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Perché il Manchester United ha deciso solo ora di sbarcare su YouTube

Giovanni Battistuzzi

I Red Devils erano l'unica grande squadra al mondo a non avere una pagina ufficiale sulla piattaforma. I motivi (non solo economici) della svolta

C’è stato un tempo, oltre un secolo fa (1878), in cui un manipolo di lavoratori della Lancashire and Yorkshire Railway (la Ferrovia del Lancashire e Yorkshire) decisero che era tempo di giocare a calcio e farlo seriamente: fondarono il Newton Heath Football Club e portarono il football a Manchester. Bravi calciatori, ma poco accorti nella gestione delle finanze. Nel 1902 la squadra fallì per risorgere. Stessi uomini, altri soci, un nome nuovo Manchester United Football Club, come nuovi furono i colori: dal giallo e verde al rosso, quasi un monito per ricordare i debiti mai saldati. Divenne, nel corso dei decenni, il club più seguito al mondo.

 

C’è stato un tempo, tredici anni fa compiuti il 14 febbraio, in cui tre smanettoni poco più che ragazzi, Chad Hurley, Jawed Karim e Steve Chen, con un passato a PayPal e un bel po’ di capacità di programmazione, si inventarono una piattaforma per la condivisione dei video su internet: la chiamarono YouTube. Divenne, nel corso degli anni, uno dei siti più cliccati al mondo.

 

In questi anni YouTube e Manchester United non si sono mai incontrati, almeno ufficialmente, perché in questi anni i Red Devils, nonostante i loro 354 milioni di supporter in tutto il globo, hanno deciso che un canale ufficiale sulla piattaforma non s’aveva da fare, non serviva, bastava la tv privata e la presenza sugli altri social network. Eppure, nonostante questo, “sorprendentemente, anche senza un canale ufficiale, l’insieme dei video sul Manchester United, lo rendono il club calcistico più visto al mondo su YouTube”, ha dichiarato Tomos Grace, responsabile dello sport di YouTube per Europa, Medio Oriente e Africa.

 

Con anni di ritardo rispetto a tutte le società più importanti del panorama calcistico mondiale, ora anche lo United approda su YouTube. Perché 676,3 milioni di euro di fatturato l’anno (secondo il Deloitte Football Money League 2018), sono tanti, ma i 689 della stagione precedenti erano di più, e dietro sia Real Madrid che Barcellona, stanno crescendo a ritmi più veloci. E così tanto vale provare ad allargare il circolo degli appassionati anche lì dove non si pensava, anche lì dove, come aveva nel 2015 detto il presidente Avram Grazier, “non c’è modo di guadagnare seriamente, il calcio ha bisogno di investimenti e questi si hanno con sponsor e business plan, non con qualche video in più”.

 


L'homepage della pagina ufficiale del Manchester United su YouTube


 

Sarà che i cugini del City si bullano sui social di aver raggiunto 1,1 milioni di follower su YouTube e quindi di essere la squadra della Premier League più vista nel Regno Unito; sarà che la platea delle pay tv è stabile e non sembra poter crescere ulteriormente, tanto che il pacchetto per la trasmissione delle partite è stato venduto al 14 per cento in meno rispetto a tre anni fa; sarà che l’unico mercato in crescita è quello asiatico ed è mercato che preferisce il web alla televisione; ma con 1,3 miliardi di utenti e un fatturato che nel 2019 dovrebbe salire a 10,5 miliardi di dollari (secondo le ultime stime), YouTube ha molti argomenti a proprio favore e starne fuori, alla lunga, potrebbe essere un clamoroso autogol. Un problema serio in un calcio, come quello moderno, che è fatto soprattutto di operazioni commerciali a cifre astronomiche.

 

  

Secondo quanto ha detto al Guardian Richard Broughron, analista di Ampere, è vero che “le entrate derivanti da YouTube sono al momento piuttosto esigue rispetto a quelle derivanti dalla vendita di diritti tv e dalle sponsorizzazioni", ma pur non essendo “una piattaforma capace di generare enormi quantità di denaro se sei già un grande marchio, si tratta però di un eccezionale strumento per costruire il brand” e arrivare, in maniera ufficiale e costruita “anche a chi non sarebbe interessato né ad abbonarsi a una piattaforma tv, né ad acquistare alcunché di ufficiale”.

 

Come se non bastasse il mercato calcistico è in continua evoluzione e, sempre di più, cerca di inseguire le nuove abitudini dei tifosi. Così, se finora gli appassionati di pallone preferivano stare comodamente seduti sul loro divano e guardarsi le partite in tv, le abitudini e i canali di fruizione stanno cambiando. Una recente analisi di mercato evidenziava come il 27 per cento dei calciofili inglesi tra i 35 e i 40 anni, il 32 per cento tra i 28 e i 35 anni, il 62 per cento trai i 22 e i 28 anni e l’88 per cento tra i 16 e i 22 anni non sarebbero minimamente interessati a stipulare un abbonamento per guardarsi le partite.

 

Se a questo si aggiunge che le persone dai 18 ai 35 anni passano molto più tempo degli altri utenti su YouTube e che il Regno Unito ha il secondo consumo medio di contenuti calcistici al mondo (dietro all’America), ecco che la piattaforma risulta per il Manchester United una buona possibilità di accrescere il proprio seguito. Per ora. Perché la Premier League sta programmando una svolta che potrebbe cambiare, e non poco, la fruizione del calcio mondiale: una piattaforma online messa in piedi con uno tra Amazon, Facebook e Google e basata su un nuovo modello di pay-per-view.