Bernardeschi si è preso la Juve (sulle orme di Buffon)
Il numero 33 bianconero, carrarino come il portiere, in estate è passato dalla Fiorentina alla Juventus. Allegri ha utilizzato con lui il “metodo Dybala”. Venerdì sera ha segnato un gol pesantissimo contro la sua ex squadra. E ha esultato
Occorre essere grati a Federico Bernardeschi. Segna contro la Fiorentina, a Firenze, e che cosa fa? Esulta. Finalmente, ci sarebbe da dire, abituati a giocatori che abbassano lo sguardo, a volte chiedendo addirittura scusa, dopo aver punito una propria ex squadra. Un tempo aveva (forse) un senso: uno cresceva e/o andava in un club, ci restava una vita e non se la sentiva di alzare la braccia al cielo dopo un gol al primo incrocio contro i compagni di una volta. Nel calcio di oggi, in cui le maglie mutano come i convincimenti politici di Di Maio, sarebbe impossibile mantenere tale atteggiamento, visti i cambi di direzione a ogni mercato e le tante squadre frequentate da moltissimi calciatori. Eppure accade: i compagni accorrono e chi ha segnato sta lì, con il muso lungo, che diventa lunghissimo se accade nello stadio altrui.
Bernardeschi invece no. Dopo la punizione che ha aperto la partita, complici Sportiello tra i pali e il piazzamento della barriera viola, ha gioito come si deve, buttandosi alle spalle quindici anni di carriera alla Fiorentina, tra settore giovanile e prima squadra. Un gesto che ha fatto arrabbiare ancor più un pubblico che lo contestava. Tutta colpa del trasferimento in estate alla Juventus, e non soltanto per il passaggio diretto dalla casacca viola a quella bianconera. Quello che ha dato maggiormente fastidio è stata la tenacia con cui Bernardeschi ha voluto la nuova squadra. Altro che Roberto Baggio, che subì una cessione per cui Firenze si infiammò nel 1990. Ma l'esultanza al Franchi non c'entrava nulla con le polemiche estive, alimentate soprattutto sui social. L'attaccante lo ha spiegato bene, a uso e consumo di chi lo fischiava e dei colleghi che non festeggiano: “La riconoscenza verso la Fiorentina non mancherà mai, però un giocatore fa delle scelte e le deve portare avanti. E ho esultato per rispetto dei miei tifosi”.
Le scelte, per l'appunto. Bernardeschi, in estate, ha dovuto fare quelle decisive per il futuro, dopo due stagioni da titolare in viola. E lui non ha esitato di fronte alla chiamata della Juventus, consapevole che avrebbe dovuto conquistare passo dopo passo gli stessi spazi, nonostante fosse già nel giro dell'Italia. Come sta avvenendo. In bianconero Massimiliano Allegri ha adoperato il metodo messo in atto con successo con Paulo Dybala e Alex Sandro. Un'alzata di spalle a tutti quelli che lo criticavano di non buttare subito in campo i nuovi talenti e minutaggio ragionato. Una situazione che Bernardeschi ha accettato di buon grado (“Cerco di dare sempre il massimo nello spazio che mi viene concesso”) e che sta dando i suoi frutti: appena sei partite da titolare ma, in tempi recenti, due gol da definire “pesanti”, come quello nel faticato successo di Cagliari e quello di Firenze.
Un presente in cui crescere e un futuro da grande, quello che la Juventus sta apparecchiando per Bernardeschi, pronta a trovare un leader in un altro carrarino, dopo Gigi Buffon. Un futuro che si legge anche attraverso le maglie. A Firenze l'attaccante aveva la numero 10, cifre che non possono lasciare mai indifferenti in qualunque epoca e a qualunque latitudine. A Torino era già occupata e lui ha scelto la numero 33 “perché sono molto religioso”. Una fede che sul campo è però destinata a rimanere racchiusa nell'esperienza veterotestamentaria: perché va bene tutto, ma porgere l'altra guancia proprio no…
Il Foglio sportivo