Istinto, inerzia, abitudine. Sarà, ma Nadal ha vinto ancora il Roland Garros
Il numero uno al mondo sembrava più stanco del solito eppure ha alzato la sua undicesima coppa battendo in finale l'austriaco Dominic Thiem
Sembrava più stanco del solito oggi Rafa Nadal. Il tennista spagnolo ha sempre sorriso poco dentro a un campo da tennis, ma oggi, sul centrale del Roland Garros ha cominciato il riscaldamento con la testa bassa e la fronte già sudata. Troppa umidità, troppa terra rossa sotto ai piedi, dal 2005 fino a oggi, 85 partite e 83 vittorie soltanto a Parigi.
Dall’altra parte della rete ad aspettarlo c’era Dominic Thiem, il tennista austriaco numero 8 al mondo che quest’anno è stato l’unico a battere Nadal sulla sua superficie preferita. Il numero uno al mondo ha cominciato la finale portandosi dietro tutti i suoi tic ma senza stringere i punti, senza mai gridare “vamos” dopo un colpo vincente. I primi game del match li ha giocati tutti con la lingua di fuori, sbuffando di disappunto e forse anche di noia. Era stanco Nadal.
Perdere non è mai facile, ma non è facile nemmeno vincere, vincere sempre. Un giorno Pete Sampras ha raccontato che quando era numero uno del mondo gli sembrava di avere un bersaglio puntato in mezzo alla schiena. Era diventato il migliore, non erano più ammessi errori, passi falsi, distrazioni. Agli Us Open del 1991, subito dopo aver perso ai quarti di finale contro Jim Courier, andò a stringere la mano al suo avversario e la sua prima sensazione è stata un immenso sollievo: “Mi ero finalmente tolto un macigno dalle spalle”.
Quello stesso macigno Nadal lo sente eccome ma continua a tenerselo stretto. Oggi sul 4 pari del primo set, nel gioco più importante del set e della partita, il numero uno al mondo ha alzato la testa e cominciato a stingere i pugni. Istinto, inerzia, abitudine. Qualcuno di lui un giorno ha detto: “E’ come gli animali feroci, si eccita quando sente l’odore del sangue”. Improvvisamente ha cominciato a gridare di rabbia ogni volta che colpiva la pallina, i suoi diritti sono diventati più profondi, più aggressivi, finalmente ha urlato il suo primo “Vamos”. 64 63 62 contro il futuro del tennis mondiale che ancora una volta può aspettare.
Ha fatto tutto il possibile Dominic Thiem, solo che a volte non basta. Durante il secondo set, sul 4 a 2 per Nadal, il numero uno al mondo ha tirato l’ennesimo diritto vincente dopo uno scambio durato 27 colpi. L’austriaco ha guardato immobile e scoraggiato la pallina scorrere via mentre il suo allenatore Gunter Bresnik continuava a incoraggiarlo, a suggerirgli come giocare. Thiem avrebbe voluto mangiarselo: “Ci sto provando, ci sto provando da più di un’ora e questo è il risultato”, ha urlato e pieno di rabbia sembrava voler aggiungere: “Vieni tu a giocare al mio posto”. Da quel momento in poi Nadal non ha più sbagliato niente: gli animali feroci e l’odore del sangue. Si è dimenticato del sudore, del macigno e del bersaglio sulla sua schiena e ha pensato soltanto alla partita. La stanchezza è passata, e anche la noia e l’umidità: non ha più smesso di gridare “Vamos”. I crampi al dito medio della mano sinistra che gli sono venuti durante il terzo set non hanno cambiato il risultato: dopo due ore e quarantadue minuti di partita il numero uno al mondo, che ha appena compiuto trentadue anni, ha vinto per l’undicesima volta in carriera il Roland Garros. E’ il diciassettesimo titolo del Grande Slam della sua carriera, il settantanovesimo torneo conquistato. Gli scorsi anni, subito dopo il match point, per festeggiare si è sdraiato sulla terra rossa alzando le mani verso il cielo, questa volta no. Nadal è rimasto in piedi, mostrando i suoi muscoli tesi e ancora scolpiti.
Nel dicembre del 2016, mentre lui e Federer erano fuori dal campo e guardavano il futuro del tennis arrivare, un giornalista gli ha fatto una domanda che alludeva al suo futuro, ai continui infortuni, alla possibilità che le loro carriere meravigliose fossero finite o almeno compromessa. Sì è vero, ha risposto il tennista spagnolo senza scomporsi, il loro fisico si stava ribellando, erano stanchi, annoiati e forse anche un po’ logori. Sarebbero ritornati in campo senza nessuna certezza, eccetera eccetera eccetera. Voleva però aggiungere una cosa, parlava sia per sé stesso che per Federer: “Sappiamo ancora come si gioca a tennis, e non credo che potremo mai dimenticarcene”. Aveva come al solito ragione, oggi sono il numero uno e il numero due del mondo, dopo quell’intervista nei tornei importanti hanno sempre vinto loro.