Cristiano Ronaldo e Gianluigi Buffon (foto LaPresse)

Cristiano Ronaldo alla Juventus (Buffon pensaci tu)

Piero Vietti

Guardare CR7 e pensare all'ex capitano bianconero che gli fotte la Champions League. Mentre il mio Toro presenta i giocatori nel salotto della nonna

Finalmente il Real Madrid ha confermato la cessione di Cristiano Ronaldo alla Juventus, ponendo fine alla seconda attesa più lunga e sentita dell’anno dopo quella per la formazione del governo Conte. Al momento dell’annuncio era già tutto perfetto, previsto, a posto – c’era già la lettera strappalacrime di CR7 ai tifosi, il toccante “gracias” della società spagnola, l’iniziale understatement sabaudo della società bianconera con l’hashtag tanto semplice quanto efficace #CR7Juve.

 

Le voci che, incontrollate, davano il portoghese avvistato più volte a Torino nei giorni scorsi, in alcuni casi in due luoghi diversi contemporaneamente, trovavano finalmente conferma e riprendevano fiato per assicurare che la presentazione ufficiale sarà uno spettacolo mai visto prima.

 

  

Nelle stesse ore, più modestamente ma con altrettanto orgoglio, il Torino ufficializzava l’acquisto di Bremer (“Chi?”, chiedevano i più cinici, “un difensore fortissimo”, giuravano i feticisti di YouTube). Lo faceva con una foto pubblicata sui propri social network in cui il giovane brasiliano teneva in mano – male – la maglietta granata, sullo sfondo un termosifone grigio con qualche soprammobile, una pianta di plastica, una finestra con le tende della nonna e una foto del presidente Urbano Cairo appesa al muro, forse con lo scotch. Nessun hashtag, naturalmente. Nella mattinata, la leggenda voleva che il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, fosse salito su un aereo – diventato in poche ore un jet supersonico di lusso – per volare in Grecia a far firmare personalmente il contratto al più forte e seguito giocatore del mondo, diventando forse il presidente più amato della storia bianconera. Nelle stesse ore il presidente del Torino rispondeva sul suo profilo Instagram ai tifosi che commentavano una sua foto a un evento di Dolce&Gabbana, rispolverando il luogo comune sulla sua parsimonia: “Metti due salatini in tasca che li porti domani in ritiro per far pranzare la squadra”, lo trollava @instampatello. “Sei un coglione”, replicava dialogante @urbano.cairo.

 

Lucky Man at Dolce &Gabbana ‘s Party alla Villa Pliniana sul Lago di Como

Un post condiviso da Urbano Cairo (@urbano.cairo) in data:

 

Sui social network la sofferenza di noi antijuventini è diventata subito sfoggio di orgoglio strapaesano, in fondo in fondo quasi sincero: basta sopracciglia rifatte e figli in provetta, urlavamo in caps lock, no ad allenamenti furiosi, simulazioni e sponsor anche quando va al cesso, viva il calcio pane e salame, gli scherzi in ritiro e il caffè Borghetti. C’è voluto poco, però, per passare agli auguri di rottura del crociato, all’invocazione dell’entrata catartica di un difensore a caso del Frosinone sul suo malleolo dorato (assicurando il quale CR7 potrebbe comprarsi il Milan oggi stesso). La terza fase è iniziata poco dopo: quella cioè in cui si cercava di sostenere che giocare in Italia non è come giocare in Spagna, che a trentaquattro anni è più difficile fare la differenza, che la rovesciata di Belotti contro il Sassuolo era più difficile di quella di Ronaldo alla Juve in Champions, e che comunque – come direbbe Fedro – il calciatore portoghese è antipatico. Ovviamente nulla di tutto ciò regge, persino i meme sull’anagramma di Cristiano Ronaldo (starò con i ladroni) non ci fanno più ridere, chi ha sempre amato CR7 come giocatore fatica anche solo a immaginare di poterlo odiare, la Juventus ha fatto il colpo del secolo, ha preso il giocatore più tifato dai bambini di tutto il mondo, lo ha fatto gestendo l’operazione in modo algido, senza errori. Non basteranno il calcio pane e salame, né i difensori del Frosinone, né l’età a fermarlo, lo sappiamo bene. Ma alla sola idea che la Juventus a maggio perda la finale di Champions League contro il Paris Saint-Germain, con Buffon che para il rigore decisivo a CR7, il nostro cuore ricomincia a battere.

  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.