Donnarumma para anche i fischi del Napoli
Il portiere del Milan originava simpatie dappertutto tranne, per assurdo, a San Siro. Questo momento è finito ieri al Meazza quando i tifosi partenopei, dopo la parata su Milik, hanno iniziato a inneggiare cori offensivi contro di lui
Le curve sanno bene come indirizzare i cori, sia che si tratti di sostenere un proprio giocatore, sia che si tratti di individuare il “nemico”. Quella del Napoli, in trasferta a San Siro contro il Milan, ha improvvisamente scelto il suo nel a pochi minuti dalla fine. Una novità per Gigio Donnarumma, vuoi perché ancora in giovane età, vuoi perché finora non aveva ancora avuto modo di crearsi una claque al negativo. Anzi, era sempre accaduto il contrario. Normale quando esordisci in serie A a diciassette anni ancora da compiere, ritrovandoti addosso un fisico da gigante buono, con quella faccia da ragazzino – che rimane tale, nonostante la barba – piantata sopra quasi due metri di altezza.
Donnarumma originava simpatie dappertutto tranne che, per assurdo, in casa propria. Questo perché la scorsa estate, dopo aver confermato tra i pali la giustezza dell'intuizione di Sinisa Mihajlovic che lo aveva buttato in campo contro il Sassuolo il 25 ottobre 2015, era stata quella dei grandi dubbi. Più del suo agente, che suoi. Inevitabile quando affidi i destini professionali a Mino Raiola, uno che impedisce ai propri rappresentati di affezionarsi troppo alle maglie che indossano, andando instancabilmente all'inseguimento del contratto che verrà. E il rinnovo di quello di Donnarumma era giunto al momento giusto per scatenare l'incidente diplomatico, tra una società non ancora del tutto stabilizzata nella nuova realtà cinese e un agente desideroso di monetizzare la fortuna ritrovatasi in casa. Così il balletto era andato avanti in maniera inopportuna, tra dichiarazioni di guerra su entrambi i fronti e l'opera di mediazione del tecnico Vincenzo Montella. La firma era infine arrivata e, con lei, la sensazione che però qualcosa si fosse inevitabilmente rotto con l'ambiente, nonostante la dedizione di Donnarumma alla squadra che lo aveva preso bambino quando giocava dalle parti di Castellammare di Stabia. Segnali eloquenti, come gli euro falsi lanciatigli addosso al debutto nella fase finale dell'Europeo Under 21, o come la freddezza – per l'appunto – di uno stadio che fino a pochi mesi prima era tutto per lui, vedendo nel ragazzino l'uomo su cui costruire la rinascita rossonera post-Berlusconi. Una freddezza infine trasformatasi in aperta contestazione a dicembre, con tanto di cori e striscioni, in Coppa Italia contro il Verona. E le accuse della curva avevano scosso il portiere fino alle lacrime, dando voce a un nuovo capitolo della guerra contro Raiola, tornato a parlare della società rossonera come di un club senza futuro, in cui un giocatore come il proprio assistito non avrebbe potuto resistere a lungo.
A tale clima velenoso Donnarumma ha replicato cercando di fare al meglio il proprio mestiere. Rispetto al passato qualche errore di troppo ha lasciato intuire come, dietro l'apparente impassibilità, ribollisse la tensione. Però il portiere rossonero ha salvato parecchie situazioni intricate, rispondendo sul campo ai propri detrattori. Ultimi, per l'appunto, quelli del Napoli, che si sono inventati cori offensivi ben ascoltabili anche nel mezzo di una telecronaca frenetica. Cori arrivati improvvisi e violenti, assimilati dal portiere e trasformati a tempo scaduto in una formidabile parata ravvicinata su Milik, che ha blindato lo 0-0 e recapitato lo scudetto a una Juventus ben felice di travolgere poco dopo la Sampdoria. “Una delle mie parate più belle”, avrebbe commentato a fine partita. Il modo più degno per festeggiare le 100 presenze in serie A, traguardo cui nessuno era arrivato così giovane. Se poi ce ne saranno altre, questo solo Mino Raiola oggi può saperlo.