Luca Campedelli, presidente del Chievo Verona (foto LaPresse)

Così il Chievo Verona si difende dalle accuse di plusvalenze fittizie

Mariarosaria Marchesano

Il presidente Campedelli risponde alla procura sportiva: si tratta di un mero errore di calcolo

Il processo per le plusvalenze fittizie del Chievo Verona avrà inizio il 12 settembre a Roma davanti al Tribunale federale nazionale, ma la verifica dei conti che ha portato la procura a mettere sotto accusa il club gialloblu di Luca Campedelli è “errata dal punto vista tecnico e bilancistico”. A tentare di ribaltare completamente la tesi dei giudici federali ci provano due nomi altisonanti della consulenza aziendale, Angelo Provasoli, ex Rettore della Bocconi, e Pietro Mazzola, anche lui bocconiano e specializzato in materia contabile. Due accademici voluti proprio da Campedelli per dimostrare l'estraneità del Chievo (che intanto è stato autorizzato dalla Covisoc a disputare il campionato di serie A) ai fatti contestati che risalgono al periodo che va dal 30 giugno 2014 al 31 dicembre 2017.

 

Durante quest'arco di tempo, secondo la procura, la società sportiva avrebbe gonfiato i valori di alcuni calciatori oggetto di compravendita tra Chievo e Cesena. Il caso, scoppiato prima dell'estate, ha provocato un piccolo terremoto nel mondo del calcio che non è nuovo a questo genere di pratiche. Ma il Chievo non ci sta e Provasoli e Mazzola non solo hanno accettato l'incarico, ma hanno firmato una relazione di dodici pagine nella quale dimostrano come alla base delle accuse ci sia un mero errore di calcolo da parte dei consulenti della procura.

 

In pratica, il metodo impiegato per provare le plusvalenze fittizie porta a considerare doppio il beneficio per la società e di conseguenza a sovrastimare il patrimonio netto. Nell'udienza del 12 settembre, la difesa dichiarerà che dalla contro-verifica dei conti “è emerso l'importo di 23,85 milioni come la somma degli errori commessi dalla procura”. Dunque, le plusvalenze fittizie che erano emerse per un importo analogo non esisterebbero. Vedremo in che modo i rappresentanti della procura controbatteranno, anche perché quello che viene loro contestato dai due professori è la mancata conoscenza della partita doppia, cioè la base di ogni studio di ragioneria.

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