Edin Dzeko dopo il gol contro lo Shakhtar che ha qualificato la Roma ai quarti di Champions League (foto LaPresse)

Due squadre e tre allenatori ai quarti di Champions. Ma il calcio italiano non era morto?

Francesco Caremani

Roma e Juventus tra le migliori otto squadre d'Europa. Montella con il Siviglia elimina il Manchester United. E il Psg degli emiri resta a guardare  

Nell’anno in cui guarderemo i Mondiali senza l’Italia protagonista il calcio tricolore ha deciso di avere un sussulto, sperando che non sia un rigurgito, portando due squadre ai quarti di finale della Champions League e ben tre allenatori (Allegri, Juventus, Di Francesco, Roma, e Montella, Siviglia), con Antonio Conte eliminato negli ottavi dal Barcellona di Messi. Era dall’edizione 2006-07 che non c’erano due club italiani nei quarti della coppa regina, allora furono Milan e Roma, che avevano eliminato Celtic e O. Lione, mentre l’Inter fu fermata agli ottavi dal Valencia. Il Milan di Ancelotti che vinse la finale contro il Liverpool portando a Milano la Settima. Da allora a oggi ci sono nel mezzo dieci edizioni in cui sette volte abbiamo portato almeno una formazione e nel 2010 vinto l’ultima Champions con l’Inter. Nel 2015 e nel 2017, invece, la Juventus di Massimiliano Allegri ha raggiunto brillantemente la finale perdendo contro Barcellona e Real Madrid. La Spagna ha vinto quattro delle ultime cinque edizioni, tre di queste conquistate da CR7 e compagni.

 

In questa bozzolo di Rinascimento calcistico, in attesa di una vera farfalla, ci sono anime e generazioni a confronto. Da una parte Allegri che ha un ottimo feeling con questa manifestazione, nella quale ha sempre raggiunto gli ottavi di finale. Si discute molto sul suo calcio, il solito errore che si commette quando non si capisce che una squadra può essere molto forte senza per questo esprimere un calcio spettacolare, che non vuole dire nemmeno emozionante, perché se non è stata emozionante Tottenham-Juventus, diteci voi cos’è emozionante nel calcio. Insomma, soliti errori di sintassi e semantica, sia linguistica che sportiva. Dall’altra Conte, Di Francesco (all’esordio assoluto) e Montella, molto preparati, quasi ossessivi nell’aspetto tattico, non sempre esperti quando il campo internazionale lo richiede. Dimostrazione, comunque, che continua a esistere e a farsi valere una scuola italiana, anche all’estero dove Montella barcolla paurosamente nella Liga per poi andare a vincere all’Old Trafford contro il Manchester United, una violazione di domicilio che resterà nella storia del club spagnolo; vincitore, è bene ricordarlo, di cinque Europa League, tutte negli anni Duemila, di cui tre consecutive.

 

In questi ultimi anni, grazie ai risultati della Juventus e a un’attenzione maggiore dei club italiani per l’Europa League (non tutti ma quasi), l’Italia ha risalito la china del ranking Uefa, lasciando il quarto posto alla Germania e puntando il secondo dell’Inghilterra, con la Spagna ancora irraggiungibile. Dalla prossima stagione, con le nuove regole, porteremo le prime quattro della serie A direttamente ai gironi, un regalo sia dal punto di vista del ranking che economico. Guardandosi indietro ci sono differenze evidenti tra la Champions conquistata dal Milan nel 2007, quella dell’Inter tre anni dopo e le due finali raggiunte dai bianconeri. La prima arriva dopo il Mondiale del 2006 ed era espressione di un movimento che raggiunto l’apice si stava, a nostra insaputa, sgretolando. La vittoria dell’Inter e gli exploit della Juventus, invece, hanno fatto da contraltare ad anni di magre della Nazionale, basti pensare al Mondiale del 2010 e a quello del 2014. Con una Federazione commissariata e una Lega di A ancora alla ricerca dei giusti equilibri per pensare in grande, con una governance mediamente di basso profilo, a parte qualche eccezione, le squadre e gli allenatori italiani hanno, quindi, acceso una luce nel tunnel.

 

Se sia solamente un fumogeno di salvataggio o il faro di un nuovo cantiere ce lo diranno i prossimi risultati e la ricostruzione della Nazionale. E mentre l’Italia si gode questo momento di ritrovata popolarità internazionale c’è chi si lecca le ferite, non solo sportive. Da quando i qatarioti, infatti, hanno acquistato il Psg, la formazione di Parigi ha ottenuto come massimo risultato i quarti di finale, nei quali è stata eliminata da Barcellona, Chelsea, ancora Barcellona e Manchester City, con Guardiola che per i parigini è più che una semplice iattura. Morale? Spendere centinaia di milioni di euro senza un vero progetto manageriale e sportivo può permettere al Psg di dominare in Francia, rimanendo irrilevante in Champions League. Dove Bayern Monaco, Barcellona e Real Madrid sono tuttora inarrivabili. Possono perdere, vero, ma oltre ad avere vinto ventidue coppe in tre (le ultime cinque le hanno portate a casa loro), iniziano sempre la stagione con l’idea di poterla conquistare. Il calcio, però, resta una scienza inesatta e molti dimenticano che nelle partite di andata e ritorno un singolo episodio può essere determinante su tutto il resto e allora anche la resilienza diventa un valore, nelle coppe spesso è il valore, snobbato e dimenticato dai più. Quindi in attesa di capire quale sia la vera forza di Manchester City e Liverpool, godiamoci questo ritrovato orgoglio tricolore e attendiamo senza ansia il sorteggio di venerdì, vivendo per giocare la prossima partita.