Cosa resta di Buffon dopo i saluti alla Juventus
Il portiere lascia i bianconeri dopo 17 anni, ma ancora non ha deciso cosa fare il prossimo anno. Ritirarsi o continuare? Le scelte del numero 1 tra l'arte di scegliere il tempo giusto dell'addio e gli obiettivi ancora da raggiungere
Servirebbe una colonna sonora strappalacrime. Magari il Riccardo Cocciante di Quando finisce un amore (“Ti senti un nodo nella gola/ Ti senti un buco nello stomaco/ Ti senti vuoto nella testa/ E non capisci niente”). O chiunque altro. Ché tanto la fine di una storia d'amore è materia su cui tutti, prima o poi, si sono esercitati. Quella tra Gigi Buffon e la Juventus terminerà sabato. Dopo 17 anni di convivenza. E servirebbe una colonna sonora strappalacrime se non fosse che il portiere bianconero, prendendo la parola durante la conferenza stampa convocata apposta per dare l'annuncio, ha già gli occhi lucidi e la voce tremante.
Eppure non è notizia inattesa. Non è annuncio da lanciare sui social accompagnato da “shock” e “INCREDIBILE”. Che questa sarebbe stata l'ultima stagione a Torino di Buffon era cosa nota. Lo ricorda il presidente Andrea Agnelli che, in versione Wikipedia, prima snocciola tutti i numeri di questi “17 anni straordinari” pieni di record e trofei, poi sottolinea che la Juventus è società che programma. E così aveva già pianificato tutto nei dettagli comprando, a inizio stagione, un altro portiere: Wojciech Szczęsny. Uno che “è forte quanto me”, Gigi dixit, e “ha 13 anni meno di me”.
La questione dell'età è argomento spinoso da affrontare quando si parla di calcio. Qual è infatti il crinale oltre il quale il campionissimo si trasforma in ex giocatore bollito? Ognuno ha ovviamente la sua risposta. A 40 anni Dino Zoff vinse il Mondiale. A 40 anni Buffon ha appena vinto il suo settimo scudetto (su 11 conquistati “sul campo”) e la sua quarta Coppa Italia (su 5) consecutivi. Dimostrando peraltro, nella finale dell'Olimpico contro il Milan, che il suo erede designato Donnarumma ha ancora molto da imparare per raggiungere il livello del “vecchio” maestro.
Forse anche per questo sabato Gigi dirà addio alla Juventus, ma solo la prossima settimana annuncerà la sua scelta per il futuro. Che non necessariamente sarà dietro una scrivania. “Fino a 15 giorni fa ero certo che avrei smesso di giocare. Poi ho ricevuto delle offerte stimolanti, sia in campo che fuori e la più importante, per quel che riguarda il fuori, me l'ha fatta pervenire proprio il presidente Agnelli. La prossima settimana, dopo 2-3 giorni di riflessioni, in modo sereno prenderò la decisione definitiva che alla fine sarà quella di seguire ciò che urla la mia indole e la mia natura”.
Difficile non pensare che la stessa indole che lo spinge a definirsi “animale da competizione”, rifiutando quindi la possibilità di svernare come altri prima di lui in Cina o negli Usa, gli faccia fare un passo indietro. Di sicuro c'è che Buffon, dovesse continuare a giocare, non lo farà in Italia. Ma altrettanto sicuro è che lo farà in un club che gli dia la possibilità di conquistare l'unico trofeo che manca al suo palmarès: la Champions League. Ipotesi ne circolano già, dal Real Madrid (dopo quest'anno, però, sarebbe uno sfregio troppo grande ai tifosi juventini) al Paris Saint Germain, ma chissà che alla fine non decida per una poltrona dirigenziale. Non fosse altro per evitare quel triste effetto “Madonna pellegrina” che lo trasformerebbe in un'icona da esibire negli stadi di mezza Europa per poi magari essere riposto, a fine stagione, in una bacheca vuota di trofei.
Quando decidi di smettere, infatti, il tempismo è tutto. Con la Nazionale, ad esempio, Gigi ha già chiuso mesi fa, dopo la sconfitta con la Svezia che gli ha impedito di essere l'unico giocatore al mondo a partecipare a sei Mondiali. Dissero, nemmeno troppo sommessamente, che la colpa di quella mancata qualificazione, era soprattutto sua. E lui non ha alcuna intenzione di diventare un “problema” da gestire. Per questo il prossimo 4 giugno non sarà in campo nell'amichevole dell'Italia contro l'Olanda. Probabile che, come accaduto per il dopo-Juve, cambi idea. Roberto Mancini di sicuro proverà a convincerlo. Ma anche qui la domanda è d'obbligo: ne vale la pena?
Perché anche se negli ultimi mesi gli antijuventini hanno passato il tempo a ironizzare “sull'insensibile” e sul “bidone di spazzatura” con cui Gigi ha apostrofato l'arbitro dopo Real-Juventus (un modo come un altro per passare il tempo quando, invece di festeggiare trofei, sei costretto a guardare, seduto davanti alla tv, gli altri che giocano finali e vincono scudetti), nessuno oggi può ragionevolmente dire che Buffon non sia stato uno dei più forti, se non il più forte portiere del mondo negli ultimi anni. Agnelli, componendo la sua elegia a base di numeri, lo definisce “altruista, carismatico, ambizioso, timido, leale, onesto”. Lui, aggiungendo una caratteristica che è alla base del suo rapporto con il presidente bianconero, parla di “lotta feroce all’ipocrisia”.
La stessa ipocrisia che nel 2006, complice Calciopoli e un fumoso scandalo scommesse, voleva impedirgli di partire per il Mondiale tedesco. Buffon andò e vinse. In campo, nella finale contro la Francia, c'erano otto undicesimi della Juventus che qualche mese prima, guidata da Fabio Capello, aveva vinto lo scudetto. Durante i tempi supplementari, con una parata straordinaria, Gigi deviò un colpo di testa di Zidane sulla traversa. Sarebbe stato il gol, probabilmente decisivo, del 2-1. Cosa successe dopo è storia. L'Italia vinse il Mondiale. La Juve venne retrocessa in Serie B. Quattro degli otto giocatori in campo quella sera (cui si aggiunse Nedved) decisero di rimanere. Tra di loro c'era anche Buffon, passato, come ha ricordato Agnelli, dal “paradiso all'inferno e poi nuovamente al paradiso”. Un travaglio che i tifosi juventini hanno vissuto con lui e che gli varrà la loro riconoscenza, sempre e comunque. E anche se gli eroi, come direbbe Guccini, son “tutti giovani e belli”. La speranza del popolo bianconero è che ora, per Gigi, non arrivi un altro inferno. Quello della “vecchiaia”. Sarebbe un peccato.