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Du Vicenza is megl che uan?

Giovanni Battistuzzi

Da una parte c'è L.R. Vicenza Virtus, già iscritto alla serie C, dall'altra l'A.C. Vicenza 1902, ancora alla ricerca dell'affiliazione alla Federcalcio. In mezzo una città a cui basta ritrovare il Lane

Vicenza era una porta chiusa sul calcio, una storia di pallone interrotta e andata a finire male. Una storia che sembrava chiusa, addio e tanti saluti, ma che è stata presa all’ultimo, tirata per i capelli, salvata dal baratro. O meglio, oltre il baratro. Perché era fallito, il Vicenza, ma solo per un attimo, prima di rinascere e tornare a esistere ancora. Ed è un bene, perché certe piazze fanno parte di una storia più grande, quella pallonara italiana. Perché certe piazze si portano dietro una storia, e quella biancorossa non è banale. E' fatta di innovazione – la prima squadra a portare nel nome dell’azienda che la gestisce, il Lanerossi –; di provincia che si riscatta e che compete con le squadre delle grandi città per il titolo; di grandi giocatori – Paolo Rossi e Roberto Baggio su tutti –; di una coppa Italia vinta poco prima del tramonto della sua avventura nel grande calcio. Era calato il buio su tutto questo. Poi si è riaccesa la luce, o meglio le luci, perché il bianco e il rosso sono tornati a colorare maglie, sciarpe e bandiere, e si spera ancora a lungo, ma a tal punto da creare confusione, a tingere le casacche di due società che vorrebbero rappresentare una sola città, anzi una sola squadra, rinnovandone la storia.

 

 

Da una parte la L.R. Vicenza Virtus, dall’altra l’A.C. Vicenza 1902. Da una parte la famiglia Rosso, che ha rilevato il titolo del fallito Vicenza Calcio e lo ha fuso con la Bassano Virtus. Dall’altra i signori Brice Desjardins e di Christian Payan e la loro nuova creatura. Da una parte una società già affiliata alla Federcalcio e già iscritta alla serie C. Dall’altra una formazione che è ancora un cantiere, alla ricerca ancora di un'affilizione.

 

In mezzo c’è una città che aspetta e che prova a capire che ne sarà della sua storia calcistica. Anche se l'unica via possibile è quella che porta allo stadio Romeo Menti, passando da Bassano. Perché l'unico progetto apparentemente solido è quello di Renzo Rosso, che con la sua OTB, la holding Only The Brave che raggruppa diversi marchi della moda, tra cui Diesel, ha fatturato un miliardo e mezzo di euro nel 2017.

 


Foto tratta dal profilo Twitter del L.R. Vicenza Virtus


 

L'unico problema è che tra Vicenza e Bassano del Grappa ci sono una trentina di chilometri, e una trentina di chilometri in Italia sono una distanza considerevole, soprattutto in Veneto, dove il campanilismo ha un raggio ben più ridotto. Perché il Vicenza altro non sarà che una versione in biancorosso del Bassano e questo basta per dividere in due la città, almeno a parole: da una parte gli intransigenti, dall’altra i realisti. La frattura è tra chi dice col “Bassano mai, siamo vicentini” e chi, anche se un po’ a malincuore, dice “meglio coi bassanesi che senza squadra”. La squadra non è poi così male. Con quella maglia gioca Stefano Giacomelli, dal 2012 a Vicenza, capitano dal 2016, uno che in città è amato al punto da aver provocato una sollevazione popolare quando la vecchia società aveva provato a venderlo.

 

Giacomelli non avrà la bravura e il palmares di Djibril Cissé, l’acquisto di punta dell'altra squadra della città, l’A.C. Vicenza 1902. Ma tant’è, Giacomelli rappresenta di più. Rappresenta la continuità con il passato, l’unione tra vecchio e nuovo.

 

 

A Vicenza ora si sta assistendo al gioco delle seggiole, la musica sta ancora suonando, il biancorosso non è in bilico, anche se qualche muso lungo balla ancora al ritmo di vecchi campanilismi. Quando la musica s’interromperà, tutti cercheranno l’unica sedia rimasta, si siederanno al Menti e urleranno Forza Lane.

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