Einer Rubio, dalla Colombia al Sannio per provare a conquistare il ciclismo
Lo scalatore colombiano della Vejus-Tmf è uno dei più promettenti corridori dilettanti. Ha vinto il Gp di Capodarco e la tappa di Dimaro al Giro d'Italia Under-23. Ora sogna il mondiale di Innsbruck U23
Pago Veiano. Appena duemila anime nell’entroterra sannita, a una ventina di chilometri da Benevento. Sta crescendo qui uno dei nuovi talenti emergenti del ciclismo mondiale, si chiama Einer Augusto Rubio Reyes, ha vent’anni e l’ha scovato due stagioni fa l’unica formazione Under 23 presente nel Sud Italia, la Vejus-Tmf di Donato Polvere, che ora si ritrova una sfilza di richieste per colui che in patria già tutti conoscono come il giovane “escarabajo boyacense”. Einer Rubio arriva da Chìquiza, un piccolo centro rurale arroccato ai tremila metri nella provincia di Boyacà, nel cuore della Colombia. E’ esploso tra i dilettanti al suo secondo anno in Italia vincendo per ultimo il 47esimo Gp di Capodarco, la classica di Ferragosto nella categoria, e soprattutto il tappone di Dimaro in occasione dell’ultimo Giro d’Italia Under 23. Da chi lo ha visto più in volte in azione viene dipinto come uno scalatore esplosivo, capace di attacchi improvvisi, ma anche come uno abile nel gestirsi e muoversi con intelligenza in corsa, nonostante la giovane età.
Incontrandolo ciò che colpisce è l’umiltà. Viene da una famiglia povera, la bici è tutto ciò che poteva permettersi nel tempo libero, per andare su e giù tra le montagne della Cordillera orientale, propaggine della catena andina in Sudamerica. Ha un sorriso che cela consapevolezza, dentro l’anima cova un grande sogno dopo essere stato lanciato nel ciclismo internazionale dalla “Benros-Esteban Chaves”, la squadra della fondazione legata all’omonimo corridore colombiano, che nel 2016 sorprese tutti arrivando secondo al Giro d’Italia e terzo alla Vuelta, prima di vincere il Giro di Lombardia. Tra i maestri di Einer c’è stato anche il padre di Chaves, Jairo, gestore della fondazione in patria, che andò a prenderselo direttamenta a Boyacà non appena ottenne i primi buoni risultati con il Club Sora ormai quattro stagioni fa.
“Quando ho saputo che sarei venuto nel vostro Paese ho iniziato a immaginarmi come poteva essere l’Italia” dichiara il ragazzo, dopo uno dei tanti allenamenti per le strade del Sannio “è stata dura lasciare tutti e andare dall’altra parte del pianeta a soli 18 anni. Per fortuna ho trovato il direttore sportivo Polvere che mi ha adottato. In realtà nessuno della squadra mi ha mai fatto mancare nulla. La difficoltà principale? A parte il cibo, il fatto di non saper parlare l’italiano, era difficile esprimere ogni sensazione, ma col passare del tempo ho iniziato a parlarlo, pur non avendo mai seguito nessuna lezione”. Per restare concentrato e non perdere tempo prezioso Einer Rubio non fa mai la spola con la Colombia. Inizia la stagione a marzo e poi torna a casa a fine ottobre, dove ritrova gli affetti di sempre e qualche volta si allena anche con lo stesso Chaves, uno dei tanti colombiani che nel ciclismo internazionale ce l’ha fatta: “Durante la stagione ci sentiamo spesso al telefono, è sempre pronto a darmi dei consigli. E’ un punto di riferimento. Un giorno spero di portare la mia famiglia in vacanza qui in Italia, ma non credo si trasferiranno mai perché sono abituati a una realtà troppo diversa dalla vostra”.
Sin da marzo 2016, quando il volo Bogotà-Roma lo portò in Italia, il ragazzo è stato affidato al suo diesse Donato Polvere, che ora se lo coccola e vorrebbe tenerlo con sé almeno un altro anno prima del passaggio ai professionisti: “E’ veramente un ragazzo d’oro” dichiara Polvere “è uno metodico, vuol fare le cose fatte bene e mi ascolta su ogni dettaglio. Insieme ci stiamo togliendo belle soddisfazioni”. Immancabile la domanda su come sia riuscito a scovarlo: “Io e i miei collaboratori spulciamo sempre le classifiche e gli arrivi delle corse juniores per non farci sfuggire nulla. Finché un mio amico due anni fa mi segnalò Einer, che si era piazzato undicesimo alla Vuelta del Porvenir, la gara più dura e ambita del calendario juniores in Colombia. Abbiamo contattato il padre di Chaves e dopo i dovuti test l’abbiamo portato qui”. La Vejus-Tmf fa base nel Sannio dal 2009, il vero lavoro di Polvere è gestire l’omonima azienda, che produce abbigliamento ciclistico professionale ormai dal 1996. “Sono due realtà che richiedono tanto impegno, ma alla base deve esserci una passione sconfinata”. Queste parole Einer Rubio sembra averle mandate a memoria, domani c’è un altro duro allenamento perché ora il mirino è puntato sul 28 settembre, giorno della corsa in linea del Mondiale di Innsbruck dedicata agli Under 23: “Voglio prepararmi bene e provare a vincere, questa gente che ora mi sta aiutando merita una soddisfazione grossa così”. La strada che lo aspetta è dura, ma a quest’età tutto è possibile.