Serena Williams (foto LaPresse)

I muscoli di Serena e quella “stronzetta" della Sharapova

Giorgia Mecca

Williams si ritira prima della sfida negli ottavi di finale del Roland Garros contro la russa. L'ultimo atto di una sfida eterna fatta di carne, ossa, rabbia, dolore e di una promessa fatta nel 2004

Il tennis è fatto di carne e di ossa. I giocatori passano tutta la loro carriera a massacrare palline per cercare di diventare macchine da guerra, ma non ci riescono quasi mai. Lo sport è sempre una questione privata, non ha niente da insegnare, va al di là dell’intelligenza, va al di là del buon senso.

 

Serena Williams poco prima degli ottavi di finale del Roland Garros ha convocato un’improvvisa conferenza stampa per annunciare il suo ritiro dal torneo per un infortunio ai pettorali. “In questo momento non riesco nemmeno a fare il movimento del servizio. Ed è molto dura pensare di giocare quando non si è in grado di servire”. La tennista statunitense, che compirà 37 anni a settembre ed è tornata nel circuito dopo un anno e mezzo di stop, la maternità, un parto complicato e la nascita di sua figlia Alexis, ha poi aggiunto: “Per poter essere qui oggi ho tolto tempo alla mia famiglia e a mia figlia e ho sacrificato tutto quello che potevo sacrificare”. Non si può giocare a tennis e sperare di vincere quando i muscoli si ribellano: “Sono molto più che dispiaciuta. Adoro giocare contro Maria”.

 

La partita femminile più attesa del torneo è quindi finita ancora prima di cominciare. Non ci sarà nessun incontro tra Serena Williams e la sua eterna rivale, Maria Sharapova che, per la prima volta, sarebbe scesa in campo da favorita, nonostante uno storico di 19 sconfitte e soltanto due vittorie, l’ultima nel 2004, quattordici anni fa.

 

Serena Williams non si era mai ritirata da un torneo del Grande Slam. Domenica, dopo aver perso il doppio femminile, non è riuscita nemmeno a mettersi nelle spalle il borsone. Troppo dolore.

Il tennis è fatto di carne e di ossa. Non soltanto però. E’ fatto anche di rabbia e di dolore, dell’orgoglio che ti tiene in piedi dopo due ore di partita, tutto il sudore che si riesce a sopportare prima di abbandonare la scena. E poi le lacrime, il nodo in gola, l’odio che prende il posto del terrore, un coltello piantato in mezzo ai denti e lo sguardo fisso contro gli occhi dell’avversario: “Non mi fai paura”.

 

Le partite di Serena Williams e di Maria Sharapova non sono mai state un gioco, non sono mai state soltanto tennis. I loro sono sempre stati incontri feroci, non per gli scambi o per il punteggio sul tabellone e nemmeno per la loro qualità, ma per tutto ciò che le due giocatrici lasciavano ogni volta dentro al campo. Quando dall’altra parte della rete c’era la tennista russa, Serena urlava, guardava i suoi piedi e imprecava parole incomprensibili, stringeva i pugni così forte da farsi male, si mordeva le labbra, ruggiva, tratteneva il respiro per non scoppiare, diventava un fascio di nervi, fragilissimo eppure imbattibile. Voleva sentire l’odore del sangue, non era semplice agonismo, era cattiveria. Alla fine dei loro match non si sono mai scambiate i due baci di circostanza, non ci riuscivano proprio, i loro corpi si ribellavano anche solo al pensiero.

 

Il 3 luglio 2004, subito dopo aver perso la finale di Wimbledon Serena Williams si è chiusa nello spogliatoio e ha cominciato a piangere e a singhiozzare. Pensava di essere sola, non riusciva a smettere. La Sharapova era dietro di lei, ha sentito il pianto della sua avversaria e lo ha raccontato nella sua biografia “Inarrestabile. La mia vita fino qui”, appena uscita per Einaudi. “Serena mi odia perché l’ho vista piangere”. La Williams nega tutto. Pochi giorni fa ha commentato quelle parole dicendo che certi episodi dovrebbero rimanere negli spogliatoi e non finire tra le pagine di un libro. “E anche se quello che racconta fosse vero, sarebbe strano il contrario”. Serena ha poi ribadito che lei non odia nessuno, che ormai è mamma e la maternità ha molto da insegnare a una donna. Eccetera eccetera.

 

Il libro della Sharapova racconta anche che dopo quella sconfitta a Wimbledon Serena ha giurato a sé stessa che non avrebbe mai più perso “contro quella stronzetta”. Da allora le due tenniste si sono incontrate diciannove volte con diciotto vittorie dell’americana. L’ultima volta è successo agli Australian Open del 2016: 6-4 6-1, un altro massacro. Sharapova, però, anche durante quel match non ha mai abbassato lo sguardo e sembrava voler dire alla sua avversaria: “Vincerai tu anche questa volta, ma come al solito dovrai trascinarmi fuori dal campo prima che io venga a stringerti la mano”.

E’ passato più di un anno e mezzo. “Questa volta la favorita non sono più io”, ha dichiarato Serena Williams dopo aver saputo che avrebbe incontrato Sharapova al quarto turno del Roland Garros. Lo sapevano tutti, lo sapeva anche lei.

Il tennis è fatto di carne e di ossa. I muscoli di Serena Williams hanno fatto quello che dovevano, hanno obbedito alla rabbia e all’orgoglio di una donna che quattordici anni fa, con le lacrime agli occhi ha promesso a sé stessa che non avrebbe mai più perso “contro quella stronzetta”.

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