Amazon conquista la Premier League, ma per la rivoluzione c'è tempo
Il gruppo di Bezos acquista i diritti per trasmettere 20 partite del massimo campionato di calcio inglese. È l'inizio di una nuova èra? I due problemi che lo streaming deve ancora risolvere
Quel giorno di agosto al City Ground, il fiume Trent fuori dalla struttura brillava al sole pallido d'Inghilterra allo stesso modo di sempre. E così il traffico per Nottingham scorreva come aveva sempre fatto, i tifosi passeggiavano per le strade, le curve preparavano striscioni come da abitudine. Magari tutto leggermente più caotico, che c'era il Liverpool, mica una squadra qualsiasi. E forse c'era anche un po' di gente in più, che i Reds fanno riempire sempre lo stadio. E pure chi l'anno prima se l'era persa, quel giorno si era seduto in tribuna, perché si preannunciava un partitone, perché, soprattutto, la Bbc non trasmetteva più la diretta e nemmeno la differita, solo le azioni salienti. Chi allo stadio era solito andare aveva notato che quel 16 agosto 1992 c'era qualcosa di diverso. Cinque telecamere e non le solite tre e gente diversa che si aggirava per il campo. Pure uno che dava indicazioni come nemmeno un regista. Chi invece lo stadio lo aveva abbandonato per il divano sapeva tutto. La tv di stato si era fatta da parte, o meglio, era stata messa da parte dai soldi di un australiano, uno che si chiamava Rupert Murdoch e lo descrivevano come uno squalo. E squalo lo era davvero visto che si era divorato il calcio in chiaro in tv e che da allora, per guardarlo, si sarebbe dovuto pagare.
Quel giorno di agosto del 1992 Teddy Sheringam riceveva palla sulla fascia sinistra, virava verso il centro, la nascondeva a due difensori con una finta delle sue, una di quelle che avevano fatto impazzire il popolo del Forest, e la spediva con il destro sotto l'incrocio alla sinistra del portiere.
Quel gol, l'ultimo con la maglia dei Tricky Trees, quello dell'addio prima di accasarsi al Tottenham, fu il primo a sbarcare sul satellitare. Era l'alba di una nuova epoca, quella del calcio da vedere sullo schermo. Una riforma sostanziale di una passione, quella calcistica, che potrebbe ripresentarsi ancora, per modificare completamente le abitudini dei calciofili. E che parte di nuovo dall'Inghilterra, lì dove questo sport è nato.
Perché oggi Amazon ha acquistato i diritti per la diffusione in streaming, sulla sua piattaforma Amazon Prime Video, per la trasmissione in esclusiva di venti partite della Premier League, il massimo campionato inglese di calcio. Per ora le partite saranno comprese senza alcun sovrapprezzo nell'abbonamento. In futuro chissà. Costo dell'operazione: circa 102 milioni di euro per tre stagioni a partire dal 2019. Le altre partite saranno trasmesse da Sky Uk (128 partite live) e BT Sport (52 gare). Insomma, tre abbonamenti per una passione. D'altra parte il sistema di attribuzione dei diritti di trasmissione delle partite da parte della Football Association of Premier League è il più facile nel quale inserirsi, a patto di avere a disposizione un bel po' di soldi. La FA precede la vendita collettiva in sei pacchetti da ventitré partite ciascuno con il divieto, per un singolo operatore, di acquistarne più di cinque.
E' la prima volta che una piattaforma online, benché Amazon non si possa considerare soltanto una piattaforma online, acquista i diritti per la trasmissione di un grande campionato di calcio europeo. Sebbene sia da qualche anno che Facebook trasmette partite della Nfl, la massima serie di football americano, e Twitter sfide di baseball e di hockey, mai una società che punta sull'online e non sulle trasmissioni televisive era riuscita a conquistare un'asta. Recentemente avevano fallito sia Google che Facebook. I due colossi non erano riusciti ad acquisire i diritti della Premier League indiana di cricket, un mercato che noi europei consideriamo di nicchia, ma che di nicchia non è se si pensa al miliardo di potenziali utenti.
Amazon ha anticipato tutti, aprendo una nuova èra. Una rivoluzione simile a quella che nel 1992 inaugurò Sky, ma anche del tutto diversa. Perché se la tv a pagamento cambiò il mercato e il modo di fruire il calcio, Amazon potrebbe inserirsi nel solco di questa rivoluzione, modificando solo la piattaforma.
Eppure questa incursione, per ora parziale, potrebbe iniziare a far vacillare le fondamenta sulle quali si è sino a oggi retto il mondo delle pay-tv. Perché se in una società di telecomunicazioni come British Telecom il calcio pesa nei ricavi in modo marginale, anche se non trascurabile (alcuni analisti parlano del 6/7 per cento, altri poco meno del 10), nelle tv satellitari il football ha una peso centrale, tanto che un'inchiesta pubblicata sul Financial Times stimava che con l'addio al calcio, le pay tv potrebbero perdere dal 35 al 45 per cento di pacchetti venduti.
C'è poi un'altra considerazione da fare. Se il calcio è vitale per Sky, l'intromissione di Amazon non vuol dire però che la bolla dei diritti tv sia scoppiata o inizi a scoppiare. Secondo Austin Houlihan, senior manager di Deloitte, “la tendenza degli ultimi 20 anni suggerisce che nulla scoppierà”. Potrà cambiare chi trasmetterà gli eventi, ma il cambio non inciderà sul costo dei diritti sportivi, in quanto, scrive il Financial Times, questo “riflette cambiamenti fondamentali nel settore televisivo. La tendenza degli spettatori è quella di guardare i programmi on demand, saltando gli annunci. Lo sport però non lo si guarda quando si vuole, va visto in diretta e la diretta permette di inserire annunci e questo è fondamentale per gli inserzionisti”. Per questo i prezzi secondo l'analisi del quotidiano britannico rimarranno alti e Amazon, Facebook e gli altri social o servizi on demand dovranno trovare un piano di business che possa far sostenere una grossa spesa iniziale di ingresso nel mercato.
Secondo Brian Gould-Popper, analista esperto di mercato online, “esiste un problema che ancora le tecnologie odierne non sono riuscite a risolvere, ossia quello del ritardo di segnale”. Questo difetto, l'impossibilità di gestire uno streaming perfettamente sincronizzato su tutti i dispositivi, “potrebbe rallentare l'affermazione di nuovi soggetti”, dice al Foglio. “Ma la tecnologia si evolve, si migliora, quindi l'ingresso di questi nuovi attori nel mercato potrebbe essere solo rimandato”.