Lo spettacolo è finito (grazie a Dio)
L’addio farsa di Buffon e quello da sbronza di Torres. Un brindisi alla federazione argentina
Londra. Quando un anno fa ho seguito, mio malgrado, l’addio al calcio di Totti – le lacrime, la lettera imbarazzante, i daje, la Curva Sud, la porchetta – pensavo che peggio del saluto all’amatriciana del campione strapaesano non ci fosse nulla. Non mi sbagliavo così tanto da quando ordinai per errore una birra analcolica. L’epilogo di Buffon con la maglia della Juventus è invece stato un evento al di là del bene e del male.
Va bene le lacrime, i ringraziamenti, i saluti a uno dei più grandi di sempre eccetera. Il problema è il resto. I tempi: sono almeno due anni che state dietro ai suoi giramenti: smetto, non smetto, piango, vinco la Champions, non vinco la Champions, piango, lascio la Nazionale, piango, non lascio la Nazionale, piango, lascio il calcio, piango, lascio la Juve, piango, non lascio il calcio, faccio piangere. Saremmo stati disposti a passare sopra anche alle ultime mattane, persino alla sua recente trasformazione in pretino moralista che spiega a tutti cosa è giusto e cosa no sul campo e fuori, se quella di domenica contro il Verona fosse effettivamente stata la sua ultima partita in carriera. Invece no, pare che giocherà ancora, oltretutto in quell’abominio calcistico che è la Ligue 1 francese, sponda Paris Saint-Germain. Non solo, Gigi dovrebbe anche diventare uomo immagine del Qatar per i Mondiali del 2022. Talmente una farsa, insomma, da farmi preferire la Liga spagnola, dove domenica hanno salutato per l’ultima volta le loro squadre Fernando Torres e Andrés Iniesta. Del secondo, grandissimo nonostante abbia fatto parte dei circensi per eccellenza, il Barcellona, è stato detto e scritto tutto da chi lo sa fare molto meglio di me – e senza bisogno di quattro pinte di Guinness. Non posso invece non brindare al Niño: cresciuto a Madrid con i colori dell’Atletico negli anni in cui tifare per una squadra che non fosse il Real voleva dire sentirsi come un vecchio playboy romagnolo al Gay Pride, è diventato grande in Inghilterra. Ha fatto un pezzo di storia del Liverpool, ma soprattutto ha contribuito a eliminare il Barcellona in quella stagione da pazzi del Chelsea, quella in cui Di Matteo ha portato i Blues a vincere per caso la Champions, annichilendo il tiki taka dei blaugrana in semifinale e facendomi prendere una delle sbronze più belle della mia vita. E quasi per caso anche il Chelsea di Antonio Conte ha vinto l’FA Cup due giorni fa, battendo in finale a Wembley il Manchester United in una partita più brutta di una direzione del Pd. Al netto delle originalissime gag dei battutisti da social network italiani su “Conte premier – Ma chi, Antonio?”, il capelluto manager italiano ha salvato una stagione più moscia che barzotta, lanciato una bomba per i complottisti (“Da altre parti i campionati vengono assegnati prima che inizino”) e dato la stura ai soliti commenti pigri su Mourinho che non vince più un cazzo (lo dicevano anche due anni fa, l’anno scorso ha portato a casa tre trofei).
Daniela Christiansson, fidanzata dell’attaccante Maxi Lopez, è da sempre un’appassionata di rocce laviche, che ama studiare da vicino. Esperta di ringhiere, non ha saputo nascondere la sua felicità per la salvezza dell’Udinese, squadra in cui gioca il compagno
A campionati finiti, ora tutti pensano al Mondiale. Tranne l’Italia che – dramma nel dramma – deve preoccuparsi del nuovo allenatore, quel Mancini che sa vincere solo senza avversari. Forza Inghilterra, of course, ma permettetemi di dire anche forza Argentina. No, non sono ubriaco. Semmai ammirato: in tempi cupi come questi, la Federcalcio argentina ha dotato giocatori, staff e giornalisti di un agile manuale di consigli pratici. Imprescindibile, sebbene con qualche sparata da manuale di conversazione sulla figa, il capitolo su “come conquistare una ragazza russa”, subito condannato da chi la sa lunga e corretta, e quindi espunto dalla guida. Un brindisi agli amici di Buenos Aires, una delle ultime riserve eterosessualiste che non si vergognano di esserlo.