facce mondiali
Evviva Football Manager che ci ha fatto scoprire Roberto Firmino
L'attaccante brasiliano è stato scoperto sul videogioco manageriale da un osservatore dell'Hoffenhaim. E' diventato un giocatore insostituibile per Jurgen Klopp al Liverpool
Lutz Pfannenstiel ha da sempre tre grandi passioni. La prima è il calcio, la seconda i videogiochi, la terza viaggiare. In 45 anni ha sempre cercato di tenerle assieme. Ha iniziato a giocare a pallone che non aveva dieci anni e lo faceva bene, a tal punto da lasciare Zwiesel, diecimila anime bavaresi al confine con la Repubblica Ceca, per trasferirsi a Monaco, prima al Monaco 1870, poi al Bayern. Ruolo portiere, il migliore per capire come il gioco si sviluppa e poterlo replicare davanti al televisore con il joypad in mano. Di fare panchina in Baviera però a Pfannenstiel non interessava. E così ha messo le sue console in valigia e ha iniziato a cambiare squadre e paesi: 25 club in 13 nazioni e sei continenti. Dalla Germania alla Namibia, passando per Nuova Zelanda, Norvegia, Sud Africa. "Un buon modo per imparare le lingue", disse sintetizzando la sua storia da vagabondo del pallone. Una carriera che incuriosì l'Hoffenhaim che lo chiamò nel Baden-Württemberg per spedirlo ancora una volta in giro per il mondo, stavolta come osservatore.
Per il primo viaggio Pfannenstiel non scelse però un luogo esotico. Sapeva già dove andare. E la sua meta era quella più battuta dagli scout: il Brasile. Cercava un tale che si chiamava Roberto Firmino, ruolo trequartista, ma anche ala o seconda punta, pure centravanti se capitava. L'aveva preso a Football Manager dalla B brasiliana e giocava talmente bene in quel gioco manageriale che se nella realtà fosse stato forte anche solo la metà sarebbe stato un grande acquisto. Il ragazzo aveva 17 anni, giocava nella Figueirense, squadra di Florianópolis, estrema periferia del calcio carioca, club passato alle cronache solo per un passaggio, tra l'altro inglorioso, di Edmundo, uno tra i più grandi talenti mai sbocciati dei verdeoro. Rimase qualche settimana. Poi Pfannenstiel chiamò la dirigenza dell'Hoffenhaim: "C'è qui un giovane che merita. Costa 3,5 milioni di dollari, ma tra tre-quattro anni ne varrà almeno dieci volte tanto".
Pfannenstiel fece firmare il contratto al ragazzo che arrivò solo a gennaio. Non lo conosceva nessuno. Alla presentazione c'erano soltanto un giornalista e tre tifosi. Uno di questi scrisse al presidente che "sostituire Luiz Gustavo con quello sconosciuto era l'ennesima dimostrazione di disinteresse per il club" e che se si fosse sbagliato "avrebbe compiuto un giro di campo in mutande". Il presidente prese appunti. Così il 10 maggio 2014, dopo il sedicesimo gol in campionato e il ventiduesimo in stagione, quell'uomo, Rolf H., si ritrovò a sculettare in mutande attorno alla Wirsol Rhein-Neckar-Arena, lo stadio dell'Hoffenhaim.
L'anno dopo Roberto Firmino venne ceduto al Liverpool per 41 milioni di euro. La metà di quanto vale ora.
Perché di attaccanti così "non ce ne sono molti al mondo", ha detto a gennaio di quest'anno Jurgen Klopp, il suo nuovo allenatore. Anzi, "forse non ce ne è proprio nessuno". Uno che "tutto ciò fa ha un significato, insomma un'idea ben precisa dietro: quella di essere utile alla squadra", ha detto Thierry Henry. D'altra parte nell'ultima Premier League non c'è stato attaccante che sia entrato di più nelle azioni decisive della sua squadra. E se dicono che segna poco, 15 gol in Premier, massimo bottino portato a casa in campionato, non sono poi una cifra stratosferica (ma ci sono da sommare le undici reti nella ultima Champions League), poco male, dice chi lo allena ogni giorno. "Anche se non segna trenta gol in campionato è il miglior giocatore che un tecnico possa avere, perché gioca a beneficio degli altri. E chi pensa 'oh no, un attaccante deve tirare' e pretende che inizi a concludere da tutte le parti non ha capito nulla. E' più utile questo o giocare al pallone in modo intelligente, vedere l'azione e con la corsa aprire gli spazi?", ha detto Klopp al Telegraph.
Roberto Firmino con la maglia della nazionale brasiliano (foto LaPresse)
"Con Cantona ho giocato assieme, George Weah l'ho affrontato da avversario. Nessuno dei due era un giocatore da trenta gol a stagione eppure tutti e due sono considerati grandissimi calciatori. E questo perché riuscivano grazie alla loro intelligenza a creare lo spazio per i gol altrui. Ecco, questo è quello che fa Firmino". Parola di Gary Neville, 400 partite nel Manchester United e la fama di essere stato uno dei terzini più forti della sua generazione.
Certo, il calciatore brasiliano "non è ancora alla loro altezza", sottolinea Neville, ma ha margini di miglioramento "ampi, a tal punto da poterlo farlo diventare uno degli assoluti protagonisti del calcio dei prossimi anni".
A questi Mondiali Firmino partirà sotto traccia, con i gradi della riserva. Ma in un Brasile che ha tanti nomi altisonanti potrebbe ricavarsi uno spazio che alla vigilia sembra a lui precluso. Perché? Vale quanto disse sir Alex Ferguson: "Coutinho è un calciatore eccellente, ma il Liverpool con Firmino in campo gioca meglio".