinante condizioni per comparire nella mia squadra”.

 

Quali fossero queste condizioni, Muslin non lo dava a sapere, salvo rifugiarsi in fumosi discorsi legati all'interesse personale dell'agente del centrocampista. Ma l'incomunicabilità, evidentemente, deve essere una delle condizioni necessarie per trasformarsi in ct perdenti. Condizione su cui ha sorvolato il successore di Muslin, ovvero Mladen Krstajic, che ha immediatamente convocato quello che si può definire uno dei talenti su cui puntare già nell'immediato, senza porre traguardi in un indefinito futuro anteriore, come faceva l'incompreso Muslin. Perché Milinkovic-Savic sta dimostrando quanto sia stata giusta l'intuizione della Lazio che, nel 2015, investe 10 milioni per acquistarlo dal Genk. Il serbo ha vent'anni, ha appena vinto il Mondiale di categoria dove è stato premiato come terzo miglior giocatore del torneo. Sembra destinato alla Fiorentina, che lo fa arrivare in città convinta che la firma ormai sia solo una formalità, ma il pressing biancoceleste fa saltare tutto.

 

Alcuni l'avevano presa per un'infatuazione del ds Igli Tare, oggi si capisce come potrebbe trasformarsi in una plusvalenza da urlo per le casse di Claudio Lotito. Perché Milinkovic-Savic è il prototipo del centrocampista moderno, una versione bianca di Paul Pogba, tanto per intenderci. Ha un gran fisico, grazie anche alla madre Milana, che fu giocatrice professionista di basket: 191 centimetri di altezza, superati dai 202 del fratello minore Vanja, entrato nel gruppo dei portieri del Torino. Un fisico che Milinkovic-Savic fa sentire sul campo, in ogni situazione di gioco, nella propria area come in quella avversaria. Può muoversi da incontrista come da interno di centrocampo, sa chiudere come costruire, lo puoi piazzare dietro le punte oppure trasformarlo in attaccante. L'ultimo esempio contro il Chievo: Ciro Immobile si fa male dopo una mezz'ora, Simone Inzaghi prende il serbo e lo fa girare come “falso nueve”. Risultato? Una doppietta (la seconda in campionato), impreziosita da una seconda rete con una deviazione al volo tanto difficile quanto venuta naturalmente, viste le capacità tecniche a disposizione.

 

 

Capacità che stanno emergendo oggi in tutto il loro potenziale, dopo i primi chiari segnali della passata stagione. In estate la Lazio ha resistito al richiamo del mercato (leggi alla voce: Juventus), convinta di avere tra le mani un possibile crack. Ha avuto ragione e oggi Milinkovic-Savic si propone come uno dei protagonisti certi del campionato italiano e come uno dei protagonisti probabili del Mondiale russo. Quello che Muslin seguirà davanti alla televisione.

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